Riccione. Addio a Pico, un grande riccionese. Aveva 95 anni. Narrata la città con le fotografie.
Negli ultimi tempi, in carrozzina, si faceva accompagnare alla Boa Bianca in piazzale San Martino.
L’ultimo omaggio al suo lavoro è di Fosco Rocchetta. Presentato lo scorso 12 settembre all’autodromo di Misano, nel libro che racconta la storia del Moto Club Berardi di Riccione, ad Epimaco Zangheri è dedicata una pagina come l’autore di molte immagini dei centauri sul circuito cittadino e non solo.
Dove c’era Pico (al secolo Epimaco Zangheri), c’era un avvenimento che andava a rimarcare la storia di Riccione. Armato delle sue macchine al collo, del suo giubbotto smanicato da fotoreporter, gli occhiali spessi e una strettona di mano che ti faceva star bene. Con il suo nobile fare, lo trovavi in un angolo, con la paura di disturbare i protagonisti, a testimoniare i fatti della sua Riccione. E’ stato così per decenni. Nelle chiacchierate, gli piaceva sottolineare le persone che erano umili e disponibili. Disdegnava coloro i quali se la tiravano. E lo diceva in dialetto, per dargli importanza.
Nel 2021, Riccione gli consegna il San Martino d’oro.
Nel 2022, Riccione lo onora con una mostra a Villa Mussolini. Titolo: ““Foto Riccione. L’obiettivo di Pico”.
Saranno oltre tremila i visitatori accorsi ad ammirare i suoi scatti che raccontavano un secolo di storie e storia.
A cura di Davide Bagnaresi e Gianni Zangheri (il figlio), era stata realizzata in occasione del Centenario della nascita di Riccione come Comune indipendente. Veniva raccontata la Riccione tra gli anni Sessanta e Ottanta nella sua parte più vera, quella che recuperava uno squarcio di vita perduta nel tempo, fissandone furtivamente le emozioni in una fotografia.
“Al di là dei numeri, che comunque sono importanti, mi ha fatto enorme piacere riscontrare l’orgoglio, il forte senso di appartenenza dei riccionesi”, ha commentato Gianni Zangheri, figlio di Epimaco. “Siamo una grande città turistica ma anche un piccolo paese: l’esposizione ha messo in mostra la Riccione che non era ancora aperta al turismo tutto l’anno, la Riccione della tombola, del carnevale, del Calimero. Ho visto tanta emozione suscitata nei visitatori dal riaccendersi dei ricordi, dalla consapevolezza dell’esserci stati, dall’avere fatto parte di una storia. Ora ci chiedono che questa storia non finisca ma che continui con nuove iniziative: noi siamo pronti a rilanciare”.
“Foto Riccione. L’obiettivo di Pico” non aveva conquistato soltanto i riccionesi ma anche tantissimi turisti, soprattutto proprietari di seconde case, e anche qualche straniero: “I turisti provano un amore verso la nostra città che è forse più grande di quello degli stessi riccionesi. Mio padre – racconta ancora Gianni Zangheri – è molto contento di questa esposizione e del fatto che possa ancora proseguire: con le sue fotografie abbiamo aperto i cassetti dei ricordi, intraprendendo un bellissimo viaggio”
Quella di Pico è stata una bella storia. Inizia come “bocia” del fotografo in viale Dante. Ha immortalato tutto: vip, personaggi, luoghi, riccionesi, storie piccole, non meno di quelle grandi. Ha raccontato storie col suo click. Aveva la bottega in viale Gramsci, a pochi metri dal Grand Hotel. Oltre ad essere sempre stato in “trincea”, Pico era uomo generoso e vero. Tutti i giornali della provincia attingevano ai suoi scatti, codesta testata compresa.
Famija Arciunesa gli aveva appuntato sul petto una speciale medaglia: il classico libro-strenna per Natale 2012. Titolo: “…e bufa! Riccione sotto la neve”. Le 64 pagine raccoglievano le istantanee innevate di Pico e Gianni (il figlio), dalla Riccione in bianco e nero fino ai colori dello scorso inverno. Si apriva con un angolo di viale Gramsci. In primo piano l’albergo Venezia, che poi stava quasi di fronte alla bottega di Foto Riccione. Nella pagina accanto il lungomare bianco con un maggiolino che traina una slitta con sopra due ragazzotti sorridenti.
Giuseppe Lo Magro, l’allora presidente di Famija Arciunesa, con disincanto non meno che intelligenza con le storie di Pico e Gianni ci ha costruito un piacevole romanzo andando a spasso per Riccione. Eccolo il viaggio: viale Ceccarini, la fontana di piazzale Roma, le magie del porto (anche di sera), il lungomare, la spiaggia, il parco della Resistenza, la “Perla e le farfalle”, il castello degli Agolanti, le strade, la fontana del nuotatore. L’ultima sezione viene intitolata “Scatti curiosi”. Alcune pennellate: biciclette appoggiate che sembrano statue, in sci nordico sul lungomare davanti alla prestigiosa gelateria Nuovo Fiore. Si chiude con un vecchio lampione innevato che sembra una maschera. Forse le istantanee più suggestive sono i tigli di via Castrocaro, dove si affaccia il palazzo comunale. I rami innevati ti fanno volare con le trine dei merletti della nonna. Il professor Lo Magro per rendere le pagine più briose ci ha messo dei testi che esaltano il racconto fotografico. Apre con una serie di spassose parole dialettali con testo a fronte legate alla neve. Per rimarcare il cambiamento dei costumi e del benessere (dalla miseria all’opulenza di oggi) ci ha messo un racconto che risale al 1929; l’anno di un grande nevone e di un freddo da candelotti che scendevano dai coppi. Si intitola, “Poveri d’inverno”, di Rodolfo Ciotti. L’inizio è commovente. Recita: “Il lungo inverno del ’29, con tutti i suoi problemi, fu ben più carogna con le famiglie dei poveri. Si può dire che d’inverno i poveri sono ancora più poveri (…)”.
Caro Pico, che la terra ti sia lieve.

