il mio pensiero andava a tutti i bertinottiani di mia conoscenza, sparsi nell’Emilia-Romagna: tutte, senza eccezioni, persone classificabili tra le migliori di questo mondo, per dirittura morale, per livello di professionalità, per nobiltà di sentimenti, per attaccamento all’antifascismo, alla democrazia e alla Costituzione repubblicana. E pensando alle prossime elezioni politiche e ai voti di Rifondazione, assolutamente necessari alla sconfitta di questa becera destra, sentivo pesare come un macigno la difficilmente confutabile tesi di Scalfari: che, cioè, «quel referendum ha un solo bersaglio e cioè Sergio Cofferati», il quale «rischiava di catalizzare una buona parte dei simpatizzanti di Rifondazione comunista tirandoli fuori dal ghetto politico in cui Bertinotti li ha segregati». E mi sono chiesto che cosa pensino di tutto questo i miei amici di Rifondazione, e se non intendano intervenire all’interno del loro partito per ottenere un mutamento di rotta. Questa rotta, infatti, potrebbe fruttare al massimo a Rifondazione un «consolidamento del mezzo per cento in termini di voti e di uno strapuntino in più nell’audience televisiva» (Scalfari).
Come ha affermato Cofferati, quel referendum è assurdo. Si pensi a un’azienduola artigiana di cinque-sei-sette persone che ogni mattina si ritrovano sul lavoro, e al reintegro obbligatorio di uno di loro allontanato dal lavoro perché, magari, ha insidiato la figlia o la moglie del principale, o per altro dissidio privato. Ognuno vede come nessun potere politico possa imporre una convivenza quotidiana divenuta insopportabile in un sì piccolo sodalizio.
Non credo che la accetterebbe l’opposizione sociale, sindacale, giovanile e politica che si riconosce in Cofferati. Si tratta di milioni di voti di cui ha assoluto bisogno il Nuovo Ulivo allargato fino a Di Pietro. Bene ha fatto Cofferati a invitare i promotori del referendum a «fermarsi un attimo a riflettere», tanto più che la Cgil ha raccolto cinque milioni di firme su una prima legge di iniziativa popolare per una riforma degli ammortizzatori sociali che vada ben al di là di quelli che sono i progetti del governo.
Comunque, il lancio di questo referendum ha già prodotto un primo risultato positivo: l’identica reazione di Cofferati e di D’Alema dimostra che può essere aggirato lo stallo manifestatosi nel corso del confronto televisivo tra i due, uno stallo che, se non può essere risolto all’interno dei Ds, può esserlo invece all’interno del Nuovo Ulivo. Ora la Margherita si dota del suo giornale “Europa” e si darà in primavera il suo assetto definitivo mediante il proprio primo vero e proprio Congresso nazionale costitutivo. Per la scelta del leader del Nuovo Ulivo allargato, il tempo a disposizione è ancora moltissimo. Il passo successivo al Congresso della Margherita sarà la formulazione del programma del Nuovo Ulivo, e quello sarà il momento in cui Cofferati e alcuni rappresentanti dei movimenti entreranno a far parte della cabina di regia. Il successivo passo sarà rappresentato dall’allargamento dell’intesa programmatica con Rifondazione, che avrà modo di dire la sua. Non credo, infatti, che essa (e ripenso ai “rifondatori” di mia conoscenza) potrà evitare di preferire il riformismo del centrosinistra, per modesto che esso possa apparire ai suoi occhi, al liberismo reaganiano e thatcheriano di Berlusconi. Non credo, insomma, che essa, presentandosi isolata alle elezioni, vorrà aprire la strada ad un nuovo successo elettorale della destra: subirebbe una débacle mortale.
[b]*Già professore di Storia contemporanea all’Università di Ferrara[/b]