– Cagnacci, Guercino, Giorgio Picchi, Palma il Giovane, Pasquale Ottino, Pietro Ricchi, Pomarancio, Guerrieri, Arrigoni, Centino, e, ormai alla fine del secolo, Pronti e Leoni, cui si aggiungono sculture e preziose oreficerie. Questi artisti e molto di più rappresentano “Seicento inquieto. Arte e cultura a Rimini fra Cagnacci e Guercino”. Inaugurata lo scorso 27 marzo a Castel Sismondo, possibile grazie alla sensibilità della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, i battenti chiuderanno il prossimo 27 giugno. Attraverso l’esposizione si seguono due strade: la cultura come momento di crescita civico e la cultura come capacità di fare turismo, di creare ricchezza.
Dietro l’esposizione ci sono cinque anni di ricerche, “serviti per documentare, per la prima volta in modo veramente organico, un percorso artistico di assoluto livello in Europa, percorso la cui riscoperta e consacrazione sono relativamente recenti, risalendo al secondo dopoguerra”.
Gli esperti hanno esaminato più di diecimila pezzi, prima di selezionare e scegliere 250 capolavori di pittura, ma anche di scultura, oreficeria e arti applicate: un autentico tesoro.
La cultura riminese del ‘600 si pose l’obiettivo di perpetuare e preservare, nella nuova sudditanza allo Stato Pontificio, gli splendori del Principato Malatestiano.
Rimini come capitale culturale, quindi, in un posto di rilievo tra Roma e Bologna, punto di incontro e polo di attrazione artistica dell’intera costiera adriatica.
Lo dimostrano chiaramente tanto la presenza di opere di artisti marchigiani, veneti e bolognesi, quanto lo stile dei due maggiori pittori locali, Guido Cagnacci e Giovan Francesco Nagli detto il Centino, che con il loro romantico naturalismo offrono una interpretazione originale delle correnti artistiche più moderne della prima metà del secolo.
La mostra, articolata sui versanti dell’arte e della cultura, è composta da due parti, la prima ripercorre le vicende delle strutture religiose e civili e la cultura della città seicentesca, con documenti, volumi, stampe e varie strumentazioni; la seconda propone le opere d’arte più significative prodotte per la città e per il suo territorio.
di Claudio Saponi