– La lunga corsa dell’economia della provincia di Rimini, che dal 1995 al 2003 le aveva permesso di crescere alla voce export del 145,4 per cento, è finita. Zoppica e con sempre più difficoltà riesce a farsi largo nella competizione mondiale. Insomma, in tinta con il sistema Italia che arranca e perde posizioni. La fotografia è stata illustrata ed anche letta lo scorso 18 marzo in occasione della presenta zione del rapporto annuale della Camera di commercio e Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini tenutosi nell’aula magna dell’Università di Rimini.
Con meno persone in sala rispetto agli anni precedenti, gli onori di casa li ha fatti Luciano Chicchi, potentissimo presidente della Fondazione Cassa di Risparmio, il socio di maggioranza della Cassa di Risparmio di Rimini. In tinta con le intelligenze dei fratelli Chicchi, ha sintetizzato il suo intervento: “Questi indicatori economici servono a capire i punti di debolezza per risolverli”.
Accanto a Chicchi, sul palco, l’altro padrone di casa, Manlio Maggioli, presidente della Camera di Commercio. In forma ed attento Maggioli. Ha detto: “A leggere questi dati non è utili essere pessimisti ma realisti. Nel 2004 più che parlare di stagnazione, si potrebbe dire che è recessione. L’export del manifatturiero è in calo, come è in calo il turismo. Ci si deve assolutamente chiedere che cosa fare per evitare lo scivolamento verso il basso. Tutti ci dobbiamo impegnare allo sviluppo del territorio, assecondando le imprese e richiamare nuove iniziative. Ci vuole compattezza tra le istituzioni e le varie categorie economiche e la popolazione”.
Maggioli ha indicato le carenze della provincia e le eccellenze. Ha argomentato: “Il nostro territorio soffre della carenza di collegamenti, sia con l’Italia, sia con l’estero. Ed è difficile muoversi anche in provincia. Raggiungere Rimini da fuori è diventato un’impresa. Altra priorità è la tutela dell’ambiente: Rimini è troppo inquinata. Poi c’è la questione sicurezza.
Tuttavia il Riminese in questi anni è stato bravo; ha creato infrastrutture importanti: Centro agroalimentare, il Gros, la Fiera e c’è in ballo un palazzo dei congressi di livello europeo”.
Il rapporto vero e proprio lo ha illustrato Massimo Guagnini, responsabile area economie locali di Promoteia. Ha osservato: “Diciamo che la provincia arriva da un periodo di sviluppo intenso e che ora si è stabilizzata su livelli elevati. Nei primi 9 mesi del 2004 c’è stata una ripresa economica; con numeri favorevoli rispetto alla media regionale. L’export è in crescita debole; il grado di utilizzo degli impianti è migliorato. Gli arrivi del turismo riminese sono stazionari da due anni; mentre la permanenza media si è ridotta del 2 per cento. Con la spesa media del turista scesa dell’11 per cento. Delicata è la situazione dell’industria; nelle costruzioni e nei servizi c’è una decelerazione”.
Lucio Poma, professore di Economia applicata all’Università di Ferrara, ha alzato gli orizzonti con una riflessione da mandare a memoria: “Nella provincia ci sono dinamiche di crescita e di declino che richiedono politiche mirate. Ad esempio, perde il tessile, ma cresce l’abbigliamento. Nella meccanica ci sono elementi di rafforzamento. Un territorio va visto nell’arco dei 10 anni. In tale periodo il Riminese si è rafforzato anche se non ha i livelli dell’Emilia Romagna.
Per essere competitivi sui mercati c’è bisogno di territori che riescono a ragionare. Se si persegue la competitività legato al prezzo si è sconfitti in partenza. Al massimo riusciamo a ridurre i costi del 20 per cento. Sulle macchine abbiamo dei vantaggi legato al saper fare ed alle università; sui prodotti no”.
