Da qualche tempo i delfini sono alla ribalta delle cronache mondiali: prima, la straordinaria operazione di salvataggio di un gruppo di ragazzi da parte di un branco degli amati cetacei che li ha protetti dall’attacco di uno squalo bianco, in Nuova Zelanda, poi il misterioso spiaggiamento sulle coste della Tasmania. Ma qualcosa è avvenuto anche nelle nostre zone. Circola voce che una motopesca, al largo di Rimini , abbia involontariamente catturato 4 esemplari di tursìopi, delfini sulle due tonnellate appartenenti a una specie particolarmente intelligente e addomesticabile e di cui è ricco l’Adriatico. Ne è stata chiesta conferma a Paolo Masi, da oltre 40 anni esperto sub e fondatore, allora, del primo gruppo professionale di sub, operativo tra Ravenna e Ancona. Ha fatto immersioni in tutti i mari del mondo e ha raccolto più di 6.000 diapositive che lascerà ad un istituto di biologia marina. Grande conoscitore dell’Adriatico che definisce “il mio mare” e che per lui è anche il più bello, amico dei pesci ma anche dei pescatori, è sempre molto informato sulle storie di mare. Sa che i pescatori hanno un rapporto conflittuale con i delfini: da una parte ne sono affascinati per la grazia e per l’intelligenza e dall’altra ne sono spaventati per i danni che possono provocare a reti e pescato. Masi dice che un branco di delfini sono percepiti dai pescatori come una nube di cavallette da un contadino. Egli precisa: “So che molti pescatori non sono sempre teneri con i delfini perché la loro presenza in una zona di pesca, spaventa i pesci e produce come una bonifica per cui spesso sono così vanificate intere giornate per la ricerca del pesce”.
Ha saputo della cattura dei 4 delfini?
“Certo. E’ avvenuta una decina di giorni fa al largo di Rimini. so che 4 tursìopi sono incappati sfortunatamente nelle reti di un peschereccio e, non potendo risalire per respirare, sono morti. Quindi sono stati ributtati in acqua perché la loro commercializzazione è proibita”.
E’ al corrente di altre catture?
“So che recentemente è capitato a un peschereccio di Cattolica di tirarne su uno che poi è stato subito liberato e rigettato in acqua, consentendogli di sopravvivere. Una storia più triste invece è capitata, sempre a pescatori cattolichini, poco tempo fa. Un piccolo di delfino finì nella rete e lì vi morì. La madre si avvicinò alla barca per reclamare il figlio e i marinai lo gettarono in mare. Lei tentò di rianimarlo spingendolo con il becco ed emettendo dei veri e propri lamenti di disperazione, ma non ci fu niente da fare. Fu un episodio molto commovente anche per i marinai che non possono considerare i delfini amici della pesca anche perché spesso quando questi animali sono in presenza di pesce facile e abbondante, si eccitano tanto da riuscire a rompere col becco le reti, facendo perdere tutto il pescato alla barca. Il marinaio si sente quindi autorizzato a difendere il proprio lavoro, dal mare trova il suo sostentamento e a volte si trova a combattere una guerra che non vorrebbe: rinunciare alla propria pesca o liberarsi di uno scomodo ‘nemico’? Certo che è difficile ipotizzare un delfino in questi termini. Egli ha con l’uomo un legame misterioso, spesso atteggiamenti ‘umani’che quasi c’imbarazzano. I delfini divertono bambini e adulti nei parchi acquatici, sono utilizzati nella terapia dei soggetti autistici, salvano persone dagli attacchi degli squali, amano la vicinanza dell’uomo come Filippo nel porto di Manfredonia. Non si può ucciderli?”.
Conosce altre storie di delfini?
“Una storia vera che sembra una favola. Mi fu raccontata 20 anni fa da Mariola, un famoso marinaio di Cattolica, scomparso da tempo. Il fatto avvenne quando prima delle ‘volanti’, operavano le lampare. Una notte un piccolo di delfino fu catturato nella rete della lampara. I marinai pensarono di portarlo al delfinario di Cattolica, ma la mamma si fece sentire: iniziò a girare intorno alla barca ‘gridando’ minacciosamente come per intimare ai marinai di restituirle il suo piccolo e come impedendo loro di proseguire. I pescatori furono così sorpresi e spiazzati da tale umano comportamento, che mossi da compassione, rimisero il piccolo in mare. Mariola riferì che la madre, allora, si mise a fare grandi salti (di gioia) emettendo suoni simili a una risata e poi se ne andò via felice con il figlio accanto”.
Una bella storia a lieto fine ma forse rara. Cosa succede invece nella maggioranza dei casi?
“Succede che chi lavora in mare cerca di eliminare i danni alla propria attività e i metodi a volte sono cruenti. Tuttavia il pescatore fa certe scelte a malincuore”.
Non c’è una soluzione buona sia per il delfino che per il pescatore?
“Penso che si possa risolvere questo conflitto con un aiuto che ci viene dalla tecnologia. Basterebbe dotare tutte le motopesca di un dispositivo in grado di riprodurre il suono-segnale emesso dall’orca marina, nemica del delfino. Questo farebbe scappare in altre direzioni i nostri simpatici amici?e tutti sarebbero felici e contenti. Non vale la pena tentare?”.
Baldi inventori, mettetevi all’opera! La vita di molti (!) nostri delfini è nelle vostre mani. E’ noto che il delfino sia amico dell’uomo. Facciamo che anche l’uomo sia amico del delfino
di Wilma Galluzzi