STORIA DI CATTOLICA
Area Pritelli: al centro dell’area archeologica, i muri delineano il perimetro di due grandi ambienti, intorno ai quali si collocavano
vasche e piccoli impianti
– A partire dal 2004 Cattolica è stata protagonista di alcuni rilevanti interventi archeologici che ne hanno permesso una lettura molto allungata e allargata sia sul piano diacronico e cronologico, sia dal punto di vista areale: non più solo un piccolissimo nucleo abitato dell’età augustea lungo la via Flaminia, ma una lingua di terra che rappresentò una tappa sostanziale della conquista romana verso quella che diverrà poi l’VIII Regio Aemilia.
Ecco allora venire alla luce, in occasione dei lavori per la Nuova Darsena lungo il portocanale, l’approdo commerciale alla foce del Tavollo, funzionale ad un territorio fertile e precocemente organizzato sul piano agricolo e produttivo, che già in III sec. a.C. richiedeva e fabbricava le anfore che trasportavano il suo vino in esubero.
E ancora: il rinvenimento fortuito di una stele funeraria daunia del VII-VI sec. a.C. in via Indipendenza ha dato avvio nel 2007 ad una serie di controlli archeologici, che hanno portato all’individuazione e alla successiva messa in luce di una piccola necropoli (27 sepolture) della media/tarda età imperiale romana e soprattutto al riconoscimento di un villaggio del bronzo antico appartenente ad una piccola comunità di uomini che, tra il 2000 e il 1700 a.C., per un tempo di cui non conosciamo la durata, ma certamente a lungo e stabilmente, si era insediata in un luogo molto umido e quasi palustre e in prossimità di acque dolci.
Perché fu scelta tale area, come vivevano gli uomini di questa primitiva comunità, cosa mangiavano, cosa allevavano, in che relazioni erano le loro attività con le piste percorse nella preistoria? Per rispondere ad alcune di queste domande si sono appena avviate ricerche sui pollini e sui depositi paleobotanici che, associate alle analisi paleozoologiche e a quelle sugli scarti di litica già in corso, consentiranno una interessante e innovativa ricostruzione degli aspetti climatici, ambientali e paesaggistici, oltre che antropologici e insediativi.
Infine, ma non da ultimo, successivi sondaggi e due distinte campagne di scavo archeologico (la prima nel 2004; l’altra appena conclusa nell’estate 2010) aggiungeranno interessanti informazioni alle conoscenze sull’insediamento che si affacciava lungo l’antica via Flaminia (attuali vie Cattaneo/Pascoli): il futuro è d’obbligo, perché solo lo studio e la puntuale analisi di tutti i dati di scavo consentiranno di fornire delle risposte o almeno di costruire qualche ipotesi attendibile.
Ma anche ora, con i dati tutti da elaborare, i materiali ancora da lavare, restaurare e schedare, planimetrie e sezioni da comporre e analizzare, alcune indicazioni possono essere, con buona approssimazione, fornite. Innanzitutto, gli scavi del 2004 come quelli del 2010 non contraddicono l’antica lettura dei lavori degli anni ’60: la presenza di una mansio, vale a dire di un luogo di sosta in cui gli antichi viaggiatori potevano bere, mangiare, eventualmente dormire e rifocillare gli animali, è probabile e ben si concilia con le caratteristiche delle strutture e soprattutto con il tipo di materiali rinvenuti: prevalenza di vasi per il bere (boccali, bottiglie, bicchieri, anfore, tappi di ogni genere); assenza di tegami alti e di pentole di contro a una percentuale prossima al 100% di padelle e di testi per focacce; elevato numero di pitali, catini, bracieri adatti agli avventori che sostavano durante la notte; mancanza quasi assoluta di vetri, di ceramica da mensa, di vassoi e di piatti con alto valore ornamentale e decorativo.
Roba da osteria, insomma, non certo da domus di prestigio, come invece si era registrato nell’altro “antico” scavo di Cattolica, quello di Casa Filippini, riconducibile con buona probabilità ad una domus di discreto pregio, estetico ed economico.
Ma già le strutture in vista nell’area archeologica della ex Piazza del Mercato Ortofrutticolo, sebbene di difficile lettura, avevano posto alcuni interrogativi: innanzitutto, il sospetto che un piccolo vicolo o un disimpegno esterno dividesse due distinte strutture costruttive, dilatando così l’area occupata; la presenza diffusa di canalette per l’acqua, inoltre, e il consistente numero di vasche erano certamente compatibili con una struttura ricettiva per gli uomini e per gli animali, ma appariva tuttavia comunque rilevante.
A ciò si aggiunga che, nel caso si confermi l’ipotesi di un passaggio che divideva due proprietà, canaline e vasche sarebbero state in entrambi gli edifici: e davvero risultava improbabile ed anzi inverosimile l’ipotesi di due mansiones. Lo svuotamento nel 1996 del pozzo ubicato all’interno dell’area archeologica, poi, aveva evidenziato che l’area non era mai stata del tutto abbandonata e che probabili forme stanziali, seppure precarie, erano ipotizzabili anche per la tarda antichità e forse per l’alto medioevo: ma le indagini archeologiche degli anni ’60 non avevano potuto chiarire questi interrogativi.
