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Nella patria dei caduti si continua a rubare

Redazione di Redazione
8 Giugno 2010
in L'opinione
Tempo di lettura : 3 minuti necessari
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– Ci sono due “Italie”. C’è quella dei soldati che vengono uccisi in Afghanistan (presto dimenticati) , e quella dove Letta smentisce il Berlusconi che dice di rispettare le tasche degli italiani: «sarà una serie di sacrifici molto pesanti e molto duri»: altro che.
Ma nella patria dei caduti si continua a rubare: e Berlusconi vuole una legge di bavaglio per la stampa, sulla cui libertà sono nati tutti i regimi costituzionali moderni, e di briglie ai magistrati. Se tale legge fosse stata in vigore, non avremmo saputo nulla del sottobosco governativo degli imprenditori che ridevano dinanzi al terremoto aquilano; né dello “sconosciuto” che dava centinaia di migliaia di euro ad un ignaro ministro per l’acquisto di un appartamento con affaccio sul Colosseo; né della nuova Tangentopoli berlusconiana. Eccetera eccetera, bisogna aggiungere, compresi i reati di mafia scoperti attraverso intercettazioni telefoniche fatte senza sapere che avrebbero condotto alla mafia.
A proposito di questi ultimi: il viceministro americano alla Giustizia Lanny A. Breuer, di passaggio a Roma prima di andare a Palermo a commemorare Falcone, ha dichiarato: «Non vogliamo che succeda qualcosa che impedisca ai magistrati di continuare l’ottimo lavoro svolto perché il rapporto di cooperazione fra Italia e Stati Uniti è stato ottimo». E Roberto Saviano, dal canto suo, ha affermato che non avrebbe potuto scrivere Gomorra, se fosse stata in vigore la legge sulle intercettazioni voluta oggi da Berlusconi. Stiamo rischiando di precipitare in uno Stato di polizia, nel quale i cittadini non sapranno più nulla delle indagini fino all’inizio dei processi (campa cavallo, passano gli anni).
Ma un interrogativo si impone, dinanzi alle bare dei nostri soldati: perché si muore, in Afghanistan? I perché sono molti, come sempre, ma tra essi ce n’è uno, forse il più importante, che risale alla seconda guerra del Golfo. Agli italiani che si informano soltanto attraverso il TG1, oggi abbandonato con sdegno da Maria Luisa Busi in quanto sfacciatamente filoberlusconiano, conviene spiegarlo.
Sull’Afghanistan governato dai taleban, che rifiutò di concedere l’estradizione di Osama bin Laden, responsabile con la sua al Qaeda della atroce distruzione delle torri gemelle (settembre 2001), si abbatté l’immediata, sacrosanta risposta militare americana, che in pochi mesi condusse all’abbattimento del regime talebano e alla sua sostituzione con il governo di Karzai.
Era questo il governo che poteva liberarci dall’incubo di al Qaeda? Una speranza resa purtroppo vana dalla corruzione che dilagò e dilaga sotto Karzai.
Ma per arrivare a quel “perché” bisogna pensare al 2003, al momento cioè in cui il presidente Bush si distrasse dall’Afghanistan e decise di abbattere il governo iracheno di Saddam Hussein: un governo, certamente, totalitario e tirannico, ma che non aveva niente a che fare con Osama bin Laden: in Iraq non esistevano i terroristi di al Qaeda.
Per giustificare la propria aggressione, Bush ricorse ad una menzogna turpe: secondo lui Saddam alimentava il terrorismo con le sue armi di distruzione di massa. Ebbene: quelle armi di distruzione di massa non esistevano: erano un’invenzione della propaganda americana. Quella guerra fu, direbbe Talleyrand, peggio che un crimine: fu un errore.
Quella tesi menzognera fu fatta propria dal premier inglese Blair, oggi sotto processo per questo in Inghilterra, e i militari britannici si associarono a quelli americani nella conquista dell’Iraq. I paesi europei si divisero: da una parte i contrari, come Francia e Germania, il vero motore dell’Unione europea; dall’ altra gli amici di Bush, come lo spagnolo Aznar e l’italiano Berlusconi. Quest’ultimo non partecipò alla conquista, vietatagli dalla Costituzione, ma mise a disposizione una base aerea, e dopo la guerra inviò in Iraq, sotto comando inglese, la missione “Antica Babilonia”, nel sud sciita con base a Nassiriya e con finalità di peacekeeping per la salvaguardia della pace. Ma la pace non c’era ancora (non c’è nemmeno oggi!), e il 12 novembre 2003 diciannove soldati e civili italiani caddero vittime di un attentato suicida a Nassiriya. Dopo il 2003 i terroristi di al Qaeda penetrarono in Iraq dal vicino Afghanistan, dove beneficiarono dell’indebolimento dello sforzo militare americano tutto concentrato sull’Iraq.
Cominciamo ad avvicinarci al “perché” di cui sopra. Negli anni successivi al 2003 i taleban, fondamentalisti islamici nemici delle donne, approfittarono dell’impopolarità del corrotto governo Karzai e degli errori di tiro degli aerei americani, causa di tante vittime civili, e ripresero forza. Il povero nuovo presidente democratico degli Stati Uniti, Obama, ha ereditato da Bush una situazione disastrosa in Afghanistan, ma naturalmente non ha potuto fare a meno di intensificare lo sforzo bellico contro i taleban.
La guerra afghana procede oggi in mezzo alle mille difficoltà create dalla sciagurata scelta di Bush e Blair. Nuovi, gravi pericoli si addensano sulla testa dei soldati italiani. Ecco in che cosa consiste quello che a mio giudizio è il principale motivo delle perdite inflitte alle truppe alleate dalla resistenza di gente che in passato è riuscita a sgominare le truppe inglesi e quelle dell’Unione sovietica. Non ci resta che la speranza di un successo di Obama, malgrado tutto.

di Alessandro Roveri
Libero docente
dell’Università di Roma

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