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Partenza per la pesca con la lancia “Lorella”. Al centro: Lazzaro Vanzolini “Rino d’Marola”. A prua: Berto Vanzolini “Marulen” (Archivio Fotografico Centro Culturale Polivalente di Cattolica)
– Filiberto Vanzolini “Marola” – Racconti e aneddoti della vecchia Gabicce Monte.
Sono nato il 24 dicembre 1926 e ho iniziato ad andare in mare all’età di otto anni, con mio padre Mario, alla pesca dei paganelli a Pesaro. Lì c’erano meno pescatori per questo tipo di pesca. Per pescare con mio padre mi recavo a Pesaro a piedi, rimanendo una settimana con lui, poi tornavo a casa, alternando il lavoro con la scuola. Così riuscì a comprare un paio di zoccoli e conseguire la licenza di quinta elementare.
A quei tempi la vita era molto dura, si soffriva la fame. La maggior parte degli abitanti di Gabicce Monte praticavano la piccola pesca (pesca costiera con reti da imbrocco e pesca delle vongole “li puracc”). Si iniziava ad ottobre fino ad aprile per le vongole, e da aprile a ottobre con le reti per la cattura delle seppie e dei paganelli. Chi aveva le reti adatte, faceva anche la pesca dei palombi da luglio a ottobre. Mio padre con la sua barca stava sempre a Pesaro perché calavano le reti vicino agli scogli, invece che vicino alla ghiaia. Anche i miei due zii con le loro barche pescavano a Pesaro per due/tre mesi, e tornavano a casa ogni quindici giorni circa.
Per mangiare si andava dagli ortolani per acquistare un po’ di ortaggi: pomodori, cetrioli… Quando poi più tardi ho iniziato la pesca delle sardine si andava spesso a Senigallia e a Fano. Qui ci si recava dagli ortolani a ridosso dei fiumi Misa e Metauro; qui avveniva lo scambio del nostro pescato con i loro prodotti ortofrutticoli. Ricordo quando pescavamo a Pesaro e che con mio zio si andava ad acquistare sette/otto filoni di pane che mettavamo in un sacco. A bordo con un piccolo fornello si faceva il “pancot” e “al ris tla pgnata”.
Di notte si pescavano le seppie e di giorno i paganelli. Spesso mi lasciavano sulla banchina del porto di Pesaro (mentre i miei andavano a vendere il pescato) a fare la guardia alle reti, perché non rubassero i piombi da mettere alle lenze (togne). All’età di undici/dodici anni con mio padre o svolto anche l’attività di sassaiolo; si andava sotto il monte tra Gabicce Mare e Pesaro. Molte delle barche che d’inverno praticavano la pesca, d’estate di dedicavano al trasporto dei sassi. Questo anche perché molte erano a vela e d’estate con lo scarso vento vedevano limitata la loro attività pescatoria.
Le barche grosse (trabaccoli di circa 60 ton.) stavano al largo aspettando il carico che le ‘lance’ (barche piccole) trasportavano dalla spiaggia. I primi sassi si raccoglievano vicino alla battigia, poi a mano a mano che la lancia si appesantiva, ci si spostava fino a circa un metro d’acqua, fino a fare il pieno del carico e poi trasportarlo. Con l’ultimo viaggio delle ‘lance’ andavamo anche noi ragazzini fino alla barca grande per rimediare un bizulà (tipo di gallette dei marinai), che i vecchi marinai ci regalavano a seconda di quanti ne erano rimasti a bordo. Ultimato il carico, il trabaccolo si metteva in navigazione alla volta di Ravenna o di Rimini. In questi porti veniva scaricato utilizzando dei pontili in legno (passerelle), una volta che le barche erano state ormeggiate lungo la banchina.
I gabiccesi Mauro e Mario Tamburini “Bayon”, rispettivamente padre e figlio, originari di Fiorenzuola di Focara e Pasquale Magi “Sociali”, con le loro piccole imbarcazioni (battelli da valle), caricavano il pilo “al pél” (particolare tipo di ghiaia minuta), utilizzando il ‘ponte’ che posavano sulla fiancata della barca per passarci sopra con le ‘barelle’. Questo tipo di materiale veniva portato a Cattolica o a Gabicce dove veniva acquistato per fabbricare le mattonelle o altro materiale edile.
(Continua)