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Home Località Riccione

Leon-Santiago, diario di un viaggio di Mario e M. Laura

Redazione di Redazione
13 Ottobre 2011
in Riccione
Tempo di lettura : 4 minuti necessari
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COMUNITA’

– Mario e Maria Laura hanno percorso a piedi il tratto di 300 chilometri Leon-Santiago (la città che accoglie le spoglie di San Giacomo), dal 25 giugno al 14 luglio. Ecco il diario (parte III).

– Venerdì 1 luglio 2011: Cacabelos – Vega de Valcarce / 25 Km
Solo un lungo cammino, solo una prolungata permanenza sulla via vi darà questa possibilità. La pienezza di questa dimensione sarà percepibile solo dopo almeno una settimana che sarete partiti, zaino in spalla e poveri solo di voi stessi.

La tappa di venerdì inizia nel verde ma, ben presto sarà sull’asfalto, costeggiando una strada veloce, protetti da un new-jersey. Le prime ore, sarà il fresco, saranno le forze ancora disponibili, passano bene. Il caldo arriva (troviamo sollievo alla calura dei piedi sfruttando la poca ombra dei new-jersey), la fatica lo accompagna e il cammino è duro. Si marcia molto spesso in silenzio perché il fiato, insieme alle forze e l’acqua occorre non sprecarli. Pochi giorni e già si scopre l’essenzialità: il peso inutile delle cose che non servono e dalle quali facciamo fatica a liberarci. Zavorra. Qui come a casa. Zavorra che crea barriere, zavorra che ci fa giudicare l’altro al primo sguardo, …zavorra che ci impedisce di vivere appieno la nostra vita. Qui non c’è la competizione ad alterare le relazioni. Ognuno con le sue fatiche, le sue miserie, il suo passo, compie un percorso che è personale ma anche di gruppo. Tra i pellegrini di tutte le nazionalità si attiva una solidarietà gratuita, autentica, spontanea. Che bello sarebbe se il ritmo del Cammino diventasse quotidiano, se le relazioni non fossero inquinate dal nostro bisogno di primeggiare. Passiamo attraverso diversi borghi, un po’ costretti a transitare davanti a bar più o meno piccoli perché, come dice Roberto all’Ave Fenix, albergue a Villafranca, “è tutto un business!” e i km si moltiplicano! Finalmente arriviamo a Vega de Valcarce, tanto agognata meta ma …l’albergue municipal è stracolmo! Dopo un primo momento di panico, ci consigliano un privato che ci propone un appartamento!!! Noi 4, camere separate, bagno di casa, che lusso! Doccia, riposo, panni in lavatrice, che invenzione! Usciamo per comprare colazione e cenare. Della serie “nel Cammino non ci si fa mancare nulla”, Laura si improvvisa parrucchiera e fa la tinta ai capelli di Carla. Per domani abbiamo prenotato il servizio trasporto mochillas (zaini) per i primi 15 km in salita fino a O Cebreiro, che servizio fantastico!
Sabato 2 luglio: Vega de Valcarce – Alto do Poio / 20 Km
Sappiate camminare al lungo. Offrite il tempo che Dio vi ha regalato (perché ogni minuto della nostra vita è regalato) per restare a lungo sulla sua strada.
E marciate fino alla meta. Abbiate una meta chiara e sacra davanti a voi.
Alle 6:15 siamo già in strada, è ancora buio. La marcia senza zaino è piacevole e, quando si entra nelle montagne, il paesaggio è mozzafiato. Anche la salita. In una decina di km arriviamo a O Cebreiro. Sulla via alterniamo boschi di castagni e querce fino a liberare lo sguardo sulle vallate sottostanti… che spettacolo! Troviamo il cippo di confine, inizia la regione Galizia. Da questo momento in poi, ogni 500 metri, c’è un pietra miliare che segnala quanti km mancano a Santiago. Che compagnia che fanno! Il primo è a 152,5 km. In cima, la chiesa romanica di Santa Maria la Real, con un altare sede di un miracolo eucaristico. Dopo il pranzo, fatto a fianco alla tipica pallozas (capanna con il tetto in paglia) riprendiamo il cammino e, ahimè, lo zaino… Percorriamo altre vallate, altrettanto belle. I km sono tanti, il sole alto e caldo su un sentiero alpino. La strada, il cammino, ti entra dalle scarpe, dai piedi ed arriva al cuore. Il cuore invia energia alla testa e uno spirito positivo, essenziale, attento, disponibile, universale ti pervade. Dopo aver lasciato la statua del Pellegrino “al vento”, l’arrivo sembra non giungere mai. La fatica si fa sentire. Carla accusa un dolore alla gamba che mano a mano aumenta. Liberiamo Carla dallo zaino, stiamo per arrivare, davanti a noi una parete da scalare. Finalmente Alto do Poio, 1335 metri, l’albergue. Due camerette matrimoniali con tanto di bagno in camera (che lusso!). Ceniamo abbondantemente anche se rattristati dalla morte di Marco, un volontario di Amani annegato per salvare alcuni ragazzini kenioti in vacanza. Seduta vicina a noi la señora Remedios, acciaccata da un’ischemia ma sempre iper attiva, che ha dedicato la sua vita ai pellegrini offrendo simpatia e panini.
Domenica 3 luglio 2011: Alto do Poio – Samos / 25 Km
Preferisco peccare di troppa fiducia, anche se mi porta mille delusioni, piuttosto che vivere sfiduciato di tutto e di tutti; nel primo caso si soffre solo nel momento dell’inganno, nel secondo si soffre in continuazione.
Anche se domenica, la sveglia suona inesorabile alle 5,30. Sorpresa … Non solo è buio ma è anche calata una nebbia incredibile che ci fa fare un salto nel tempo e nello spazio: Altopiano di Asiago, ottobre… Dopo una ricca colazione, alle 7,15 armati di k-way, cappello, copri zaino, ci avviamo. Non si riconosce niente attorno, solo le scarpe e le racchette. La tappa si rivela lunga, o forse siamo stanchi. A volte ci sono km che, percorrendoli, sembrano non finire mai, altre volte sembrano cortissimi. É un po’ come la vita con i suoi alti e i suoi bassi. Gli ultimi dieci km sono faticosi, non c’è acqua. Ad un certo punto, in un varco della vegetazione, appare il monastero di Samos: dall’alto un edificio imponente, con un chiostro grandissimo. Passo dopo passo arriviamo all’albergue del monastero. Uno stanzone fitto di letti a castello. Qui vale la pena ricordare come lungo il Cammino spesso si senta parlare di pulci, pidocchi, cimici… A pochi letti da noi una ragazza che sapevamo avere di questi problemi. Il prurito parte automatico. Decidiamo di rivestire il materasso anche con il poncho. Seppure stanchi e doloranti, è prevista la visita al monastero alle 18:30. Sono evidenti le differenze tra i turisti e i pellegrini. I primi baldanzosi, pieni di brio e con continui scatti della macchina fotografica; i secondi rigidi, lenti e affaticati nel movimento, quasi camminassero sulle uova, ogni colonna diventa occasione per appoggiarsi, insomma una sorta di zombie. Al termine della visita, partecipiamo ai Vespri e alla S. Messa. Alle 20:30, con i morsi della fame, assaporiamo un menù del pellegrino e, grattandoci (!), a nanna. (continua)

Parte I, II, III, IV, V, VI,

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