Sotto elezioni, la scorsa primavera, quando si scriveva che la lista civica Uniti per Coriano era caratterizzata dal centrodestra Luigi Vallorani si arrabbiava. E lo faceva anche in un bel modo: impetuoso e convinto.
La verifica c’è stata lo scorso 25 gennaio, durante la riunione del direttivo di Uniti per Coriano, sera in cui Luigi Vallorani ha abbandonato la nave della politica. La lista civica è diventata di partiti di centrodestra.
Sessantaquattro anni, una vita presa di petto e caratterizzata da una caterva di passioni, Vallorani ha una biografia personale attraente. Nella sua famiglia, originaria della provincia di Ascoli Piceno, si contano ben 36 prelati (tra preti e suore), tra cui un vescovo.
Arrivano a Montescudo, i Vallorani, negli anni Cinquanta. L’ingresso politico risale al ’70; anno in cui viene eletto consigliere comunale a Montescudo come indipendente nel Pci-Psi. Nell’81 è consigliere del Comitato circondariale (l’attuale Provincia). Dal ’99, per tre anni e mezzo, è assessore all’Urbanistica, Servizi sociali e Personale del Comune di Coriano nelle file diessine. Abbandona il sindaco Ivonne Crescentini, ed il generoso emolumento comunale, accusandola di poca trasparenza e meno ancora partecipazione nelle decisioni di governo della città.
Esce dai Ds e si butta nell’avventura di Uniti per Coriano; è uno degli uomini di spicco di cultura di sinistra in una lista dominata dalle anime di centrodestra. Il suo garante è il candidato a sindaco, Paride Pulcinelli.
Vallorani, si sente uno sconfitto?
“No. Il risultato di Uniti per Coriano è stato ottimo; abbiamo strappato alla sinistra quasi 20 punti”.
Perché ha abbandonato Pulcinelli?
“All’inizio del nostro percorso c’è stato un patto tra persone perbene: io del centrosinistra e Pulcinelli del centrodestra. In questi mesi c’è sempre stato uno scalpitio, con la necessità di correggere gli ardori dei partiti. Il 25 gennaio, nella riunione, anche Pulcinelli ha condiviso la tesi di An. E su questo non transigo. Un conto è se lo avessero fatto esponenti di An e Forza Italia, un altro è Pulcinelli. Credo che nei miei confronti non sia stato politicamente corretto fino alla fine; anche se la sua scelta, per carità, è legittima. Ma non per me”.
Lei ha sempre sostenuto, Pulcinelli è un galantuomo…
“Lo è ancora come persona; ma non come politico. Io credo alla parola data”.
Per il suo modo di fare politica qualcuno l’ha definita un cavallo pazzo, che cosa dice?
“C’è una coerenza di fondo: vado sempre via a testa alta, guardando gli altri negli occhi”.
Quale riflessione dopo questa rottura. Chimere le liste civiche trasversali?
“Eravamo partiti bene; la nostra poteva essere una bella esperienza. E con una buona opposizione, tra 5 anni si poteva sperare anche di vincere. Abbiamo speso delle parole con i corianesi: verbali e scritte. Con le cose verbali che valgono più delle scritte: dovevamo parlare solo di programmi e problemi della città”.
Qual è il suo rapporto con i Ds, il suo ex partito?
“Al momento non esiste. Ci sono delle relazioni personali”.
Errori commessi?
“Forse il più grande quello di aver fatto politica. Sono un impulsivo. Vado dove mi porta il cuore e sempre in buona fede e senza secondi fini. Nella politica ho sempre cercato la correttezza ed i principi. E’ triste quando ci si accorge che non è così; atteggiamenti che si riscontrano sia a destra, sia a sinistra. Il mio cuore resta sempre a sinistra; non fraintendiamoci. Me ne sono andato dopo un bel vociare, augurando buon lavoro a tutti. Altri però hanno abbandonato Pulcinelli e credo che ce ne siano ancora pronti a lasciare”.