– “Ho iniziato a frequentare la Cassa Rurale nell’ottobre del ’60, nei locali siti nel centro storico di Gradara, all’interno delle mura, nel palazzo delle associazioni cattoliche, in piazza V Novembre. Il cassiere di allora era don Pietro Marcelli, coadiuvato da Gino Guagneli; con attività di banca riservata ai soli soci. Nell’aprile del ’61 avvenne la mia assunzione a tempo indeterminato, con periodo di prova di 6 mesi e ci fu il trasferimento nei locali fuori dalle mura, in borgo Mancini, più accessibili alla clientela. Il trasloco avvenne in una mattinata. Come mezzo di trasporto venne utilizzato un’Ape, nel quale furono caricate una calcolatrice manuale Olivetti ed una macchina per scrivere Olivetti, pure manuale, il giornal mastro all’americana, la primanota, il libro soci e diverse cartelle d’archivio. Il trasloco fu per me un simpatico avvenimento; correvo dietro all’Ape condotto da Piercarlo Bertozzi, recuperando i fogli che volavano per l”alta velocità’.
Ci fu un grande impegno da parte mia e da parte di Gino Guagneli per portare avanti la piccola cassa che allora era veramente piccola. Il presidente era il ragionier Antonio Ceccarelli, fratello di quel don Raffaele fondatore della Cassa Rurale di Gradara. Alla direzione della Cassa, fino al ’60, si alternarono diversi sacerdoti. Gli ultimi da me conosciuti: don Armando Paci e don Pietro Marcelli.
Un aneddoto curioso di cui venni a conoscenza fu che la Cassa ebbe parecchi anni prima del mio arrivo la gestione della tesoreria del Comune di Gradara; servizio al quale rinunciò non sopportando le bestemmie da parte dei contribuenti in fila che imprecavano contro le tasse da pagare. Occorre, a tal proposito, non dimenticare che il cassiere era un sacerdote. L’orario era sulla carta; nella realtà si era disponibili a richiesta del socio-cliente.
In 42 anni ho collaborato con 4 presidenti: Antonio Ceccarelli, Terenzio Betti, Renzo Liera (il più longevo, nella carica) e Fausto Caldari. Ci sono state 10 ispezioni della Banca d’Italia; l’undicesima, in corso, si è insediata il 23 aprile, alcuni giorni prima del mio esodo.
La Cassa effettuava, come oggi, gite sociali: Firenze, Pisa, Lago Maggiore e la vicino Locarno, la Jugoslavia con visita alle grotte di Postumia e alla città di Lubiana, Padova, Venezia. Per quest’ultima, gli occupanti del pullman, me compreso, furono chiamati a spingere il mezzo in autostrada causa una rottura. Un’altra volta, sempre per rottura, ci fu il trasbordo da un mezzo all’altro. Durante le gite capitava di perdere qualche socio, costretto poi a rientrare con altri mezzi. La voce si era sparsa. Un socio, un certo Antonio Manelli da Fanano, il lunedì mattina veniva in banca ed apostrofava: ‘Franco, quanti dispersi avete avuto questa volta?’. E giù commenti a non finire. Sempre negli anni sessanta, all’una, una e mezzo del mattino, il gestore dell'”Hostaria del Castello” (locale che abitualmente frequentavo), infilava l’incasso in un sacchetto e me lo affidava. Il mattino dopo, la prima operazione era contare il danaro. Altri tempi”.
Negli anni ’60 le mansioni comprendevano quelle di contabile, archivista, uomo di fatica, come quando arrivavano i calendari, le agende e gli stampati che occorreva scaricare e riporre in archivio ed il carbone che alimentava la stufa. Tutto però veniva fatto con passione. La prima rapina fu nell’attuale sede centrale nel ’77, dove c’era lo sportello operativo, in seguito spostato in via Mercato.
Nel ’75, la sede venne trasferita in via Cattolica 20, dove ancora si trova. Con Guagneli ho lavorato fino al ’91; insieme aprimmo la prima filiale, a San Giovanni in Marignano; era l’anno ’87. In più di 40 anni quello che non era che uno sportello mono cellulare con due dipendenti (Guagneli-Magi) è diventata una struttura di 8 filiali, con 60 dipendenti”.