LA TEOLOGIA DEL RAGIONIERE – 9
di Gianfranco Vanzini
– Un po’ alla volta abbiamo esaminato, molto sinteticamente,  gli avvertimenti che Dio ci ha dato, da Mosè in avanti, per vivere bene.
Siamo partiti rispondendo alle domande essenziali di qualsiasi essere umano: Chi mi ha fatto? Perché sono a questo mondo? Che cosa devo  fare e che cosa non devo fare per vivere  bene?
Abbiamo visto che le risposte più ragionevoli ed efficaci per la nostra vita sono quelle che ci hanno insegnato da bambini. E cioè.
Ci ha creato Dio ( è una risposta  molto più ragionevole che pensare che siamo nati dal “caos” o  dal “brodo primordiale”).
E perché ci ha creato? 
Risposta: Dio ci ha creato per conoscerlo, amarlo, servirlo amando Lui e il nostro prossimo in questa terra, per poi goderlo completamente in Paradiso (Catechismo della Chiesa Cattolica). 
Per aiutarci a conoscerlo, amarlo e servirlo, in sostanza, per aiutarci a vivere bene, Dio ci ha dettato le Regole del gioco, le Istruzioni per l’uso, in una parola un po’ più rispettosa, ci da dato  il Decalogo.
Esaminando il singoli insegnamenti del Decalogo abbiamo  visto, via via, che rispettare gli insegnamenti, ivi previsti,  aiuta a non fare cose sbagliate, a non commettere errori e fa vivere bene… qui… oggi.
Per essere certo che tutto fosse  sufficientemente chiaro, alla fine del Decalogo Dio, con il nono ed il decimo comandamento: “Non desiderare la donna d’altri” e “Non desiderare la roba d’altri”, ci dà anche una ulteriore indicazione pratica, un suggerimento operativo sul come fare per rispettare i suoi insegnamenti..
Infatti, come fare a resistere alle tentazioni di una vita  sessuale ingorda e disordinata, con tante occasioni che quotidianamente ti si presentano davanti?
E come fare a resistere alle tentazioni di appropriarsi della roba degli altri, che magari ne hanno tanta e tu poca o niente?
Come fare cioè a rispettare il sesto e il settimo Comandamenti che ci ricordano che non dobbiamo commettere adulterio e  non dobbiamo rubare?
Per Dio è sempre tutto molto lineare, conseguente  e semplice.
Se vuoi  evitare di essere tentato dal compiere atti di cui poi potresti pentirti evita di desiderare persone o cose non tue. Non metterti nelle condizioni di dovere poi fare fatica a resistere alla tentazione.
Ma allora è peccato anche solo desiderare? Assolutamente no! 
Sia per il nono che per  il decimo comandamento  i desideri non sono automaticamente peccato.  Dio non è così severo da vietarci di apprezzare il valore della bellezza  delle  persone e delle cose. 
Il desiderio quando è buono e onesto è una fonte di energia e di progresso, perché ogni cosa fatta nasce dalla volontà di farla. Però come farla bene?
A questa domanda risponde un sentimento purtroppo un po’ sottovalutato in questo tempo 
Il sentimento del pudore.
Il pudore  è una parte integrante della temperanza, preserva l’intimità della persona e consiste nel rifiuto di svelare ciò che è, e deve rimanere, nascosto e riservato.
Il pudore custodisce il mistero delle persone e del loro amore; suggerisce la pazienza e la moderazione nella relazione amorosa. Richiede che siano rispettate le condizioni del dono e dell’impegno definitivo dell’uomo e della donna fra loro.  Oltre al pudore dei sentimenti esiste anche un pudore del corpo, che insorge, per esempio, contro l’esposizione esagerata  del corpo umano in funzione  di una curiosità morbosa o di ingiusti e immotivati fini pubblicitari.
L’odierna permissività dei costumi si basa su una erronea  concezione della libertà. Un corretto senso del pudore, invece, aiuta a resistere alle suggestioni delle mode  e alle pressioni delle ideologie dominanti. Accanto all’invito ad un corretto esercizio dei desideri, i due comandamenti ci mettono in guardia anche contro invidia e ingordigia.
Dio infatti ci raccomanda di non desiderare a tale punto le persone o le cose altrui fino a  volercene appropriare indebitamente e ingiustamente.
Guai a chi è avido e ingiusto. A chi pensa solo per sé convinto che tutto glia sia dovuto e lecito.
E guai anche  a chi si fa dominare dall’invidia, questa  infatti produce la tristezza che si prova davanti ai beni altrui e il desiderio smodato di appropriarsene sia pure indebitamente. 
L’invidioso è sempre triste, non è mai soddisfatto di quello che ha e, di conseguenza vive male, fa vivere male chi gli sta vicino e arriva ad augurare il male al suo prossimo.
Sant’Agostino  diceva: “Dall’invidia nascono l’odio, la maldicenza, la calunnia, la gioia (fasulla)  causata dalla sventura del prossimo, e il dispiacere per la sua fortuna.”
La “Buona novella” di Gesù Cristo  rinnova continuamente la vita e la cultura dell’uomo (antico e moderno)  aiuta a rimuovere  gli errori e i mali derivanti  dalla sempre minacciosa  seduzione del peccato.Ci guida verso una vita  rispettosa della volontà di Dio, serena, gioiosa e felice… qui… oggi  
(Continua)

 
			 
			 
					