La serata è stata chiusa dagli interventi. Il classico ghiaccio lo ha rotto Nando Fabbri, il presidente della Provincia. Meno brillante del solito, più che argomentare davanti ad una platea attenta ha parlato per slogan. Eccoli in sintesi: “La nostra è una realtà in forte movimento, dinamica, con tante potenzialità. Abbiamo un vantaggio competitivo grazie al territorio. Chi di voi vorrebbe vivere in un’altra provincia?”. Un po’ poco.
Il lamento di Maurizio Ermeti, presidente degli albergatori di Rimini, ha ucciso la platea: “E’ una provincia senza idee. I politici sono legati agli aspetti elettorali. Mentre le banche non sono disposte a finanziare gli albergatori”.
Alessandro Rapone, il giovane direttore dell’Api ha messo sul tavolo elementi di forte interessi: “Il settore industriale merita interesse; interesse che la politica non ha ben interpretato. Impossibilitato a costruire un nuovo stabilimento nella nostra provincia è andato in Cina. Un limite forte della nostra provincia è la rendita fondiaria che erode la creazione di ricchezza della nostra economia”.
di Francesco Toti
Il rapporto serve a capire il territorio ed a progettarne il futuro in modo intelligente e garbato
Numero imprese: 32.339
– Sono 32.339 il numero delle imprese registrate alla Camera di Commercio al 30 giugno 2004, più 1,75 per cento rispetto all’anno precedente. Le artigiane con 9.689 (erano 9.464), più 2,38 per cento sull’anno prima, la fanno da padrone. Il 75 per cento della forza lavoro è concetrata nel settore turismo, servizi e commercio, il 3 per cento nell’agricoltura, il resto nel manifatturiero.
Impianti utilizzati al 73,6%
– Stabile è la produzione industriale nei primi 9 mesi del 2004 in provincia di Rimini. Infatti, produzione e fatturato sono cresciuti dello 0,9 per cento, mentre la voce export ha avuto un incremento dello 0,8 e gli ordinativi totali meno 2,7. Gli impianti sono utilizzati al 73,6 per cento. Nel 2003 la produzione industriale ha avuto un calo del 2,6 per cento rispetto all’anno prima.
Produttività ultimi
– La provincia di Rimini è ultima in Emilia Romagna per la produzione di ricchezza per ogni addetto nelle società di capitale. Infatti, produce valore pro-capite per 43.400 euro; la media regionale è 51.500; quella del Nordest di 49.200. Mentre il valore medio in Italia è: 50.700. La provincia vale il 3,2% dell’export regionale (eradell’1,9). Export pro-capite: 3.594 euro, contro i 7.651 dell’Emila Romagna.
Riflessione di Stefano Zamagni, preside di Economia a Bologna, tra i maggiori studiosi italiani
Turismo, meno arrivi e presenze
– Il turismo riminese segna il passo; balla il lento. Meno arrivi e meno presenze rispetto al 2003. Nel 2004 gli arrivi italiani sono stati 2.144.809 (meno 0,1 per cento) che hanno prodotto presenze per 11.734.059 (meno 2,2%). Mentre gli arrivi stranieri 2004 hanno toccato le 535.810 unità (erano 529.477 nel 2003 e 585.616 nel 2002) pari a 3.254.461 presenze. Ma la presenze straniere sono state meno 2,8 a fronte di arrivi a più 1,1%.
Disoccupazione al 3,7%
– La disoccupazione provinciale è al 3,7 per cento nel 2003; Emilia Romagna 3,1; Italia 8,7. Va detto che la provincia dal ’98 ad oggi ha abbassato il proprio tasso, risultato del buon periodo di crescita economica (l’export dal 1995 al 2003 è aumentato del 145,4 per cento). I tassi di disoccupazione: 8,8% nel 1998; 6,9 nel 1999; 7,1 nel 2000; 5,3 nel 2001; 4,3 nel 2002.
