RACCONTI DI VITA: di Daniela Sammarini
Fonti dal libro “Tre cariole e un sac”
Oggi via Tavoleto è una strada asfaltata, percorsa ogni giorno da centinaia di veicoli.
Ma pochi ricordano il duro lavoro che ne ha reso possibile la costruzione e le
difficoltà affrontate da chi la percorreva negli anni ’50.
Villa Giuseppe racconta che fino ai primi anni ’60 la strada che da Riccione conduce
a Morciano di Romagna, la via Tavoleto appunto, era ancora in ghiaia. I pochi carri
agricoli ( i broc ) che la attraversavano sollevavano nuvole di polvere, tanto che le
donne di casa dovevano fare attenzione a dove stendere il bucato, per non rischiare
di vanificare due giorni di fatica.
Ironicamente, si potrebbe dire che la ghiaia mantenesse le persone agili e pronte nei
riflessi: pedalare in bicicletta o guidare una moto su quel fondo sconnesso, tra buche
e ghiaietto mosso, significava mettere in conto frequenti cadute. Non a caso, si
diceva: “Iera sempre se cul ma tera” (erano sempre con il sedere per terra).
Con il progressivo sviluppo del commercio e del turismo, divenne necessario
migliorare le vie di comunicazione, rendendole più sicure e scorrevoli. Così, le strade
più trafficate furono progressivamente asfaltate. Per lunghi periodi, il ritmo delle
giornate era scandito dai suoni del lavoro: i tonfi delle mazze per spezzare le pietre e
il picchiettio dei martelli per frantumarle. Erano gli operai della stradale. Libero
Mignani ricordava: “Io alcuni li conoscevo bene, iéra fort cum l’asida” (erano forti
come l’aceto).
All’epoca, in zona, molti lavori venivano eseguiti ancora interamente a mano. La
costruzione della strada era un processo faticoso: si trasportavano grosse pietre di
varie dimensioni, poi, con un lavoro massacrante, venivano frantumate prima con la
mazza e poi con il martello. Per riempire i vuoti e creare una superficie compatta, si
stendeva uno spesso strato di ghiaia, recuperata dal fiume Conca. Infine, si
procedeva con la rullatura per compattare il tutto e si concludeva stendendo
sull’intera superficie uno strato di asfalto bollente con una pompa meccanica. Su di
esso veniva poi sparso del ghiaino, distribuito a mano. In questa fase i suoni
caratteristici erano due: il colpo breve e secco del badile e il fruscio più lungo del
ghiaino che cadeva a pioggia sull’asfalto ancora caldo. E così la strada era pronta
per i carri agricoli e per le poche automobili dell’epoca.
Oggi via Tavoleto è in continua evoluzione e presto avrà anche un nuovo tratto di
pista ciclabile. Ma è giusto ricordare il passato e il duro lavoro di chi ha reso
possibile tutto questo.