San Marino. Smiaf, scrivere con le cose.
Laboratori utilizzando scarti ritrovati e parole orfane del loro contesto a cui i partecipanti ridanno dignità di cose e di sorprendente letteratura di strada.
Il San Marino International Arts Festival (SMIAF) appena conclusosi ha messo in campo quest’anno un originale laboratorio itinerante dall’attrattiva ludica ma dai contenuti ecologici e anche introspettivi; si tratta dell’ABBECEDARIO DELL’INUTILITÀ, un ibrido fra poesia visiva e arte trash e pop. E quale luogo migliore per testare un progetto che mescola arte, sostenibilità, cose ritrovate e parole delle vie del Centro Storico di San Marino?
Intervistiamo Gabriele Geminiani Patron del Green Festival San Marino e Montefeltro, ideatore e conduttore insieme all’artista Federica Menozzi dell’originale laboratorio. Il laboratorio è terminato con una mostra di tutte le opere realizzate all’interno dei locali della scuola superiore di Città.
Di cosa si tratta e come nasce la tappa sammarinese?
Innanzitutto ringrazio lo SMIAF, dagli organizzatori per averci invitati e per l’impeccabile organizzazione ai volontari sempre disponibili e sorridenti in un clima di coesione e di grande scambio partecipativo.
ABBECEDARIO DELL’INUTILITÀ è un progetto di laboratorio itinerante già testato lo scorso anno al Festivaletteratura di Mantova, che lavora sulle suggestioni che gli oggetti da sempre riescono a produrre nelle persone di qualsiasi età ed estrazione socio-culturale. Ci siamo serviti di un ricco campionario di cose ritrovate da me e Federica sulle spiagge adriatiche e sulle rive dei laghi mantovani. Cose che le persone potevano scegliere con tutta calma e disporre su un supporto di cartone. Dopo di che vi erano a disposizione una serie di parole battute a macchina e ritagliate da affiancare agli oggetti prescelti andando a conferire un senso compiuto o volutamente ermetico, al componimento.
Quali sono state le reazioni delle persone?
“Sono state straordinarie. C’erano adulti che hanno portato i figli e che sollecitate a fare loro stesse il percorso si sono trovate emotivamente coinvolte, alcune fino a una malcelata commozione.
Gli adulti hanno raccolto molto seriamente il compito di scegliere un oggetto affettivo o di senso sul quale raccontare la propria storia del cuore.
Mentre i giovanissimi hanno realizzato composizioni divertenti, inserendo talora parole che esprimevano pensieri gravosi, su quella che è la loro percezione del futuro, Ci sono stati pensionati che tendevano a rispolverare i loro amati lavori, come ex maestre o ex operatrici sanitarie. Poi ovviamente i bambini con la loro fantasia liberatoria a 360° ci stupivano per le loro composizioni colorate e fuori ordinanza.
Per chiudere, che opinione ti sei fatto di questo laboratorio?
Penso che le persone, all’interno di un sistema che ci dà l’illusione di essere liberi, si sentano sole e isolate con le loro paure e il loro sentire represso. Mi riferisco anche alla tragedia palestinese. E quando gli dai la possibilità di ascolto e di raccontarsi, ecco che alla fine le vedi decisamente sollevate, grate, sorridenti. Quindi penso che questo laboratorio possa senza esagerare essere considerato per certe persone uno strumento per riscoprire e liberare sentimenti e storie sopiti. Una sorta di autoanalisi.
E quali sviluppi avrà il vostro Abbecedario?
Saremo nuovamente a Mantova in occasione del Festivaletteratura inizio settembre. Poi abbiamo avuto altri inviti ma ci piacerebbe pensare a farlo crescere come progetto. Per questo vorrei sottoporlo a due cari amici: il primo è l’antropologo Mario Turci, già Direttore scientifico dell’insuperabile museo Ettore Guatelli, la più grande raccolta organizzata di oggetti. La seconda è la psicoterapeuta Rosita Lappi, che dirige la rivista d’arte contemporanea online Aracne e che ha già lavorato sul rapporto fra l’uomo e le cose, e in particolare sulla devianza dell’accumulo”.