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Home Politica

Riccione. Partiti si litiga per le poltrone

Redazione di Redazione
19 Agosto 2022
in Politica
Tempo di lettura : 4 minuti necessari
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vignetta politica

Lite feroci tra i dirigenti dello stesso partito. All’esterno sembrano nemici acerrimi. Così Riziero Santi, segretario dei Ds, contro Sergio Gambini, parlamentare dei Ds. Gioenzo Renzi, presidente di An provinciale, contro Oronzo Zilli, suo avversario per la presidenza. Insomma, è un tutti contro tutti che allontana il cittadino dalla politica. E se fosse proprio questo a volere i troppi galli nel pollaio?
Afferma Walter Martinese, responsabile del centro-studi della Cgil di Rimini: “C’è questo cicaleccio perché non funzionano i luoghi deputati alle scelte di strategie politiche. Oppure non si vogliono far funzionare. Il dramma è che tutto questo non aiuta il cittadino e gli iscritti a partecipare alla vita di partito. Credo che sulla stampa sia giusto uscire, ma prima bisogna passare attraverso i luoghi istituzionali”.
Arnaldo Cesarini, per due volte segretario a Riccione, prima del Pci, poi del Pds. E’ passato alla storia della città come il segretario che riuscì a mandare a casa il sindaco Terzo Pierani, rieletto con una valanga di voti. Argomenta: “La situazione la leggo dall’esterno. Credo che il tutto contro tutti faccia parte di un decadimento in corso, che è riuscito a coinvolgere anche un partito come i Ds. Una volta il confronto era sui programmi e sulle questioni di sostanza. Invece, oggi, la lotta non è sugli ideali ed i programmi ma su beghe personali e sulle poltrone”.
Continua Cesarini: “E’ una caccia al potere, quello negativo, deteriore. Sembra paradossale, ma più le forze politiche diventano residuali e più litigano. A Riccione quando c’erano sui 3.000 iscritti, c’era più dialettica e rispetto. Credo, con molta onestà, che questo stato di cose ce le porteremo dietro per molto tempo. Allo stato la capacità di chi fa politica è superficiale, lasciata al caso e non ad una ricerca approfondita: non solo non ci sono più le ideologie ma mancano anche le convinzioni forti. Quelle che fanno distinguere. Soluzioni? Credo, paradossalmente, che bisogna ancora abbassare il livello per poi risorgere: una specie di catarsi politica. Nella società ci sono delle forze, come i girotondini, che si sono rivoltate ai leader di centro-sinistra. Se da questo, con umiltà, si aprirà una fase autocritica, con analisi rigorose per studiare i processi, bene, altrimenti le forze politiche di sinistra diventeranno dei residui, fatte da piccole oligarchie che combattono sterilmente al proprio interno”.
Claudio Battazza, sindaco di Montefiore, uno dei leader indiscussi dei Ds nella Valconca trancia la domanda in due, secco: “Si litiga per una rincorsa alle poltrone. E questa è la verità.. Molti scalpitano per avere un ruolo che forse in pochi riconoscono loro e che neppure si meritano e questo perché mancano leadership riconosciute”.
Se Atene piange, Sparta non ride. Dentro An ci sono tre correnti che se le suonano di santa ragione. Sono Gioenzo Renzi (attuale segretario che guarda ad Alemanno a livello nazionale), Sesto Pongiluppi (che guarda a Urso) e Domenico Barletta (Gasparri). In Valconca già si sta organizzando in circolo territoriale in chiave anti-Renzi. E chi gli chiede le ragioni dei litigi Renzi risponde: “Litigi nel mio partito non ce ne sono. Tutto è tranquillo. Dopo che siamo usciti dal congresso della svolta chi vuol lavorare lo può fare. Se la politica conserva il suo giusto ruolo le ragioni di tipo personalistico non ci dovrebbero essere. Il litigio c’è soprattutto dove c’è il potere, dove sono in ballo le poltrone e dove le decisioni sono nelle mani di pochi. Noi di An non facciamo battaglia per le poltrone che relegano la politica in second’ordine. In politica chi litiga perde il consenso”.
Anche Forza Italia è lacerata da una lotta interna da coltello tra i denti. L’uomo forte Marco Lombardi, uscito vincitore, riducendo al silenzio Gnoli, dice: “Sintetizzando potrei affermare che la litigiosità della minoranza è un brutto vedere ma non fa male a nessuno. Mentre quella della maggioranza arreca dei danni al cittadino. Analizzando meglio dico che il litigio non tocca Forza Italia. Chi dei nostri lo ha fatto è perché deluso o per essersi sentito poco valorizzato, o per la sua linea perdente, ma non per ragioni politiche. Invece, dentro i Ds litigano le due anime: quella social-democratica e quella che vuole riaggruppare la sinistra. Mentre in An ci sono contrapposizioni personali vecchie di 20 anni, sorrette da riferimenti nazionali”.
Riziero Santi, segretario provinciale dei Ds, negli ultimi giorni al centro di un botta e risposta (litigio?) con Sergio Gambini, suo parlamentare: “Credo che il litigio sia fisiologico in questa fase storica di profondi cambiamenti. Il secolo passato si è portato via valori e punti di riferimento. In realtà anche in passato chi faceva politica litigava, solo che il centralismo democratico sfumava molto. Oggi, si è in preda dell’anarchia. Io sono alla ricerca di una via di mezzo, partendo da tre presupposti: la democrazia, la libertà e la responsabilità. L’unità, l’armonia è figlia dei valori e degli ideali. Tutti principi messi da parte per il proprio particolare, per il proprio orto. Se poi aggiungiamo che molti vivono la politica come opportunismo, e non opportunità e spirito di servizio, il piatto del litigio è servito”.
Questo filo d’interviste si chiude con Giuseppe Chicchi, ex sindaco di Rimini: “Le tensioni sono figlie di molti motivi: spesso personali e questo è l’aspetto peggiore. Credo che le liti abbiano spazio per insufficiente chiarezza della linea politica, cioè la mancanza di risposte che la comunità pone, dalla politica sociale a quella dello sviluppo. Altro elemento, la scarsa consapevolezza che siamo entrati nell’era del maggioritario, dove non conta quanto pesa il singolo ma la capacità di fare coalizione: di mettere insieme lo schieramento più ampio possibile. Il problema non di è conquistare voti al centro ma l’ampiezza dello schieramento. Chi litiga mina la capacità di vittoria della coalizione. Aggiungo che il minimo comun denominatore deve essere il punto di equilibrio tra culture diverse. E su questo tutti si devono dedicare. La battuta, si litiga per le poltrone, è interna alla maggioranza dei Ds di Rimini. Non tra la maggioranza e la componente Berlinguer, che ha riproposto il riassetto delle segreteria per tentare una gestione unitaria ed ancora non ha avuto risposta”.

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