di Massimo Magnani
Il Capitalismo ha deciso di fare a meno della democrazia?
Tecno-oligarchi al potere, intelligenza artificiale e il futuro del governo del mondo.
Negli ultimi decenni, il legame tra capitalismo e democrazia, un tempo considerato inscindibile, è stato messo in discussione. Se il capitalismo globale sembra prosperare anche in regimi autoritari o tecnocratici, la domanda diventa inevitabile: la democrazia è ancora necessaria per sostenere lo sviluppo economico e sociale, o la sua funzione è stata superata? In questo scenario emerge l’intelligenza artificiale (IA). Ma potrebbe davvero governare? E, soprattutto, farlo in modo migliore e più neutrale?
L’intelligenza artificiale rappresenta una frontiera ancora sconosciuta, ma imminente. Alcuni futurologi immaginano un mondo in cui le IA possano sostituire i politici, prendendo decisioni basate su dati e algoritmi avanzati, senza pregiudizi o emozioni. Ma quanto è realistico e desiderabile questo scenario?
Le IA hanno certamente il potenziale per analizzare enormi quantità di informazioni in tempi rapidissimi, offrendo soluzioni a problemi complessi. Tuttavia, c’è un lato oscuro: la stessa IA si dice sia “generativa”, ossia, apprende dai dati che riceve, e questi dati riflettono inevitabilmente i bias e le incoerenze del mondo umano. Esistono già esempi di sistemi di intelligenza artificiale che hanno mostrato comportamenti discriminatori o manipolativi, sollevando dubbi sulla loro neutralità. Inoltre, se un’IA fosse programmata per raggiungere obiettivi specifici, chi deciderebbe quegli obiettivi? Gli sviluppatori? Le grandi aziende tecnologiche? In definitiva, l’IA potrebbe non essere immune dai problemi che affliggono i politici umani, anzi: potrebbe apprendere a mentire, manipolare o prendere decisioni in base a interessi nascosti, replicando in modo automatizzato i difetti del sistema politico.
Negli ultimi anni, ci sono stati esperimenti concreti di “candidature” algoritmiche. Uno degli esempi più noti è quello di SAM, un’intelligenza artificiale creata in Nuova Zelanda nel 2017 per partecipare simbolicamente alle elezioni. Non si trattava di una vera e propria candidatura, ma il sistema aveva lo scopo di proporsi come un cosiddetto “assistente politico” in grado di raccogliere rapidamente le opinioni degli elettori e altrettanto rapidamente, offrire soluzioni basate su analisi dei dati. Il progetto non ha avuto successo elettorale, ma ha aperto una discussione interessante, tanto che è possibile immaginare un ruolo più attivo per gli algoritmi nel processo politico?
Un altro esempio è quello del Partito dei Robot in Danimarca, che ha presentato un programma politico scritto interamente da un algoritmo. Questo “partito” si è concentrato su temi come la redistribuzione della ricchezza e l’uso etico della tecnologia.
Nonostante queste iniziative siano ancora più simboliche che concrete, mostrano un crescente interesse per l’integrazione di sistemi tecnologici nel processo decisionale.
La promessa di una governance basata sull’IA si fonda sull’idea di superare i difetti umani come ad esempio la corruzione, l’incertezza, l’emotività e la manipolazione ideologica propagandistica. Tuttavia, non siamo certi che l’IA possa eliminare completamente questi problemi, essa rimane ad ogni modo il prodotto delle intenzioni umane e riflette i limiti delle sue programmazioni.
Inoltre, la neutralità è un mito, perché ogni decisione politica, anche la più razionale, comporta scelte di valore, priorità ed etica. Un algoritmo potrebbe calcolare, ad esempio, che una misura è economicamente più efficiente, ma ignorare o trascurare il suo impatto sociale o umano. Ecco perché l’idea di affidarsi esclusivamente all’IA rischia di sottovalutare la complessità delle decisioni politiche.
Può allora, tornando alla domanda principale, il capitalismo operare meglio senza democrazia? La risposta è Sì, se il capitalismo si disinteressa totalmente del destino delle persone e si concentrasse sulla porzione della società che può permettersi il consumo “homo consumens”. L’intelligenza artificiale generativa può offrire strumenti utili per migliorare l’efficienza e la trasparenza dei governi, ma non può sostituire la partecipazione umana e il confronto politico, né verrebbe a meno la comunità degli uomini.
Il futuro del buon governo, potrebbe risiedere in un equilibrio tra intelligenza artificiale ed elementi democratici. Le IA potrebbero essere usate per analizzare dati e proporre soluzioni, lasciando però agli esseri umani la responsabilità di prendere decisioni basate su principi etici e valori condivisi. Non sono sicuro che se fosse esistita nel 1948 l’intelligenza artificiale, avrebbe potuto formulare una Costituzione meravigliosa come la nostra.
Non è auspicabile una sostituzione del calcolatore con l’uomo dunque.
La sfida, non è scegliere tra uomini o macchine, ma trovare un modo per farli cooperare insieme, creando un sistema politico che sia al tempo stesso efficiente, inclusivo, giusto e soprattutto, sinceramente democratico.