Riccione. Anpi: “Villa Mussolini: quale destinazione? Quale svolta?”.
“In passato fu al centro di scelte amministrative contestate. Ora, chiunque diverrà proprietario
dell’immobile, dovrà rispondere moralmente e simbolicamente, a una comunità che chiama il
rispetto del passato cittadino. Qualunque attività sorga al suo interno auspichiamo nasca nel
segno della Memoria democratica e dell’Antifascismo.
La Romagna, si sa, è una terra dalle mille risorse e sfaccettature.
Era sul finire del XIX secolo, quando un paese in provincia di Forlì diede i natali a un uomo capace
di cambiare per sempre la storia del ‘900.
La figura di Mussolini ancora oggi fa discutere. Ma una cosa è certa, ben riportata negli scritti di
Pietro Nenni: il dittatore, i romagnoli li tradì. Gli chiuse la bocca. Le sue squadracce andarono a
cercare i contadini di notte, uccidendoli di fronte alle loro famiglie, sull’uscio dei casolari. Pochi
conoscono questo lato. Vittime e carnefici a lungo preferirono non parlarne.
Giravano al contrario dei miti legati all’immagine del duce. Uno di questi disegnava un Mussolini
ascetico, contrario ai lussi, uomo semplice e legato alle vecchie tradizioni.
Alla fine del ventennio la commissione d’inchiesta attribuisce al dittatore un patrimonio da due
miliardi di lire del 1943, l’equivalente di 665 milioni di euro di oggi. La Rocca delle Caminate, Villa
Carpegna, tredici proprietà agricole nella sola Romagna e, tra le tante, Villa Margherita a Riccione.
Oggi meglio conosciuta come “Villa Mussolini”.
Inizialmente nella villa, Il Duce ci andava in affitto. I padroni di casa erano Giulia e Armando
Bernabei. Essi non avevano simpatie fasciste. Donna Rachele rifiuta di pagare l’affitto. Vuole
comprare la villa. Giulia però non desidera venderla: per questo rifiuto viene minacciata dal
podestà e, temendo ripercussioni, i proprietari cedono l’immobile per 170 mila lire (ne valeva il
doppio). Fa la stessa fine l’albergo sul retro, sempre della famiglia Bernabei, convinta dal podestà a
cederlo. Il motivo? Mussolini voleva costruire un campo da tennis.
Donna Rachele però desiderava altre case, altri terreni. D’altronde la prole era tanta e andavano
sistemati figli e nipoti, no? I proprietari circostanti creano un comitato per resistere alle pressioni,
ma sono costretti a cedere, uno ad uno. L’ultima a capitolare è la signora Maria Tegoni. Questa
viene convocata in questura a Bologna. Lì viene minacciata di essere spedita al confino.
Villa Margherita per Riccione non è motivo di orgoglio. È una ferita: nemmeno l’unica che
Mussolini inflisse a Riccione e ai suoi cittadini. Come quella volta che donna Rachele mise gli occhi
sulla casa più bella di Viale Ceccarini. Il proprietario era Nissim Matatia, ebreo, commerciante di
pellicce. Rifiuta di vendere. Dopo l’emanazione delle leggi razziali Matatia è costretto a cedere
l’abitazione. Nel 1943 il commerciante viene deportato ad Auschwitz con tutta la sua famiglia.
La villeggiatura dei Mussolini non era una pacifica convivenza, bensì un abuso di potere continuo
allo scopo di soddisfare capricci costanti.
Dicono che la storia non vada cancellata, siamo d’accordo. Resta; come la si può cancellare?
Chi l’ha voluta cancellare? Forse i vinti, o meglio ancora, coloro che si ritengono vittime ma furono
carnefici? Chi si traveste da agnellino dopo avere sbranato.
Questa storia è piena di orrore e dolore. Per questo motivo il consiglio comunale del 23 maggio c.a.
ha voluto revocare la cittadinanza onoraria del Duce. Perchè non c’è nulla di cui farsi vanto, e nel
2025 è sano prenderne ufficialmente le distanze.
Riccione dopo la guerra, tra una serata in discoteca e una passeggiata lungo viale Ceccarini, volle
reagire passando “oltre”(come si dice a Rimini).
Il passato era qualcosa su cui sorvolare. Faceva male. Il presente rassicurava.
E oggi? L a storia non si può riscrivere.
Possiamo però scegliere come valorizzarla.
Come ANPI auspichiamo fortemente che Villa Mussolini, già Margherita, possa in futuro essere
luogo di memoria costruttiva, nonché rappresentazione e sede di attività che possano essere
alternative di chi la rese tristemente famosa”.
Annarita Tonini
presidente Anpi provinciale Rimini














