– Il cattolichino Cesarino Romani è l’unico assessore provinciale della Valconca. Verde, è anche l’unico consigliere provinciale mandato da Cattolica a Rimini. Quarantanove anni, sposato, due figli, insegnante, dal 2002 ha ricoperto il ruolo di assessore provinciale all’Ambiente. Nel ruolo il presidente Nando Fabbri lo ha riconfermato, affidandogli anche le aree fluviali e la Gestione integrata della zona costiera.
– “La provincia di Rimini non può diventare una Montecarlo. E’ un futuro insostenibile. Va perseguito uno sviluppo in grado di coniugare ambiente ed economia”. Questo sarà il terreno sul quale lavorerà nei prossimi 5 anni Cesarino Romani, riconfermato da Nando Fabbri, presidente della Provincia di Rimini, alla guida dell’assessorato all’Ambiente.
Continua nell’argomentazione Romani: “La cosiddetta impronta ecologica sul nostro territorio è 7 volte superiore alla propria capacità naturale di produzione. Dove per impronta si intendono i consumi di acqua, produzione di anidride carbonica, consumi dell’ossigeno. Insomma, è come se una famiglia guadagnasse un euro e ne spendesse allegramente e senza riflessione 7. E se qualcuno consuma soltanto, vuol dire che da qualche parte qualcun altro sta lavorando anche per te”.
“E proprio per questa impronta, per la pressione dell’uomo sul territorio (una delle zone più popolate d’Italia per chilometro quadrato), per l’urbanizzazione ed anche per la quantità di benessere presente – prosegue Romani – la nostra scommessa di sviluppo va ricercata nel cambio di direzione. Che va effettuato in modo costante, serio, tranquillo, cercando di coinvolgere il cittadino. Dunque: creare azioni che possano conservare il benessere e ridurre i consumi naturali. Ad esempio, attraverso il foto-voltaico è possibile continuare a produrre energia senza sprecare l’energia. Un altro esempio forte potrebbe essere sprecare meno acqua attraverso un suo riutilizzo. Affinché tali risparmi possano effettivamente essere apprezzabili dobbiamo modificare le nostre abitudini. E credo che il compito fondamentale dell’amministrazione provinciale sia quello di sensibilizzare i cittadini e di effettuare piccoli interventi, prima di affrontare le grandi questioni. Altrimenti l’ecosistema rischia di rompersi ed il nostro ruolo è come quell’uomo che con le dita tappa i buchi di una botte, quando dall’altra parte c’è chi apre delle falle con l’accetta”.
“Un altro elemento forte del nostro futuro sarà l’urbanizzazione del territorio. I 20 comuni della provincia attraverso la propria legge urbanistica il Prg (Piano regolatore generale) prevedono di costruire un 36 per cento in più rispetto all’esistente. Insomma, rispetto a quello che si dice andiamo esattamente nella direzione opposta. La mia opinione è che se non mettiamo un freno a questa crescita senza qualità il sistema Rimini collassa: non regge l’aria (troppo inquinata), non regge la terza corsia (troppo traffico), non regge il sistema scolastico. La riflessione è che il nostro sviluppo va completamente ripensato attraverso un altro percorso: il Riminese non può seguire le orme di Montecarlo. Avremmo conseguenze serie anche sul turismo: impossibile venderlo. Con il gusto per la cementificazione della nostre spiagge abbiamo raggiunto un’autentica contraddizione: piace anche. E’ come rimpinzare un figlio di nutella: buona per carità, ma in piccole dosi.
La nostra vera svolta deve essere culturale. Solo così l’interesse generale può andare a coincidere con quello personale. Al momento si ha che l’interesse del mattone scarica una caterva di costi sulla comunità”.
Continua la sua argomentazione Romani: “I soldi, inoltre, devono prendere la strade del più debole: l’entroterra. Non è possibile che i paesini si debbano sacrificare per la costa. Il mio compito, insieme all’amministrazione, è far crescere il concetto di sostenibilità, del limite, del finito. Per farlo abbiamo bisogno della sensibilità del cittadino. Dove per sostenibilità si intende chi riesce a reggersi da solo. Naturalmente nelle nostre contraddizioni di sviluppo ci sono le eccellenze: la Fiera di Rimini, il palazzo dei congressi da fare, l’aeroporto. Però se abbiamo questo dobbiamo rinunciare a qualcosa d’altro. Discorso articolato, complesso, difficile: la nostra sfida”.
di Giovanni Cioria