di Hossein Fayaz*
REFERENDUM, PERCHÉ PARTECIPARE
L’8 e il 9 giugno si vota. Lo sapevi?
E sai su cosa?
In Italia i referendum si portano dietro la mannaia del quorum e, purtroppo, spesso il dibattito che si attiva – o dovrebbe attivarsi – non è nel merito dei contenuti, ma… a monte.
Mi spiego meglio: se le forze politiche maggioritarie sono a favore di un dato referendum, tutti ne parlano – media, politici e società civile.
Nel bene e nel male, ci si forma un’opinione, magari superficiale, ma comunque un’opinione.
Se invece le forze maggioritarie sono contrarie… il dibattito si spegne. O meglio, non si attiva proprio. I mass media ne parlano poco e solo a ridosso del voto, i politici fanno i vaghi e la società civile – promotori esclusi – non si forma un’opinione sul tema, né superficiale né approfondita.
E allora, prima di tutto, il mio personale invito è: c’è un referendum, informiamoci e votiamo. Sempre.
Ma su cosa si vota? Quali sono i pro e i contro?
IN BREVE
Quattro referendum riguardano il mondo del lavoro – tra reintegro in caso di licenziamento, contratti a termine, risarcimenti e responsabilità negli appalti – mentre il quinto propone di ridurre da 10 a 5 anni il periodo minimo di residenza per poter richiedere la cittadinanza italiana.
Va specificato che il candidato deve:
- conoscere bene la lingua italiana,
- conoscere e giurare fedeltà alla Costituzione e alla nazione italiana,
- avere un lavoro e un reddito sufficiente per vivere in questo Paese,
- avere una fedina penale pulita,
- affrontare un iter procedurale che normalmente dura tre anni e mezzo.
Nel caso superasse questo iter, dopo otto anni e mezzo potrà ottenere la cittadinanza italiana.
Se supereranno il quorum, i cinque quesiti potrebbero migliorare, già dal giorno dopo, la vita di milioni di persone – per tutte e tutti noi.
Andando a votare possiamo modificare leggi ingiuste che nel tempo hanno peggiorato le condizioni delle lavoratrici, dei lavoratori e delle persone che vivono in questo Paese da anni.
Potremo:
- porre un freno ai licenziamenti illegittimi,
- accrescere le tutele per i lavoratori delle piccole imprese,
- ridurre la precarietà,
- garantire più sicurezza sul lavoro,
- promuovere una maggiore integrazione attraverso la cittadinanza italiana.
“Il voto è la nostra rivolta”, lo slogan adottato dalla CGIL per la campagna referendaria, significa una cosa sola: il voto ci offre la possibilità di cambiare il nostro Paese con lo strumento più democratico che esista.
Con il referendum non deleghiamo qualcuno a rappresentarci: siamo noi a decidere personalmente per il nostro futuro.
Non sprechiamo questa possibilità.
“È sempre la solita storia, tanto non cambia mai niente”, sentiamo dire spesso.
Ma la storia può cambiare, eccome. Con l’impegno di tutte e tutti, non solo a livello nazionale, ma anche attraverso un regolamento democratico dei referendum nei nostri Comuni.
*Coordinatore del Comitato per la difesa dei diritti del cittadino
Morciano di Romagna