Nel corso dei 50 anni tutti i cittadini hanno avuto modo di apprezzare gli spettacoli e i personaggi che si sono succeduti nel gruppo. La lettura del libro, che racconta la storia, coinvolge il lettore nelle stesse emozioni, preoccupazioni, ansie e gioie provate dagli interpreti e dai dirigenti nel corso dei lunghi anni.
Tra i numerosi progetti presentati per la realizzazione grafico-editoriale del libro, eseguiti dagli studenti dell’Istituto d’Arte di Urbino “Scuola del libro”, è stato prescelto quello di Chiara Pedini.
Una segnalazione particolare per il progetto è andata a Raffaella Righetti di Cattolica.
Tra le tantissime cose ricordate, un angolo viene riservato ad Italo Melle. Giovane attore dalle grandi idee e infinite risorse. Proveniva, con Glauco Mauri, dal famoso vivaio artistico del gruppo “Pier Giorgio Frassati” operante nel teatrino di via Castelfidardo. Per i due, inseparabili, già si pronosticava un grande futuro di successi teatrali quando, purtroppo, per Italo la carriera verrà troncata bruscamente da un tragico incidente mortale. L’importanza del personaggio è tale che merita un ricordo narrando un episodio.
Negli anni ’40-’50 frequentando la colonia estiva “Villa Marina” con Glauco Mauri, Italo Melle, Ulrico Schettini (futuro pittore, ceramista “Da Montefiore”) ed altri, maturò l’idea di organizzare una recita da rappresentare ai ragazzi delle colonie. In breve fu allestita una commedia e distribuite le parti. Una cosa alla buona, ma che il duo Mauri-Melle seppe trasformare in un memorabile avvenimento.
Sin dalla prima recita allo “Zandonai” il collegio che don Pietro Damiani aveva istituito per i ragazzi profughi giuliani e dalmati, lo spettacolo si rivelò un dialogo tra Italo e Glauco. C’era troppo mestiere dentro di loro per sottostare alle leggi di un fragile copione. I due, affiatatissimi, davano vita ad uno spettacolo nello spettacolo, con improvvisazioni dell’uno raccolte dall’altro, che rilanciava in una girandola di situazioni esilaranti. Non c’era la “spalla” del teatro di rivista che contraddice il comico per dargli la “battuta”, ma entrambi erano le due cose nello stesso momento che si rimbeccavano, a braccio, alla maniera degli attori della Commedia dell’Arte, ma senza un minimo di canovaccio. Noi, gli altri “attori” ci siamo adattati a far da contorno godendoci il fuori programma. Il pubblico entusiasta non si è neppure accorto della diversa piega che aveva preso la commedia.
Visto il grande successo, la recita venne ripetuta, con grande nostro diletto, in una tournée attraverso le varie colonie estive di Novilara, Candelara ed altri minuscoli centri del circondario di Pesaro e romagnolo. Dall’elenco degli attori susseguitisi alla “Piccola Ribalta” vanno citati altri due grandi dello spettacolo: Ave Ninchi e Giusi Raspani Dandolo.
I Ninchi, specie nella zona, non hanno certo bisogno di particolari presentazioni. La bravura e la simpatia di Ave, inoltre, venivano ampiamente diffuse dal cinema, teatro e televisione. Meno conosciuta dal grande pubblico Giusi Raspani Dandolo, una caratteristica eccezionale che canta e recita passando con disinvoltura dal teatro classico a quello leggero. Nel 1956 veniva chiamata alla “Piccola Scala” di Milano per interpretare “L’Opera da tre soldi” di Bertolt Brecht e Kurt Weill, con Andreina Pagnani, Ernesto Calindri, Mario Carotenuto, Tino Carraro e Milly, in una leggendaria rentrée allestita da Giorgio Strehler. Giusi Raspani Dandolo passava poi alla commedia musicale “Angeli in bandiera” con Milva e Gino Bramieri. Quindi in “Ciao Rudy”, variazione sul mito di Rodolfo Valentino, con Paola Borboni, Giuliana Lojodice, Paola Pitagora, Raffaella Carrà, Olga Villi, Minnie Minoprio e il superdivo Marcello Mastroianni con le musiche di Armando Trovaioli. Nel 1957 partecipa con Franco Parenti e Luisa Rossi alla rivista da camera “I pallinisti”.
di Sergio Tomassoli