La costruzione del palazzo tra via XXIV maggio e via Carlo Marx, per convenzione da noi definito “area Pritelli”, ha permesso di precisare le domande da porsi e, una volta completato lo studio, consentirà di rispondere almeno in parte ad alcuni di questi quesiti.
Allo stato attuale dei lavori si può dire:
– l’area occupata in antico era molto più vasta di quanto si sospettasse e interessava tutto l’isolato tra la Piazza del Mercato Coperto e gli edifici oltre via XXIV Maggio, che era certamente attraversata dalle strutture;
– le tre fasi costruttive di età romana, di cui la più antica protoaugustea (fine I sec. a.C.) sono a loro volta ben riconoscibili anche negli scavi 2010: le murature, in parte a secco, in parte con la malta fra i laterizi, in parte forse addirittura in pisè, vale a dire con alzato in argilla cruda, si tagliano, si accostano o si obliterano a modificare di volta in volta planimetrie o forme d’uso dei singoli vani;
– caratterizzazione prevalente di tutto il settore lungo il lato a mare della Flaminia era la sua valenza utilitaristica e produttiva, senza per questo escludere anche parziali occupazioni di tipo residenziale. Nell’area, cioè, era quasi certamente una serie di piccole officine la cui attività si concentrava forse sulla lavorazione di metalli (abbondanti le scorie di ferro), ceramica (rinvenuta una importantissima matrice per la fabbricazione di vasi decorati a rilievo), ed era forse presente anche una tintoria;
– l’antico sito lungo la Flaminia era presumibilmente ben distinto in due parti dal punto di vista architettonico e funzionale: a monte della strada, le domus (Casa Filippini, resti rilevati in via Mazzini); a mare, attività artigianali differenziate, al servizio di una comunità sparsa sul territorio e con esigenze già sufficientemente articolate e complesse;
– lo scavo 2010 ha inoltre confermato la fitta presenza di canalette e di vasche, perfettamente giustificabili con tante e differenti attività artigianali, e tuttavia il frequente utilizzo di colli di anfore e di tubuli in terracotta nella tessitura delle fondazioni murarie sembra indicare la necessità di drenaggi la cui ragione potrebbe essere da ricercare anche nella geologia del suolo e nelle caratteristiche altimetriche e sedimentologiche del terreno;
– il sito non fu mai abbandonato; strutture precarie in legno di cui si colgono esili tracce dovettero costituire gli edifici per la residenza come quelli per le attività domestiche e produttive in età tardoantica. Ma l’area occupata di certo si ridusse, come confermano le sporadiche sepolture “alla cappuccina”, che in un caso avevano sfondato un muro e occupato i margini di una antica vasca.
Molti ancora restano gli interrogativi da porsi; lo studio e la analisi dei reperti e dei dati di scavo potranno dissiparne una parte; solo tuttavia l’approfondimento dello scavo delle strutture di via XXIV Maggio, che in questa fase non è stato completato, consentiranno forse di rispondere adeguatamente.
Tutti gli scavi sono stati diretti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna in collaborazione con il Museo della Regina di Cattolica e sono stati eseguiti dalla Società Tecne di Riccione.
di Maria Luisa Stoppioni
Direttrice del Museo
della Regina di Cattolica
Scavo Nuova Darsena interna: Dolio per la conservazione di derrate alimentari. Prodotto in una fornace presumibilmente ubicata nei pressi
MUSEO DELLA REGINA
Per chi volesse saperne di più
– Scavo Nuova Darsena: i reperti restaurati e parte dei pannelli della mostra sono oggi esposti permanentemente in Museo.
– Scavo VGS: si sta progettando una mostra per l’inverno 2012/2013; intanto, qualche informazione la si potrà avere in occasione della Settimana Italiana della Preistoria: il 4 novembre, presso il Museo della Regina, Monica Miari terrà una conferenza alle ore 16,30, dal titolo: Il villaggio del Bronzo antico dagli scavi VGS di Cattolica.
– Domenica 7 novembre, alle ore 17,00 nell’ambito dell’iniziativa Musei Aperti… a cani e porci, Elena Maini racconterà L’economia “bestiale” dell’Età del Bronzo. Indagini sull’allevamento del villaggio di Cattolica.
– Scavo Area Pritelli 2010: sabato 25 e domenica 26 settembre 2010, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio, presso il Museo della Regina verranno esposti i materiali più significativi emersi durante quest’ultima campagna di scavo, insieme con planimetrie e foto dello scavo; dalle 15,30 alle 19,00 un archeologo sarà a disposizione del pubblico per rispondere alle curiosità e alle domande che i visitatori vorranno rivolgere.
Anfora per vino di tipo greco-italico prodotta a Cattolica in III sec. a. C.: dagli scavi presso la Nuova Darsena interna