– Il maestro Guerino Bardeggia ci ha improvvisamente lasciati la sera del cinque gennaio scorso. Sessantasei anni, lascia la moglie e tre figli. Era uomo profondamente libero che si è potuto esprimere altrettanto liberamente nella sua arte grazie ai suoi talenti naturali. Bardeggia inizia a disegnare e dipingere sin dall’infanzia, dedicandovi il tempo destinato ai giochi; a quell’epoca solo l’insegnante di disegno Teresa Morbioli, docente alle scuole medie di Cattolica, intravvede e intuisce il grande talento del giovanissimo allievo e lo segue anche privatamente stimolandolo con entusiasmo.
Superando l’ostilità della famiglia, motivata anche dalle non floride condizioni economiche, riesce ugualmente a frequentare la scuola d’arte di Urbino, dove perfeziona la tecnica badando ad affinare il suo originalissimo stile senza lasciarsi coinvolgere da altri “schemi” o “correnti”, tanto che spesso viene inutilmente “richiamato all’ordine” dagli insegnanti. Lasciata Urbino, inizia una feconda lunga stagione artistica che ci ha dato opere di incomparabile bellezza, stagione purtroppo conclusa prematuramente con la sua morte terrena.
La sua arte, che affonda le proprie radici nei secoli d’oro della pittura italiana da Giotto a Caravaggio, si esprime in un linguaggio originale e moderno capace di trasmettere sentimenti ed emozioni che, nella caotica e spesso banale arte moderna, si erano persi da tempo. Nessuno può restare indifferente di fronte alle sue opere: si va dall’ammirazione estatica alla più forte repulsione, sino a casi di vere e proprie sindromi. Questo perchè Guerrino Bardeggia è stato capace di rappresentare la complessa realtà dell’uomo d’oggi: la sua cattiveria, le tragedie che spesso ha provocato, la sua distruttività, ma anche le sue conquiste, le sue gioie, le sue speranze, i suoi momenti di intima felicità; il tutto in una dimensione di fede e di “Oltre” come lui amava spesso ripetere.
Bardeggia era un uomo ed un artista profondamente permeato di Fede e religiosità sentite e vissute senza ogni forma esteriore di bigottismo; una religiosità tale, che mentre dipingeva o modellava, sembrava avesse un collegamento diretto col Trascendente. Spesso diceva che le sue mani andavano per loro conto sulla tela o sulla creta, indipendentemente dalla sua volontà. Sembra incredibile, ma non potrei fare questa affermazione se non l’avessi visto molte volte con i miei stessi occhi.
I cicli pittorici dedicati al Genesi, all’Apocalisse, ai Vangeli, le bellissime Vie Crucis, sono di un’intensità sbalorditiva e danno tutto il senso religioso dei libri da cui sono ispirati, forse anche di più. Nell’orazione funebre un sacerdote ha giustamente affermato che forse il Maestro è riuscito a rappresentare il volto di Dio così come egli lo vedeva percepito. L’ultimo suo ciclo pittorico, ventidue grandi dipinti ispirati all’Inferno dantesco, ha riscosso un enorme successo: solo all’ultima mostra pubblica a Ravenna sono affluite più di 5mila persone.
La morte di Guerrino Bardeggia lascia in chi ha avuto il privilegio di conoscerlo e condividere la sua amicizia, un vuoto enorme, compensato però dalla ricca eredità spirituale ed artistica, perchè il Maestro ha sempre dato a tutti a piene mani senza quasi mai ricevere nulla in cambio. Basti qui ricordare solo le centinaia di opere date per vendite di beneficenza, di monumenti e lavori per enti pubblici. Il cordoglio per la sua scomparsa è stato unanime e numerosissime sono state le manifestazioni di stima e partecipazione.
Ora tutto è finito. Di lui resta la sua incomparabile e sublime arte che, prima o poi, sarà riconosciuta e giustamente valorizzata anche dai grandi circuiti mercantili che egli in vita aveva accuratamente rifiutato perchè troppo geloso della propria libertà espressiva. Grazie Maestro. Grazie di tutti i tuoi insegnamenti di vita e di tutte le emozioni che ci hai dato e continui a darci attraverso la tua arte.
di Carlo Tabellini