Giuseppe Roberti (Peppe per gli amici), a 39 anni, dall’89 al ’92, è stato un uomo molto potente, tra i più potenti d’Italia. Era il segretario di Nino Cristofori (corrente di Giulio Andreotti), vice-ministro della Democrazia Cristiana. Il suo potere è stato travolto da tangentopoli. Cinquantatré anni, sposato, un figlio, passione per il tennis, un vestire di sobria eleganza, è colto quanto arguto. Dialettica raffinata, sa trarsi d’impiccio anche con una platea contro. Negli anni ottanta insegnante, durante uno sciopero dei ragazzi delle superiori di Morciano prese la parola e zittì lo scalpitante brusio giovanile, portandesolo sulla sponda delle proprie ragioni.
Se al vertice del potere è arrivato giovanissimo, in politica è approdato relativamente tardi, a 21 anni, quando diventa consigliere comunale a Montefiore Conca. Ricorda: “Allora, come oggi, c’era da dare una facciata di rinnovamento ed allora si disse di vedere di mettere qualche giovane in lista. Ed in tutti i congressi la nomenclatura ha sempre parlato di rinnovamento, di avvicinarsi al paese reale, che c’era un distacco con la gente”. A Morciano dal ’77, dal ’90 al ’95 è stato anche consigliere provinciale.
Come se l’immaginava la politica?
“Dall’89 al ’92 è stato, da parte mia, un momento di forte osservazione dal di dentro. Devo dire che non me la immaginavo rispetto a come l’ho trovata. Avevo un’idea del potere più nobile, più forte, più aristocratico. Invece, anche a Roma c’era il giochino degli uomini. Insomma, non era così grande, per la semplice ragione che l’uomo è sempre uomo. Credevo che il deputato fosse un uomo di potere, pieno di opportunità, invece a Roma era completamente perso. Su 950 deputati i giochi erano fatti da pochi, ma per quanto pochi erano sempre più di oggi. Anche se non entravano nei grandi giochi, fatti da una cinquantina di persone e trasversali ai partiti, portavano le piccole e grandi istanze della periferia. Si interessavano dalla pensione che non arrivava fino alle opere di viabilità o strutturali. E devo affermare che questo non è negativo, perché è pur sempre mediazione e la mediazione è il senso della politica. Oggi, i parlamentari sono scollati dalla società che li elegge. Vengono scelti dal potere centrale. In Forza Italia, come negli altri partiti, sono in 2-3 a decidere tutto: si è allontanata l’istanza della pensione ma anche i grandi problemi di un territorio”.
Quali sono le differenze tra oggi ed ieri?
“La prima repubblica era logora, ma i padri fondatori avevano dato le migliori regole possibili alla democrazia. Col proporzionale hanno gettato via acqua e bambino. Andava limitato il potere dei partiti, dei piccolini. Invece, ci sono più partiti e la gente che non partecipa più. L’idea di fondo che democrazia è partecipazione. Quindi, deduco che questa repubblica è meno democratica di quella di prima. Col sistema proporzionale non avremmo né Forza Italia, né la Lega al governo”.
Come si misura il consenso?
“La democraticità non si misura col consenso. Chi governa si sa accattivarsi le simpatie del cittadino, sa condizionargli la vita, facendo leva su molti fattori: da quelli ideali fino alla necessità. Torna forte, ‘Il potere logora chi non ce l’ha’, la massima di Andreotti”.
Il livello dei politici è migliorato o peggiorato?
“Regole diverse fanno emergere politici di estrazione sociale diversa. Nella cosiddetta prima repubblica i parlamentari a stragrande maggioranza arrivavano dalle associazioni di categoria e dalla pubblica amministrazione. Oggi, invece, arrivano dalle libere professioni. Nella prima l’elezione era dovuta al cittadino, ora al capo che ti sceglie. Io sono nell’Udc perché è il partito cattolico più omogeneo ed è quello che più di altri ha una cultura democratica cristiana. Gli altri partiti con gli ex democristiani sono un minestrone. Il nostro è un partito di centro vero che potrebbe stare anche col centrosinistra”.