Edilizia, mangia metà risparmio
– Il comparto edilizio della provincia di Rimini si mangia la metà del risparmio bancario provinciale. Il risparmio, bancario (va aggiunto quello postale), è di circa 15 miliardi di euro (30.000 miliardi di lire) l’anno. Nel settore mattone vengono investiti circa 3,5 miliardi di euro (7.500 miliardi). Una cifra troppo alta per una provincia che vuole fare innovazione ed essere all’avanguardia sociale.
I NUMERI
Tasso di crescita ’98-2004 dei principali settori economici
– Negli ultimi 7 anni l’economia del Riminese indietreggia. L’unico settore che tira è quello edilizo, che più che creare ricchezza, la brucia e premia la rendita e non il lavoro.
Agricoltura: – 15,4%
Pesca: 0
Industria – 4,3
Edilizia: 39,8
Commercio: 1,6
Alberghi, ristoranti, bar: -3,1
Trasporti: – 5,9
Attività finanziarie: 13,5
Attività immobiliari: 61,3
“Sviluppo, la rendita è un cancro”
“Nessuna economia si è mai sviluppata puntando in prevalenza sull’edilizia”
– Stefano Zamagni, riminese, preside della facoltà di Economia a Bologna, è tra i massimi studiosi italiani. Autore di “Economia”, un manuale diventato un classico. Scritto con eleganza ed un italiano divertente, all’americana.
– La rendita quale ostacolo rappresenta per la crescita economica e sociale di una comunità?
“Significa che non è equilibrata l’allocazione delle risorse per investimenti tra i diversi comparti dell’attività economica.. L’edilizia è un settore che ha bensì un elevato moltiplicatore economico, ma non è un settore di punta, ad alto tasso di innovativita’ tecnologica. Nessuna economia si è mai sviluppata puntando in prevalenza sull’edilizia”.
La rendita e soprattutto la cultura della rendita costituiscono il vero cancro dell’economia. Come già D. Ricardo aveva intuito all’inizio dell’800, la rendita ‘si mangia’ il profitto e non tanto il salario. Ma non ci puo’ essere sviluppo laddove non c’e’ profitto”.
Quale dovrebbe essere il ruolo di una sana politica?
“Duplice il ruolo di una sana politica. Per un verso, combattere ad ogni costo il “rent-seeking” e le varie forme di rendita (finanziaria; burocratica; edilizia). Per l’altro verso, favorire con misure varie l’emergenza di imprenditorialità produttiva, vale a dire degli imprenditori innovatori, i quali vanno sostenuti e non penalizzati come oggi stoltamente sta avvenendo”.
Punti di forza e debolezza dell’economia Riminese?
“Punti di forza: la vivacita’ della società civile locale; la creativita’ dei suoi operatori; la molteplicita’ dei settori di attività (cioè l’assenza di monocultura); il buon livello di capitale sociale.
Punti di debolezza: il residuo di forme culturali anarco-individualiste; le difficoltà ad attuare un modello di sussidiarieta’ circolare; l’incapacita’ di valorizzare appieno il proprio capitale umano; la lentezza nell’innovare il modello turistico.
Gli imprenditori italiani, a suo parere, hanno capitali, idee ed energie nervose per andare a competere sui mercati internazionali?
“L’imprenditore italiano, in media, non è secondo a nessuno. Si tenga presente che tre sono le qualità di un imprenditore: la propensione al rischio; la creatività; l’ars combinandi. Rispetto a cio’ l’imprenditore italiano non ha di che lagnarsi. Ciò che fa difetto è l’assetto istituzionale – alludo alle istituzioni sia politico-amministrative e sia economiche – che è rimasto ancora quello tipico di una società industriale, mentre siamo entrati in epoca post-industriale e più di più globale. E’ questo il vero ritardo che la societa’ italiana deve recuperare e in fretta”.
di Giovanni Cioria