– “Il culto non ha mai avuto il riconoscimento ufficiale della Chiesa, anche se nel 1838 fu iniziato un processo. Mai giunto a Roma, per la beatificazione, fu interrotto nel 1842. Il nome di beato Alessio, con il quale è iniziata la venerazione, potrebbe essere un nome aggiunto, per assimilazione popolare alla vita di Sant’Alessio, il pellegrino siriaco. Al ricordo storico della vita di un pio contadino la tradizione popolare ha aggiunto episodi raccolti da vite similari o suggeriti da scampati pericoli, come la convinzione che fosse lui a far brillare luci sulla torre campanaria della chiesa per salvare i pescatori dal naufragio”.
Queste righe sono di don Agostino Pasquini, uno tra i massimi studiosi di cose religiose della provincia di Rimini e pubblicate nel libro “Religiosità in Valconca” edito dalla Banca Popolare Valconca.
Insomma, il beato Amato, festa la domenica dopo Pasqua, non è beato ma questo ha poca importanza: la sua figura è positiva e questo aiuta.
La sua figura, posta in un sepolcro di marmo, è venerata a Riccione dal 1578. Ancora Pasquini: “Il suo culto si sviluppò in seguito al rinvenimento nella tomba dei Monaldi di un corpo incorrotto. Il culto si è mantenuto nel tempo…”.
Le informazioni sulla vita di Alessio sono di don Silvio Grandi, del quale Luigi Tonini, massimo storico dei fatti del Riminese, aveva poca stima, come scienziato. Tonini fece numerose ricerche sulla vita di Alessio ma senza trovare pezze storiche.
Anche lo storico Oreste Delucca ha effettuato ricerche: “Non è stato rinvenuto nessuno con questo nome nel casato Monaldi al tempo presumibile della vita del beato Alessio”.
Attenendosi al Grandi, Alessio muore nel 1503, a 30 anni. Figlio di contadini poveri ma meno degli altri: “…usava in proprio buoi, aratro e carro, che al tempo erano rari e costosi”. Gli sono attribuiti miracoli: del grano, dei frutti, del carro, della fontana. E molte grazie ricevute.
Pasquini: è “…testimone umile di beni spirituali immutabili e senza frontiere nel cuore delle persone di oggi come di ieri”.