– C’è di bello che, quando entri nel suo ristorante, trovi lui, anzi loro: Maurizio e Patrizia. Dappertutto. Dal registratore di cassa che porta più di un secolo ai divanetti e le chicche di artigianato povero che ornano tutte le sale. Nella sua lunga esperienza da ristoratore i luoghi li ha sempre scelti così, Maurizio Castelli: “Il locale non è una scelta semplice, lo devi cercare. Devi sentirne il profumo, quando lo vedi devi pensare cosa puoi creare, devi pensare all’inverno e all’estate. Oguno ha la sua personalità: non potrei mai fare questo lavoro sotto un condominio”.
Ed è per questo che hanno scelto questo angolo tranquillo, senza il trafico di una strada o la confusione di una città, per ritagliare un pezzo di paradiso gastronomico. “Il fatto è che la gente ha perso l’educazione del mangiare bene. Io invece faccio tutto come una volta, tradizionalmente italiano”. Tranchant, come la sua cucina, che non ammette deroghe. Classe 1951, Maurizio Castelli vive da più di 30 anni tra il Rubicone e il Conca ma non è romagnolo d’adozione. Lui è toscano, ci tiene perché viene da Pontassieve, nel cuore del Chianti, e con la moglie Patrizia Carlini (che invece è nata a Ospedaletto) forma la coppia perfetta per la dicotomia: cucina toscana e romagnola.
Maurizio Castelli è un ristoratore molto conosciuto a Rimini. Suoi i locali storici come “I due santi” di Viserba (che aprì nel 1978 assieme alla moglie, all’epoca ancora maestra elementare prima di dedicare tutto il suo tempo alla cucina) e l’Osteria di Santa Colomba, nel torrione del ‘200 nel pieno centro storico della città. Prima di fare da solo aveva lavorato anche in Francia a Lione e in cucina al Rose&Crown e al Carnaby club a Rivazzurra, in quelli che lui stesso definisce “i tempi belli”, gli anni ‘70 nella Riviera.
L’osteria San Maurizio è una casa padronale della fine del XIX secolo appoggiata tra i terrazzi del borgo storico di Coriano. Restaurata e tirata a lucido, è il contesto migliore per gustare quello che di buono hanno da offrire due regioni: dalla carne al vino, con una sola concessione al pesce fatta per il baccalà islandese.
Se quindi il locale rispecchia tutta la passione di Maurizio e Patrizia per le cose antiche e per le moto (Harley Davidson in testa, con tanta nostalgia per la vecchia Guzzi caduta in disgrazia) il piatto non ne è che il naturale completamento. Il menù varia da stagione a stagione, con poche deroghe: “Una volta ogni ristorante aveva il piatto del giorno – spiega Maurizio – e come allora può capitare che magari al mercato trovi degli asparagi bellissimi e Patrizia prepara gli gnocchi”.
La lista inizia con una “collana” di primi, pasta fatta in casa “col mattarello non con la macchina – precisa il ristoratore – perché l’irregolarità della pasta tirata a mano è un valore. E poi con il legno, che è poroso, resta ruvida e prende meglio il sugo”.
È uno dei dogmi che trovano una sintesi nella frase in calce proprio al menù: “No al progresso gastronomico”, anche questo dice molto del personaggio e della sua passione per la cucina tradizionale. Via con strozzapreti alla salsiccia, dunque, tagliatelle all’anatra, zuppa di farro, patate e cannellini e cappelletti di fossa, ripieni di solo formaggio stagionato. Una chicca da provare la minestra di pasta battuta con gli stridoli.
La carta dei secondi si apre con una frase che promette quasi una rivelazione: “La vera tagliata toscana con verdure grigliate”. Cioè fatta al forno. Se si prova ad accennare alla griglia Maurizio quasi si arrabbia. Incuriosisce parecchio il coniglio all’etrusca, con pinoli vin santo e olive, e l’unica concessione a un piatto di pesce e per giunta non di tradizione tosco-romagnola, fatta al baccalà islandese con le patate.
La carta invita, anche quella dei vini. Una selezione contenuta, che premia la semplicità e un prezzo giusto. Così come tutto ciò che compare sul menù: ancora i toscani e i romagnoli la fanno da padrone.
È tutto da scoprire all’osteria San Maurizio, verrebbe da dire “tutto un programma” anche se un programma fisso non c’è, un po’ come il suo oste, sempre in viaggio con la sua moto o con l’ingegno. C’è l’esperienza di chi da 40 anni è nel settore della ristorazione e ama curare i particolari. Come nella sala al piano superiore, arredata come un salotto di fine ‘800. Anche in questo emerge tutta la passione di cercare e scegliere tra i mercatini oggetti vecchi e antichi che, se possibile, impreziosiscono ancor di più i mattoni e le pietre di questo suggestivo angolo di Romagna.