– Lo straordinario e meritato successo di pubblico delle conferenze organizzate a Misano dal bravissimo Gustavo Cecchini mi spinge a suggerire a quest’ultimo, per il prossimo anno, un ciclo filosofico-storico sull’appassionante e quanto mai attuale questione delle prospettive dell’introduzione della democrazia nei paesi musulmani del Medio Oriente.
Sarebbe bellissimo vedere tale ciclo inaugurato da uno studioso del calibro di Franco Cardini, storico di destra che il sottoscritto stima assai per la sua preparazione e il suo anticonformismo, che nell’ambito della cultura di destra fanno di lui una mosca bianca, una rara avis.
A mo’ di provocazione, vorrei far partire dalle colonne della “Piazza”, che guarda caso si pubblica a Misano Adriatico, una sorta di ? antipasto. Penso cioè, in generale, a quella che a me pare una assai difficile conciliabilità di democrazia e religione fino a quando quest’ultima vigoreggia con grande forza e detta le norme del vivere civile: il caso, appunto, di Irak, Iran, Siria, Afghanistan, Pakistan. E ritengo perciò che Bush e i neoconservatori statunitensi si illudano se davvero pensano di convertire in tempi relativamente brevi qualcuno di quei paesi alla democrazia.
Dio mio, può darsi che internet e globalizzazione possano anche compiere il miracolo, ma so per certo che in Europa e in America ci sono volute centinaia di anni prima di costruire istituzioni democratiche, e ciò perché hanno impiegato secoli l’appannamento dei sentimenti religiosi e quel processo che è passato alla storia con il nome di secolarizzazione (ovvero laicizzazione, ossia, ancora, emancipazione delle società e degli Stati dall’influenza delle confessioni religiose, in primis quella cattolica).
La secolarizzazione delle istituzioni e dei sentimenti è stata infatti l’ingrediente principale della democratizzazione in Europa e nelle colonie inglesi d’America, fino alla proclamazione, quando queste sono divenute Stati Uniti, del principio della netta separazione tra Stato e Chiese.
Abbiamo avuto anche noi sciiti e sunniti, ossia per esempio, nel campo del cristianesimo, cattolici e calvinisti (Ugonotti in Francia). Ma quanto tempo c’è voluto, perché sugli uni e sugli altri si imponesse l’autorità superiore dello Stato laico, quale recentemente ho sottolineato nella politica del cardinale Richelieu!
Oggi tutti gli opinionmakers e i giornalisti continuano a menzionare sciiti e sunniti come se si trattasse di due popolazioni separate sotto il profilo etnico, senza minimamente rendersi conto dell’esplosiva forza ideologica delle loro contrastanti tendenze in campo musulmano. Di più: senza studiarne i contenuti confessionali e le conseguenti logiche politiche. Ma mi fermo qui, sperando prima o poi di potere ascoltare Cardini.
Alessandro Roveri, professore di Storia contemporanea all’Università di Ferrara