Celsino del Fosso che con un improbabile fazzoletto legato attorno al collo mesce il sangiovese da una damigiana posta su un vecchio banco di scuola che sembra davvero essere quello che fu il mio.
Sotto un sole spietato, l’orchestrina richiama a ballare un valzer e ogni tanto gli scappa una salsa. Non è proprio un ballo della Romagna, ma da queste parti ormai si balla anche quella e la ballerebbero sicuramente se fossero meno timidi i nuovi paesani, dall’aspetto sudamericani, che hanno occupato un tavolo sotto il tendone.
Finalmente, un nuovo gruppo di persone che partecipa, alla festa. In fondo da queste parti, basta che ci si possa muovere e si possa stare in compagnia. Però il caldo è davvero tanto e sono in pochi a farsi tentare dalla bella cantante che dal cassone del camioncino elevato al ruolo di palco continua ad invitare gli intervenuti a ballare.
Hanno più successo i meravigliosi piatti di gnocchi, strozzapreti trippa ed altri mangiari “tipicamente estivi” che la Natalina e la Rosina con le loro girl, “burdele”, hanno preparato maestria.
E poi Gino, esperto di casse che anche qui raccoglie soldi e il nuovo gioco delle bocce con il “Dolce Remi” già provetta mezzala di quando i campi di calcio avevano ancora i pali della porta squadrati che come un tempo riusciva a contare i giri del pallone che ti porgeva per andare in gol, adesso mostra la stessa capacità con le pesanti sfere di resina. E poi il sempre disponibile Tino, che col gioco della pentolaccia stupisce e rinnova ricordi da troppo tempo sopiti. E i due anziani amici che si riconoscono in parti politiche avverse che alzano la voce fra loro a colpi di “Tan capis nint” (non capisci niente) ma non saprebbero vivere l’uno senza l’altro. Sono ormai gli ultimi brandelli di un paesino che si sta sviluppando in fretta. I nomi e i personaggi sono tutti reali ma se vorrete conoscere i cognomi e i volti dei protagonisti dovrete essere presenti l’anno prossimo.
Claudio Casadei