Sono stati presentati ai cittadini lo scorso 3 aprile. Editi dal Comune, uno si intitola “Tavullia ‘900” e va a chiudere un trittico iniziato 18 anni fa con “Tavullia, tra Montefeltro e Malatesti”. Tre anni fa uscì il secondo volume: “Tavullia (Tomba Montelevecchie Monteluro) nei secoli XVI-XIX”.
L’altro invece reca “U come uomini, I come immagine”.
Presentazione dell’ex sindaco Giancarlo Borra, curato da Nando Cecini, il primo libro ha 200 foto e 172 pagine. Racconta la storia del secolo scorso, prendendo come vie guida: la popolazione, l’economia, la storia, la cultura, le curiosità. Ad esempio il territorio di Tavullia detiene un piccolo record. Nel secolo scorso ben due località hanno cambiato nome. Tavullia fino al 13 dicembre del ’38 si è chiamata Tomba (parola di origine latina che significa altura). L’aneddotica vuole che sia stato Mussolini a perorarne la causa. Il Duce è a San Giovanni. Una massaia lo implora: “Duce, la vogliamo a Tomba!”. Si scrisse anche al poeta Gabriele D’Annunzio (a lui si deve la “Rinascente”) per un suggerimento che non arrivò mai. Come Pesaro (da Pisaurus, l’antico nome del Foglia) e Rimini (Ariminus, Marecchia), Tavullia ha preso la propria locuzione da Tavullus, il fiumiciattolo che separa la Romagna dalle Marche. La scelta tra San Pio in Colle e Tavullia fu di Mussolini.
Cambiamento con nome scelto da Mussolini anche per Belvedere Fogliense. Prima si chiamava Montelevecchie. Troppo dispregiativo per uno dei balconi più belli d’Italia. In Inghilterra tali cambiamenti non sarebbero mai avvenuti: la tradizione, la storia, va rispettata, sia nel bene, sia nel male. Nel libro si legge: “E da certe meschine preoccupazioni estetizzanti la storia esce sempre tradita…”.
Il prezioso testo è corredato da molte foto storiche e da un capitolo scritto da quel signore che è Franco Bertini dedicato all’eponimo tavulliese moderno: Valentino Rossi.
Curatrice Cristina Ortolani, il secondo libro è completamente dedicato al capoluogo Tavullia e raccoglie uomini e fotografie, particolari e memorie. E’ materiale di una mostra allestita nel 2001 da Cristina Ortolani e Simonetta Bastianelli. Molto civile che una comunità così piccola abbia avuto l’idea di fermare la propria memoria. Senza non c’è presente.