– “La filosofia va studiata non per amore delle precise risposte alle domande che essa pone, poiché nessuna risposta precisa si può, di regola, conoscere per vera, ma piuttosto per amore delle domande stesse; perché queste domande allargano la nostra concezione di ciò che è possibile, arricchiscono la nostra immaginazione e intaccano l’arroganza dogmatica che preclude la mente alla riflessione; ma soprattutto perché grazie alla grandezza dell’universo, che la filosofia contempla, anche la mente diviene grande, ed è resa capace di quella unione con l’universo che costituisce il suo massimo bene”. Così nel 1912 scriveva Bertrand Russell ne “I problemi della filosofia”.
E così, forse, si spiega la “domanda di filosofia” che sgorga dal mormorio interiore delle numerose e crescenti presenze agli incontri di Misano, curati sapientemente e con arte maieutica da Gustavo Cecchini, incontri che sono quasi appuntamenti amorosi che cercano di dare qualche preziosa indicazione nella difficile ricerca di senso e di identità in un periodo storico segnato dalle logiche di un delirio di interessi e da una povertà di valori e punti di riferimento: sintomo di una condizione umana intrinsecamente carente, povera dentro.
Sono domande dal quotidiano e sguardi diversi sui grandi temi dell’uomo che trascinano persone di ogni età, cultura, religione e condizione sociale ad incontrarsi per ascoltare, per vedere oltre, Visioni appunto, e si ritrovano come gli attori di Incontri ravvicinati di terzo tipo di fronte ai linguaggi dell’anima, alle inquietudini del pensiero, all’ansia della scienza e alle apparizioni di chi sa inventare nuove strade, nuove logiche o, più semplicemente, offre antiche passioni, o ancora, sa portare la vita di Dio nella sapienza umana lungo il segno della nostalgia o delle cave della nostra memoria.
Non c’è meraviglia in questa ricerca di meraviglia, se ancora la filosofia nasce dallo stupore; o forse la meraviglia sta nell’agorà ritrovata, nella piazza raccolta, nello stare e ascoltare insieme in una diversità provocatoria che arricchisce quelle parti vuote dell’animo che non hanno appartenenze pregiudiziali e sanno, invece, fissare lo sguardo oltre le illusioni dell’avere e dentro i gusti e i sapori dell’essere.
È un incontenibile flusso di persone, incantati cercatori di perle preziose, rassegnati rabdomanti di sorgenti nascoste che vogliono placare le seti di un mondo frastornato dall’apparenza e dal consumo della libertà, angosciato dall’orrore del nulla e dal terrore dell’oscurità, ma bisognoso di essenzialità, di passione e di luce metafisica.
Tutto, o quasi, per amore delle domande stesse: perché ogni domanda apre orizzonti sconosciuti, esprime nuove dimensioni relazionali, oltrepassa e squarcia i veli e le soglie del mistero della vita e indica quel percorso verso i confini dell’anima che costringe l’uomo, attraverso l’esperienza di alterità, a desiderare l’annuncio originario e sorgivo dell’essere: misteri che atterriscono, forse, ma che fanno sentire nell’intimo di ciascuno ciò che si sottrae anche al pensiero e che sa rinnovare ogni presunta verità.
*Frate dei Servi di Maria, nonché direttore dell’istituto San Pellegrino
di Benito Maria Fusco*