– La stampa berlusconiana, mentre bombarda il presidente della Camera su una questione di soldi privati della scombinata gestione dei beni di An (nulla a che vedere con lo scandalo Scajola!), sta anche cercando di derubricare il significato del conflitto tra Fini e Berlusconi: si sarebbe trattato semplicemente di uno scontro caratteriale, dovuto all’invidia di Fini per il successo del Cavaliere.
La verità è ben diversa. Già nell’ottobre scorso, sulla “Piazza”, avevo previsto l’inevitabilità della rottura tra i due. Scrivevo: «Fini ogni volta, d’intesa con il presidente della Repubblica Napolitano, ha preso le distanze dal nessun rispetto di Berlusconi per le prerogative e i diritti del Parlamento»; e prevedevo per l’autunno 2009 il divorzio. Non ho sbagliato di molto.
La riflessione storica sulle leggi razziali di Mussolini, sulla Shoah attuata dall’alleato del duce e sul fascismo, aveva spinto il neofascista Fini a capovolgere il suo giudizio sul regime fascista e a riconoscere all’antifascismo il merito di avere contribuito a riportare la libertà in Italia.
Conclusione inevitabile di una tale revisione della storia italiana fu, da parte di Fini, l’ adozione del modello liberale europeo e nordamericano, sia pure in chiave conservatrice di centrodestra: proprio la concezione alla quale aveva promesso di ispirarsi il Berlusconi del 1994. Ma poi il Cavaliere ha mandato a farsi benedire il liberalismo, ed ha rivelato il suo vero volto padronale.
Fini ha sopportato a lungo, ma a un certo punto non ne ha potuto più. Si sono così trovate l’una dinanzi all’altra due concezioni opposte del Pdl: da una parte quella democratica di Fini (iscrizioni, congressi, libero dibattito, formazione di maggioranze e minoranze); dall’altra quella padronale-aziendale di Berlusconi (niente congressi e potere assoluto del capo). Nell’Ottocento si sarebbe detto: monarchia costituzionale contro monarchia assoluta. L’ultima proposta di Fini è stata quella, affidata al “Foglio” di Ferrara, di dimenticare il passato per ottenere la trasformazione del Pdl in un vero e proprio partito. E’ stata rifiutata sdegnosamente da Berlusconi, per cui oggi Fini e la sua formazione “Futuro e Libertà”, pur restando nel centrodestra, appoggeranno soltanto le parti del programma sottoscritte nell’aprile 2008 dinanzi agli elettori, riservandosi di respingere qualsiasi novità incompatibile con i loro principi di legalità e democrazia.
Il 30 luglio 2010 il settimanale economico londinese “The Economist” ha sferrato un duro attacco contro la politica estera di Berlusconi. Il premier italiano vi viene accusato di predilezione per i dittatori extra-europei Putin e Gheddafi, di avere votato contro l’unanime condanna dell’Europa dell’aggressione russa alla Georgia, di ricordarsi dell’Europa solo per giustificare la “manovra” e i tagli di Tremonti. Anche nella politica estera ben diversa è la posizione di Fini. Il divorzio era inevitabile, anche sotto questo profilo.
Come se tutto ciò non bastasse, il settimanale “Famiglia cristiana”, distribuito all’uscita dalle messe domenicali, ha pubblicato un editoriale del direttore don Antonio Sciortino tutto contro Berlusconi. Vi si legge che «è stato superato il limite della decenza»; «la Chiesa non può ignorare l’emergenza morale di fronte allo scandalo escort»: la donna come «merce» di cui «si potrebbe averne quantitativi gratis. […] Che esempio si dà alle giovani generazioni?». «La concezione padronale dello Stato ha ridotto i politici e i ministri a servitori», ha scritto “Famiglia cristiana”. Ed ha aggiunto che sbaglia chi pensa «di barattare la morale con promesse di leggi favorevoli alla Chiesa: il classico piatto di lenticchie da respingere al mittente».
Berlusconi avrebbe voluto elezioni anticipate, poi si è reso conto che quelle le può decidere non lui, ma solo il capo dello Stato, e quindi ha deciso di preparare per settembre un trabocchetto per Fini: quattro nuovi punti programmatici su fisco, federalismo, giustizia e Mezzogiorno, ai quali La Russa ha aggiunto la sicurezza contro gli immigrati clandestini. Se Fini li accetterà, il governo andrà avanti. Se invece vi saranno resistenze da parte di “Futuro e libertà”, la strada delle elezioni diventerà più facilmente percorribile.
Ma oggi come oggi (agosto 2010) è impossibile prevedere ciò che accadrà. Una cosa è però certa: coinvolto nei continui scandali affaristici della “cricca” dei suoi uomini di governo, e per di più contrastato dalla destra liberale di Gianfranco Fini, oggi il Sultano è più debole di quanto sia mai stato. Al centrosinistra il compito di superare le sue eterne divisioni interne e di organizzare le primarie per scegliere il suo candidato. Berlusconi può cadere da un momento all’altro. Meno male che Gianfranco c’è.
*Libero docente
dell’Università di Roma