– Acquistare l’olio (“vero”) extravergine di oliva è un vero e proprio affare per il consumatore. E’ come acquisire una Ferrari o una maglietta Lacoste alla metà del prezzo. Ma, purtroppo, si è disposti a spendere una esagerazione per il capino firmato e non per un alimento fondamentale come l’olio. Tuttavia, i consumatori sensibili ci sono e fanno degli affari, sia nutrizionali, sia di portafoglio.
La bontà ufficiale dell’olio della provincia di Rimini è arrivato lo scorso 5 settembre sulla Gazzetta Ufficiale. Questa annunciava che l’olio del Riminese si poteva fregiare della Dop (Denominazione di origine protetta) “Colline di Romagna”. L’iter per giungere a tale successo era partito nei primi anni novanta. Ma la richiesta era stata bocciata dal ministero dell’Agricoltura, forse senza troppe ragioni oggettive.
Ma che cosa significa poter aggiungere all’etichetta la denominazione Dop? Lo si chiede a Stefano Cerni, agronomo, delegato dell’Olea (Organizzazione laboratori esperti assaggiatori), soprattutto tra i massimi cultori dell’olio nella provincia di Rimini.
“Il fatto più importante – argomenta Cerni – è che negli ultimi anni la qualità della nostra produzione è cresciuta. Ne è un segnale forte il premio che si tiene a Montegridolfo ogni anno.
Dunque con la Dop il prezzo di vendita del nostro prodotto dovrebbe crescere. Però è difficile dire quale debba essere il giusto prezzo, è più semplice dire quanto non deve costare. Ad esempio 4 euro al litro sono incomprensibili sotto ogni processo produttivo razionale. Un olio con un marchio Dop non può costare meno di 8 euro al litro. Un prezzo giusto sarebbe di 12 euro”.
“Oggi – continua Cerni – il nostro extravergine è di certo un affare. Il prodotto è validissimo ed il suo prezzo è davvero basso. Voglio portare un esempio concreto. Per raccogliere un quintale di olive ci vogliono 8 ore di lavoro e 18 euro al quintale per la spremitura, dalla quale (un quintale di olive) si ottengono circa 15 litri d’olio”.