Questa volta mi piace lanciare un sondaggio: l’esistenza di ognuno di noi è legata ad un ampio ventaglio di simboli, da leggere in chiave ideologica, religiosa, morale, pubblica o privata.
Ne sono esempi l’arcobaleno o la colomba, indici di pace, progresso ed impegno ecologico; la bandiera tricolore di origine francese o cispadana con la sua triade di libertà, fraternità ed uguaglianza, mentre un vessillo di colore rosso fuoco ed un sole che sorge vogliono indicare uno schieramento politico di stampo socialista; la fede nuziale simboleggia il patto coniugale e così via.
Certamente la croce latina (con annessi pesce, agnello e pellicano) è simbolo della vita e della morte del Cristo di Nazareth e ciascuno di noi, più o meno credente, custodisce nel cuore e nella mente una conformazione iconografica più che consolidata della Croce, che porta il corpo del Nazareno, con mani e piedi strettamente imbullonati al legno (l’espressione appartiene al poeta Jacopone da Todi, sec. XIII), mentre dalle ferite sgorga sangue abbondante e dal costato, trapassato con un colpo di lancia dal legionario romano Longino, un fiotto di acqua e sangue sorprende quanti vegliano ai piedi della croce. Il capo del condannato a morte è circondato da una fitta corona di spine ed è reclinato verso destra o sinistra. Le braccia sono stese sui due bracci della croce, mentre (il più delle volte) le gambe ed i piedi sono inchiodati parallelamente oppure la destra poggia sulla sinistra.
Ai piedi della Croce stanno in veglia funebre vari personaggi, più frequentemente, Maria, la madre, Giovanni Battista, S. Francesco, qualche pontefice o santo vescovo.
Nella maggior parte dei casi, questa è l’iconografia tradizionale della Crocifissione.
A Mondaino, tuttavia, esiste un’eccezione, forse clamorosa!
Vediamo.
Nel 1590 una coppia di sposi, Bernardino Carboni e Lucrezia Donati da Urbino (ringrazio l’amico Alberto Giorgi per la cortese segnalazione) benefattori mondainesi, incaricano il celebre pittore durantino (un tempo la città di Urbania si chiamava Castel Durante) GIORGIO PICCHI di realizzare una Crocifissione come pala d’altare nella quale figurino essi stessi e da collocare a Mondaino nella Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo ((leggerei la sigla F.M.C.= Fieri Mandaverunt Corbucci, cioè i Corbucci ne sono stati i committenti, e non Fieri Mandaverunt Coniuges, come sostiene Zavatta[1], poiché troppo vaga risulterebbe la committenza).
Ancora oggi l’opera pittorica, opportunamente restaurata, risplende nella Chiesa di San Michele, dove viene ripetutamente studiata da esperti di prestigio.
Leggendone le relazioni conclusive, tuttavia, nessuno di essi ha pensato di sottolineare un particolare nella scena, fortemente significativo sul piano simbolico, sfuggito all’attenzione per chissà quale motivo: diversamente dalla tradizione canonica, infatti, è la gamba sinistra a poggiare su quella destra ed, a guardar bene, essa è anche più grossa, cicciottella, quasi esagerata.
La stessa postura si ripete in uno dei due angioletti porta-coppa (quello di sinistra!) che raccolgono il sangue che cola dalle mani del Cristo.
I due particolari sorprendono certamente quando si tratta di un pittore di vaglia come Giorgio Picchi e dunque una spiegazione non casuale deve esserci.
Così sono approdato ad una doppia considerazione:
a) La scelta di Giorgio Picchi scaturisce da una convinzione ideologica e filosofica: tutto ciò che proviene dalla parte sinistra è una res adversa, negativa, maligna. Così era per gli àuguri nell’antichità, quando osservavano la direzione del volo degli uccelli; così venivano additati con sospetto coloro che usavano la mano sinistra per scrivere o disegnare (si pensi al caso di Leonardo da Vinci o alle nostre vicende personali alle prese con la maestra che non ammetteva che scrivessimo con la mano mancina); così Dante Alighieri, nella Divina Commedia, percorre i gironi infernali scendendo sempre dalla parte sinistra ed invece sale le cornici del Purgatorio per giungere al Paradiso Terrestre sempre tenendo la destra; così uno sguardo particolarmente minaccioso viene definito sinistro; così l’anello che custodiva micidiali veleni veniva indossato rigorosamente alla mano sinistra; così Gesù annuncia che nel giorno del Giudizio Dio dividerà le capre (considerate inferiori e lo stesso Satana viene spesso raffigurato con le sembianze da caprone antropomorfo)!) dalle pecore del gregge, sistemando le prime a sinistra e le altre a destra.
Insomma, in tale ottica, la morte del Cristo sarebbe da attribuire al trionfo del male sul bene !
b) Meno clamorosamente, questa sorprendente anomalia iconografica sarebbe un ex voto dei coniugi Carboni, che figurano a piè della scena, per aver chiesto ed ottenuto la guarigione di una malattia alla gamba sinistra (ovviamente), pregando l’antico Crocifisso miracoloso (si veda A. Chiaretti, Il Crocifisso di Mondaino, 1988) collocato nell’omonima cappella della Chiesa di S. Michele Arcangelo stessa. Ed in ciò, dunque, niente di sorprendente, poiché la pratica di fare doni alla Chiesa per grazia ricevuta, indicando l’oggetto della guarigione, era molto diffusa nei secoli scorsi.
Un fatto importante in tutto ciò, è lo studio condotto sulla tela del Picchi da parte di Giulio Zavatta, pubblicato nel 2009 sulla rivista riminese Romagna arte e storia (n.85), poiché egli vi annuncia di essere riuscito a identificare il disegno preparatorio della Pala stessa, fino ad oggi attribuito a Raffaellino da Reggio e custodito nel Gabinetto dei disegni e delle stampe presso gli Uffizi a Firenze.
Personalmente nutro qualche dubbio circa la nuova attribuzione del disegno e condivido quanto sostenuto da Anna Colombi Ferretti, che preferisce pensare a Filippo Bellini.(per gli effetti di volume largo, di sagome stagliate[2] ).
In effetti, la pala ed il disegno sono profondamente diversi nelle figure dei protagonisti ed il Cristo ha la gamba sinistra canonicamente sottoposta alla destra (come abbiamo visto, il particolare è di non poco conto!)
Infine, dunque, resta una questione: perché per il Salvatore mondainese è stata fatta una scelta così clamorosa e che non poteva sfuggire anche agli occhi dei fedeli più sprovveduti, a quelli degli esperti o a quelli pericolosissimi del S.Uffizio ?
Ancora oggi, pertanto, un sussulto ci coglie quando osserviamo quel particolare e non se ne va dalla mente la considerazione dietrologica di cui al punto a), che si tratti cioè di una tentazione del Picchi fortemente eretica secondo cui il male (la gamba sinistra, che sta sopra) sarebbe più forte del bene (la gamba destra, che sta sotto), al punto da assegnare al Maligno la causa della morte del Cristo e non, come ognuno crede per fede, alla volontà misericordiosa di Dio, quell’Amor che move ‘l sole e l’altre stelle (Dante Alighieri, Paradiso XXXIII, 145) !
In definitiva, una visita alla tela nella bellissima Chiesa di S. Michele Arcangelo potrà consentire ai visitatori di affrontare la spinosa questione !
Inoltre potrebbe consentire loro di segnalarci altri Crocifissi, nei quali in la gamba sinistra prevale su quella destra.