“I tre artisti si muovono su un confine insidiosissimo, sul margine sottile che separa la presenza dall’assenza, l’esistenza dal nulla. Si parla di memoria e della sua perdita, dell’identità individuale e del suo smarrirsi nell’oblio, della sparazione di microstorie irripetibili e uniche che ciascuno di noi reca con sè e del loro affioramento, della loro latenza ‘retinica’, in qualche modo trattenuta come immagine o come evocazione. Tutto il percorso espositivo è concepito come un’ideale metafora del vuoto e dell’assenza, in una parola, del disabitare cui allude il titolo”.