Tratto da lavoce.info
DI RAFFAELE LUNGARELLA, è stato docente a contratto di economia applicata nell’università di Modena e Reggio Emilia
Il governo non sembra particolarmente interessato al problema casa. Nella legge di bilancio c’è la proroga della poco efficace garanzia per l’acquisto della prima abitazione. Insieme a una spinta a privatizzare il sostegno all’acquisto e all’affitto.
Il piano che non c’è
Più volte il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, che ha la competenza sulle politiche abitative, ha dichiarato che i suoi uffici lavorano a un piano casa. La gestazione del progetto sembra lunga.
Nell’attesa ci si deve accontentare di esaminare il contenuto del disegno di legge sul bilancio dello stato per l’anno prossimo e per il triennio 2024-2026. Sulla casa propone la proroga e il rifinanziamento di una misura che dovrebbe favorire l’acquisto dell’abitazione da parte dei giovani e di altri soggetti deboli e viene favorita la privatizzazione del sostegno all’acquisto e all’affitto dell’abitazione. Sono misure che segnalano la marginalità che il problema riveste per il governo.
La proroga prevista
L’articolo 3 del disegno di legge proroga al 31 dicembre del 2024 la possibilità di usufruire della garanzia massima dell’80 per cento del capitale mutuato, a valere sul Fondo di garanzia per l’acquisto della prima casa. Di questa percentuale di copertura beneficiano i soggetti che possono accedere prioritariamente al fondo: giovani coppie, nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, conduttori di alloggi Iacp e giovani sotto i 36 anni, in possesso di Isee non superiore a 40 mila euro annui, che richiedono un mutuo di importo superiore all’80 per cento del finanziamento, che a sua volta non deve superare i 250 mila euro. Per i soggetti che accedono al fondo senza priorità, la garanzia è concessa nella misura del 50 per cento, ma senza il limite di Isee. La dotazione del fondo sarà incrementata di 282 milioni di euro. Il Servizio bilancio del Senato osserva che “un approfondimento circa la congruità dello stanziamento aggiuntivo sarebbe opportuno”, giacché la disponibilità finanziaria era stata aumentata di 540 milioni nel 2021 e di 430 milioni con la legge di bilancio per il 2023. Dalla sua costituzione fino a ottobre dello scorso anno il fondo è già stato finanziato con circa 2 miliardi di euro. Al 30 giugno scorso le disponibilità ammontavano a 327 milioni di euro. La proroga, si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge, “si rende necessaria per continuare a tutelare le categorie più fragili e a supportarle nell’acquisto di un bene primario, quale la prima casa”.
L’effetto della garanzia sul mutuo
Qualche indicazione per tentare di valutare gli effetti della garanzia sulla sostenibilità dei mutui si può ricavare dall’osservazione e dal confronto degli importi mensili di quelli offerti dalle banche sui loro siti on line (consultati il 26 novembre).
Nel complesso, la garanzia non sembra avere un’incidenza di rilievo sull’onerosità dei mutui. Nella metà dei casi le rate mensili con e senza la copertura del fondo hanno lo stesso importo; in un caso la garanzia lo riduce solo per una delle possibili durate del mutuo. Per il resto, la garanzia sull’80 per cento del capitale mutuato di 250 mila euro solo in un caso, per il mutuo trentennale, fa abbassare la rata di più di 50 euro, facendo risparmiare un 5-6 per cento rispetto alla rata senza garanzia; nell’altra banca che differenzia le rate, il risparmio oscilla tra 27 e 57 euro. Sono cifre che hanno ben poca influenza nel rendere sostenibili rate di mutui che già non lo siano, anche senza la garanzia. Con questi numeri, sembra si possa affermare che la misura non ha un apprezzabile rilievo sul costo del mutuo. Semmai, potrebbe attenuare i vincoli nell’accesso ai finanziamenti di persone sulle quali le banche nutrono qualche perplessità sulla loro capacità di sostenere il servizio del debito. La garanzia, che si aggiunge all’ipoteca posta sull’immobile, può però influenzare la valutazione del merito creditizio del mutuatario: può forse forzare la concessione di un mutuo anche all’aspirante proprietario che non lo avrebbe ottenuto senza la garanzia, ma non gli garantisce di essere in grado di restituire capitale e interessi e di conservare la casa.
La casa dallo stato sociale al welfare aziendale
Per il solo periodo d’imposta 2024, l’articolo 6 del disegno di legge eleva il limite del valore dei beni e delle somme erogate dai datori di lavoro che non concorrono a formare il reddito dei loro dipendenti, facendolo passare dagli attuali 258 euro a mille euro, che diventano 2 mila per i lavoratori con figli fiscalmente a carico. Le somme possono essere utilizzate per il pagamento delle utenze domestiche e delle “spese per l’affitto della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa”. La relazione tecnica stima che l’aumento dell’importo esente comporta una riduzione di gettito di 261 milioni di euro per l’Irpef statale e di quasi 350 milioni di contributi previdenziali.
Secondo alcuni, l’applicazione ai mutui di questa misura potrebbe essere problematica. Ma vi sono altri aspetti che meritano di essere evidenziati. I sindacati, se presenti nell’impresa, devono essere solo informati. È una scelta singolare alla luce del proposito del governo di rafforzare la contrattazione per contrastare l’ipotesi di introdurre per legge il salario minimo. La concessione di questi benefit dipende, ovviamente, non solo dalla volontà del singolo imprenditore, ma dalla condizione della situazione economica e finanziaria dell’impresa. Di conseguenza, non tutti i lavoratori potranno beneficiarne. In più, nulla garantisce che i dipendenti che otterranno il benefit siano quelli che più hanno bisogno dell’aiuto; nel caso specifico i più bisognosi sono quelli che hanno più difficoltà a pagare l’affitto o la rata del mutuo. È possibile che a ricevere il bonus siano i lavoratori impiegati nelle imprese medio grandi, che fanno buoni profitti, pagano buoni salari e dove la presenza del sindacato può spingere l’imprenditore ad attuare la norma, magari come contropartita di altre rivendicazioni.
A queste osservazioni di dettaglio si può affiancare una considerazione di carattere più generale. Come succede per altre erogazioni del cosiddetto welfare aziendale, anche per l’abitazione si rischia di mettere in moto un meccanismo di privatizzazione della soddisfazione di quei bisogni che finora, almeno come proposito, rientravano nel campo di intervento del welfare state. Forse questo più che un rischio è un desiderio o un programma politico.
Concludendo, le misure attualmente in vigore per il sostegno all’acquisto della casa sembrano essere poco efficaci, se si guarda sia alla garanzia offerta sul capitale mutuato per le giovani coppie, sia alla possibilità di far rientrare parte del pagamento del mutuo nel welfare aziendale. In quest’ultimo caso, infatti, non è detto che la misura agevoli i soggetti cui dovrebbero essere indirizzati gli interventi delle istituzioni pubbliche, cioè i soggetti e i ceti più deboli della società.
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