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E’ tradizione che ogni anno ci sia il cosiddetto quadro di San Gregorio. L’amministrazione comunale incarica un pittore per un’opera, che poi diventa il manifesto della manifestazione. Quest’anno è stato scelto Franco Azzinari, un’artista molto conosciuto ed affermato, che abita a Morciano. Ed a differenza degli altri anni (se non con Giordano Leardini), Azzinari ha messo sulla tela Morciano con i colori della sua natura, i suoi tetti, i suoi campanili, le sue atmosfere. L’idea è stata bella; andrebbe riproposta anche negli anni a venire. In questo modo si avrebbero dei documenti artistici su Morciano e la sua fiera. E con gli anni, il Comune va ad arricchire la sua speciale pinacoteca di San Gregorio.
– Non si è mai soli con la pittura di Franco Azzinari. I suoi campi di grano, avena, erba, fiori “selvaggi”, gli ulivi, i cieli, i mari, alla viva arsura del vento e del sole estivo, ti accolgono con lo stesso slancio con il quale una madre abbraccia il figlio. Tutto avviene in modo disinteressato, dolce, misterioso. Ti conducono per mano, grano ed avena, erbe e fiori, cieli e mari, con complicità ed amicizia.
La natura, con i suoi orizzonti, con la sua bellezza unica, assoluta ed irripetibile, è il tutto ma viene violata dall’uomo con una rabbia incomprensibile: una vendetta, la sua, contro la silenziosa perfezione? Franco Azzinari è il giardiniere esperto che sa tutto della natura ed ha la capacità di trasmetterlo tutto questo, con una semplicità ed un’energia apparentemente di pochi movimenti: quelli inutili li ha scalpellati via con il lavoro, la passione, la pazienza, non meno che il talento.
Combatte la sua speciale battaglia e dice con quella profondità che solo i poeti sanno svelare: “La natura è grande ma che cosa si cela dietro questa grandezza? Le leggi della fisica, della biologia, riescono a raccontare ma non a spiegare. C’è qualcosa di arcano che ci porta, attraverso i percorsi misteriosi della vita, a Lui, al Creatore di tutte le cose. Dio”.
Calabrese di origine, Azzinari si sente discendente diretto della cultura della Grecia classica e del suo Mediterraneo. E nelle sue tele è inciso sia la Grecia dei miti, dei filosofi, sia il Mediterraneo. Se la sua musa principe è la Calabria, il filo arriva lontano fino alla classicità, dove nell’arte c’era vita, movimento, l’essenza dell’esistenza. Di lui, Azzinari, hanno scritto prestigiosi intellettuali: Miguel Barnet e Giorgio Celli, Sergio Zavoli e Susanna Tamaro, Raffaele De Grada e Gianni Minà. Tutti affascinati da quello che c’è dentro il quadro e quello che c’è fuori: nell’io di chi guarda. E dalla capacità di trasmettere la mobilità dell’aria, dell’erba, del cielo, degli alberi, delle cascine (con l’uomo dentro ma invisibile) in armonia con le pieghe della terra.
Gli ultimi lavori di questo raffinato giardiniere della tela, che dà del tu alle piante, che le conosce per nome, che le sa osservare e che attraverso di loro alza gli orizzonti per cercare di spingersi fino ai confini dell’universo, sono i paesaggi estivi. Con il sole alto a mezzogiorno, pieno di luce, senza ombre: per scrutare meglio. E nel sole è concentrata la vita, e nelle piante con i frutti maturi ci sono centinaia, migliaia, milioni di vite pronte a nascere.
L’inno di Azzinari alla madre natura ha l’ambizione di sussurrare all’anima dell’uomo moderno sempre più solo, sempre più contorto, sempre più lacerato che il senso della vita, che risponde alla domanda che cosa serve l’uomo? sta nella semplicità e grandezza della terra. E che il punto di riferimento deve essere la natura: senza, l’uomo è sempre ad un passo dalla fine.
I suoi colori, come le emozioni, hanno la forza di essere liberatori, palpitanti, leggeri. Accordi musicali che non ti fanno invecchiare e che nell’anima mettono a dimora alberi che se accuditi giorno dopo giorno, anno dopo anno, cresceranno forti e sereni. Adulti avranno lo spirito giusto per generare altri alberi forti, liberi e sereni sotto un solo estivo, come solo il Mediterraneo e quel filo greco sanno regalare.