Resistenza antifascista… Terra di mezzo, di confine, di emigranti e immigrati, di contaminazioni e di forte ospitalità. Nessun problema di convivenza con gli emiliani, così come con i confinanti toscani, lombardi, veneti, liguri, marchigiani, anzi è stata sempre occasione di reciproco scambio. Ci sentiamo romagnoli, e dalle nostre parti vuole dire essere anche un po’ marchigiani.
Ci si è liberamente dati degli assetti geografico-istituzionali: sono le regioni, già decisivo momento di decentramento amministrativo. La nostra si chiama Emilia Romagna, ciò affermando, già nella denominazione, un reciproco riconoscimento di proprie identità, ma nell’unità. Qui si condividono gli stessi ideali di democrazia, c’è una forte affinità di appartenenza politica, culturale, enogastronomica… si è sviluppata una robusta economia integrata (manifatturiera, agricola…), o articolata: turismo balneare, collinare, termale, pesca, zootecnia…
Insomma gli emiliano romagnoli hanno, senza frizioni, costruito una regione che per qualità di vita e sviluppo economico, occupa i primi posti fra le regioni d’Europa. Cosa di non poco conto. Merito anche della cosiddetta romagnolità, che ha nel suo Dna la capacità di includere e non di escludere, che apre, che ospita, e non chiude o tira su muri.
C’è un capoluogo di regione, Bologna, dove ovviamente passano le decisioni più ampie, e poi esiste la ricca rete del decentramento istituzionale democratico: province, comuni, comunità montane, distretti economici, enti, consigli di quartiere e quant’altro. Ricordiamo che la Romagna rappresenta appena un quinto del territorio dell’intera regione.
C’è chi sostiene che nel gioco della ripartizione delle risorse, la Romagna sia stata penalizzata rispetto l’area nord. E’ vero! Ma la colpa è stata soprattutto dei politici nostrani, che non hanno avuto la capacità di fare allargare i cordoni della borsa. Cosa che da qualche anno ai più, pare si stia recuperando. La forza economica e politica di Bologna, ci ha aiutato, nei decenni più difficili, a rafforzarci e anche a prendere più coscienza delle esigenze più peculiari del nostro territorio.
A questo punto qualcuno la butta in politica, anzi, alcuni partiti si buttano su questa presunta-reale diversità, impugnando il vessillo dell’autonomia, cavalcando un presunto bisogno di riscatto di un popolo, dal giogo di una oppressione tiranna. Esalta diversità, bisogni e origini storiche che gridano vendetta, perchè compresse dall’invasore. La si butta anche sulle diversità etniche, una china, questa, ahinoi! sempre pericolosa. Ma alla fine, gratta-gratta, l’obiettivo è in gran parte quello di cercare di scardinare un’omogeneità politico-amministrativa consolidata da decenni, per conquistare un pezzo di regione e mettere i propri politici sulle poltrone di un altro carrozzone burocratico. Questo sì, poi, a pagarlo saranno i contribuenti romagnoli! Può darsi che con l’autonomia si possa anche disporre di qualche euro in più… ma la domanda è: il gioco vale la candela? Dobbiamo mettere a rischio una convivenza reciprocamente vantaggiosa con uno scontro sulle diversità?
Magari di queste farne pericolosamente un uso esasperato, quando le reciproche diversità, che nessuno ha mai violato, sono state pilastro di crescita e sviluppo? Allora lasciamo perdere le origini, confini più o meno contestabili, padri nobili di presunti “popoli” che invece appartengono a tutti, e cerchiamo di affermare una classe dirigente valida ed efficiente, politici che non si battano ciecamente solo per un qualcosa in più per il loro fazzoletto di territorio.
Li vogliamo invece con le idee larghe, volare alto con una progettualità ampia che sappia valorizzare le micro esigenze, nel disegno più ampio del macro sviluppo. E’ quello che chiedono gli imprenditori romagnoli: più efficienza, più sinergie, meno burocrazia. Su cui insistono i sindacati: sviluppo di un tessuto economico integrato e la garanzia dei diritti e delle tutele per i lavoratori. E’ quello che pretendono i cittadini: servizi, scuole, viabilità, sanità… efficienti e di qualità. L’Emilia Romagna è piena di queste opportunità, anche se si può fare di più e meglio. Ma insieme. Se è necessario si battono i pugni sul tavolo nelle “stanze dei bottoni” e ci si fa rispettare, ma attenti a non rompere un giocattolo che funziona.
Romagnoli lo siamo dentro, cerchiamo di fare sistema, senza dichiarare guerre a nessuno. “Bologna ladrona” non abita qui.