IN RICORDO
– Antonio Pala è scomparso lo scorso 15 aprile, prima del tempo. Se l’è portato via una probabile leucemia fulminante. Aveva 57 anni, lascia la moglie e due figli. Era uno dei principi dei formaggi del Centr’Italia, “la Giunchiglia” con vetrina-negozio a San Clemente.
Riportiamo un’intervista pubblicata su queste pagine nel 2006 che raccontava la sua storia, dalla quale prima ancora dell’imprenditore emerge l’uomo.
Dietro la Giunchiglia c’è lo spirito imprenditoriale di Antonio Pala. Del suo risultato afferma: “Segreti non ce ne sono. C’è una gran voglia di fare, soprattutto. Non appena si raggiunge un obiettivo, si mette nel mirino il successivo. Credo che si faccia l’imprenditore per indole. Si vive più tranquilli facendo altro. E tutto questo avviene con grande arrabbiatura della moglie. Non condivide le scelte perché sono un continuo mettersi in gioco e neppure slegate dai rischi d’impresa. A me questo dinamismo mi gratifica, al di là della questione soldi”.
Pala ha un naturale senso degli affari. Oltre alla Giunchglia che dà lavoro a una ventina di persone, è socio di un caseificio in provincia di Viterbo, Fattoria di Maremma.
A chi gli chiede perché il nome Giunchiglia alla sua azienda, risponde: “La scelta è semplice. Molti formaggi prendevano il nome dai fiori. Ho scelto un fiore che mi piaceva e dei nostri luoghi”.
E i colori dellla giunchiglia, giallo, bianco e verde, contraddistinguono il caseificio che si trova a Tavoleto.
Giunchiglia dunque significa produzione di formaggio pecorino. Molte le specialità. Due i cavalli di battaglia: la Caciotta di Urbino (80 per cento latte di pecora e 20 di mucca) e il Formaggio di Fossa (100 per cento pecora).
Ancora Antonio: “Da ragazzo sognavo di fare il calciatore, ma riflettevo sulle economie di scala. Che cosa significasse economicamente avere 5, 500 o 5.000 pecore. Così sono rimasto nell’ambiente che un po’ già conoscevo”.
L’80 per cento della produzione della Giunchiglia viene venduta nel tratto che va da Cesenatico a Fano e il relativo entroterra; il resto nelle altre regioni d’Italia. Per scelta sono solo piccoli negozi; l’unica presenza diretta nella grande distribuzione è all’Iper Rossini di Pesaro “Perché ce l’hanno chiesto”.
“La nostra – continua Pala – è stata una scelta. Abbiamo puntato più sulla qualità che la quantità. E la strada della qualità, speriamo, sarà la nostra via per il futuro”.
I Pala sono originari della Barbagia (la Sardegna del famoso codice d’onore barbaricino: dignità, onore, parola data, vendetta), Bitti (Nuorese), la famiglia arriva a Tavoleto nel ’69; avevano fatto loro da battistrada i cugini Pintus, sparsi tra Saludecio, Mondaino e Montecolombo. I genitori, con cinque figli, acquistano 2-3 poderini e iniziano ad allevare pecore. A differenza di molti piccoli contadini legati alla terra, trasformano e vendono direttamente i prodotti, aprendo subito un punto vendita a Cattolica. Genitori molto credenti, fanno studiare tutt’e cinque i figli. Con il babbo a redarguire: “Qui, siamo ospiti. Ci dobbiamo comportare meglio che a casa nostra”. L’allevamento delle pecore è nelle mani del fratello di Antonio, Sebastiano. Possiede 5-600 animali, trasforma e vende direttamente i suoi prodotti rigorosamente biologici.
I Pala sono perfettamente inseriti nel tessuto sociale della Valconca. Dino è stato sindaco a Montecolombo; Pasqualina, consigliere comunale a Misano.
Ecco Antonio visto dai quattro fratelli: “Era il bambino più gracile di noi cinque. Sembrava il più indifeso; da noi era sempre protetto. Una volta la Pasqualina affrontò anche una rude maestra da classe plurima.
Di lui ricordiamo la sua umiltà e riservatezza, dietro la quale si nascondeva un’animo generoso, leale e creativo. Per lui la famiglia e il lavoro erano tutto. Siamo rimasti sorpresi per la tantissima gente che ha partecipato ai funerali e al nostro dolore; ci hanno fatto piacere i telegrammi, le telefonate, i biglietti.
Segno che anche gli altri avevano capito che era prima di ogni cosa una persona autentica. Quel bambino gracile dal nulla ha costruito una bella storia”.
“Che la terra gli sia lieve”.