[img align=left]http://www.lapiazza.rn.it/giugno/gabicce_pesca.jpg[/img]1961: i sardlèr. Equipaggio del motopeschereccio “Rex” Da sinistra: Emilio Gaudenzi “Burfécia” (capitano), Giuseppe Bontempi “Nugi” (motorista), Enrico Terenzi “Rico Ciprién”, Gino Scappini “Scapèn”, Silvio Morini “Gudiòl” (Foto Centro Culturale Polivalente di Cattolica)
di Dorigo Vanzolini
– Carlo Pritelli, 70 anni, gabiccese, è arrivato alla fine del lungo racconto della storia del padre Sebastiano ‘Tambùr’, definito “il principe sardellero”, perchè fu il primo ad iniziare la pesca della sardina, pesca che negli anni successivi ha avuto larghissima diffusione nella marineria di Cattolica e Gabicce.
“Dopo il fronte mio padre andò da Ercole Pericoli ‘Colino’ che aveva una barca affondata nella darsena. Insieme la tirarono su, la pulirono per bene e l’attrezzarono. La barca si chiamava ‘Iside’, un due alberi che rispondeva bene ai comandi. Mio padre diceva ‘Quant l’è breva sta bèrca’… e si veniva a terra con ‘bolina’ quando avevamo il vento contro di garbino. Pericoli ne vendette 11 carati a mio padre (pagati con i danni di guerra chiesti per il ‘Nuovo Lorenzo’ – affondato a cannonate dai tedeschi nel porto – poi dopo un paio d’anni gli ha venduto i restanti 13 carati. Con questa barca mio padre ha continuato ad andare in mare per lungo tempo e spesso andavo con lui.
Aveva altre due barche: il ‘Piccolo trionfo’, capitano Antonio Cola ‘Rogg’ e l”Emilia Luisa’, paròn Antonio Ercoles ‘Sbrulìn’. Erano due barche a motore per la pesca della sardina. Oltre a queste mio padre ebbe anche due piccole barche per la pesca delle vongole: ‘Oliana’ e ‘Celestina’, quest’ultima venduta poi a Giovanni Pizzoli ‘Gvàn dla Mora’, usata poi come traghetto nel portocanale.
La vela della barca di mio padre aveva un disegno, la punta a tovaglia rossa su campo giallo. Un giorno gli chiesi se era possibile cambiarlo, lui disse di no perchè ormai tutti la riconoscevano. Tra il 1954 e il 1962 fu presidente della piccola pesca a Gabicce Mare. Erano anni difficili e ogni tanto capitava qualche ispettore con pregiudizi nei confronti del sistema cooperativo. Nacque una causa, ma alla fine il Tribunale di Pesaro mandò assolti mio padre e i marinai. Per lui fu una grande soddisfazione. All’età di 65 anni seppure in pensione fece il paròn, per un inverno, a bordo del moto peschereccio ‘Tre fratelli’. L’equipaggio era composto dai fratelli Trebbi ‘Trèbie’, Giovanni, Dante e Dino, insieme ad Eugenio Michelini ‘Gènie ad Muròt’.
Voglio qui ricordare alcuni marinai amici di mio padre. Francesco Magi ‘Gigliola d’Palèta’ che mi liberò da una ‘grancèvla’ che mi aveva preso il dito mignolo. Mi chiamava ‘Carolinghe’. Secondo Pritelli ‘Palutìn’, che un giorno riuscì a disincagliare la barca da solo. Domenico Lorenzi ‘Mangòn dal Raf’, che all’età di otto anni, in mare, mi svegliò all’alba dicendomi di venire a salutare Fabio. Uscì in coperta e rivolgendosi al sole che sorgeva disse ‘Ecco Fabio!’. Così imparai che gli antichi marinai chiamavano Fabio il sole. E poi si mise a cantare: ‘Alzati Fabio, con tutti i tuoi raggi d’intorno dammi la luce che io ti do il buongiorno”.
Ricordo Domenico Lorenzi ‘Mangòn dal Raf’, e Luigi Galimberti ‘Luis al Rimnès’ che riuscirono a farmi passare il mal di mare. Mi diedero un pezzo di pane inzuppato con l’aceto. Appena mangiato vomitai. Subito dopo mi diedero un altro pezzo di pane che vomitai subito… così via per sei volte. Fino a quando, come dicevano loro, il mio stomaco si rinforzò e non patì più il mal di mare.
Mio padre era un antifascista di quelli tosti. Una volta i dirigenti fascisti lo minacciarono di mandarlo al confino. Ma non rinunciava ai suoi ideali socialisti; da giovane fu consigliere nel comune di Cattolica ai tempi del sindaco Giuseppe Berti. Poi venne il fascismo e la democrazia e la libertà finì.
Lui coltivò i suoi ideali stando sempre dalla parte dei più deboli. Carattere straordinario, sempre buono e gentile… mi trasmise i suoi valori, il lavoro, la serietà, il rispetto per le persone più anziane e la famiglia dicendomi: ‘Carlo, quando darai una parola, questa deve valere più di una cambiale, perchè un uomo se è di parola ha un grande valore nella vita. Mi raccomando non venire mai a meno alla parola che darai anche se devi perdere o rimetterci qualcosa. La parola va sempre onorata’.
Era veramente una persona nobile un ‘nobile principe sardellero'”.