di Luca Maria De Nardo
– Dal passaggio di Cesare ad un capolavoro rinascimentale, tutti gli ingredienti per la nostra rinascita. Ci guida un sapiente dall’Aldilà…
Se Philippe Daverio scopre dall’aldilà che tu, cittadino pesarese e riminese, non hai mai visitato la tua Villa Imperiale, verrà a tirarti le coperte nel sonno. Lui, all’età di dieci anni, nel lontano 1960, ne rimase talmente affascinato che l’asse della sua vita si spostò tutto verso l’arte. E divenne il più famoso conduttore di programmi televisivi sull’arte; poi, fu assessore al Comune di Milano, scrisse libri divulgativi e condusse lezioni dal vivo sul fatto artistico.
Ma veramente non hai mai visitato Villa Imperiale? Hai mai percepito l’amore che Sigismondo Malatesta provava per sua moglie Isabella? Sei stato a vedere la tomba di lei nel Tempio Malatestiano di Rimini? Ti sei mai accorto che il paesaggio in cui vivi tutti i giorni, da Pesaro a Urbino, da Mondaino e Montefiore, da San Leo a Villa Verucchio non è un paesaggio naturale ma costruito dall’uomo in 2.500 anni di storia?
Peccato che Daverio sia morto a soli 70 anni: avremmo potuto invitarlo qui da noi. In quel lontano 1960, mentre lui visitata Villa Imperiale, noi ci si spaccava la schiena a costruire la Riviera che ha fatto la nostra fortuna e che ci ha resi famosi in Italia e in Europa. Era giusto così, allora. Come è giusto così, oggi, che l’asse dei nostri interessi si sposti dal mare all’entroterra.
Chi lo dice? Lui, Daverio. Ci invita al riequilibrio e ci dà la ricetta per il futuro: un mix di piadine e bikini, di cavalieri ed armi, di amori e ombrelloni, di leggende e saperi, di fantasie e sogni. Perché era un uomo abbastanza intelligente per capire che ci vogliono sì piadine e bikini, ma che non bastano: quelli sono capaci di darli tutti, mentre l’arte e la fascinazione del bello sono una prerogativa soltanto italiana. E a dir questo non sono gli italiani…
Daverio sembra indicarci quella sconfinata miniera di bellezza che le nostre contrade conservano. Sapete cosa farebbe se venisse oggi nominato assessore alla cultura della provincia di Rimini o di Pesaro? L’esame annuale di storia locale e di arte ad albergatori, ristoratori, conduttori di stabilimenti balneari e commercianti. Se non superano l’esame, niente rinnovo della licenza, perché ogni imprenditore ha il dovere di essere ambasciatore della terra in cui vive e prospera se non altro per un bieco egoismo: attrarre clienti nella sua struttura. L’ha fatto la Toscana, possiamo farlo anche noi.
Daverio ci ha dimostrato che per riconoscere l’arte e la bellezza non serve la cultura accademica ma la disponibilità a riconoscere che qualcosa è emozionante. Se volessimo usare un paragone adatto alla nostra terra, lui era un ‘cameriere’ del fatto artistico: ti aiutava a scegliere perché ti presentava un menù di luoghi o dipinti; e poi, proprio come un cameriere ti spiega un piatto, lo esaltava e ti suggeriva cosa notare, ti accompagnava aiutandoti ad usare la tua cultura, i tuoi mezzi intellettivi. Daverio aveva capito che l’espressione artistica non era e non è un fatto elitario, e che a distanza di secoli anche il popolo, ‘il volgo’, era il destinatario della poetica di ogni artista. Soprattutto Daverio tradiva la stessa emozione che provava di fronte alla bellezza. Non recitava. Grazie Philippe, ci hai insegnato che cosa vuol dire essere italiani: vuol dire vivere in un romanzo affascinante, senza fine, che si chiama Italia. Nessuno è più credibile di lui: non era italiano.