– Dal 4 al 22 luglio si è svolto, come avviene dal 1983, il lavoro degli archeologi sul sito di un’antica “statio” romana sulla Flaminia ( l’equivalente di una stazione di posta) situata a circa 50 miglia da Ravenna, presso l’attuale chiesa della Sacra Familia, a Colombarone. Negli anni precedenti erano state messe in luce diverse, interessanti, strutture. In base alla loro presenza, infatti, era stata confermata l’ipotesi che, proprio in quel luogo, sorgesse una basilica paleocristiana, teatro dell’incontro tra papa Zaccaria, che da Roma era diretto a Ravenna, e l’Esarca Eutyke, nel 743 d.C.
Le indagini avevano, altresì, rivelato la presenza di una villa romana tardoantica, risalente al IV-VI sec. d.C., precedente alla costruzione della Basilica stessa, con diversi ambienti (verosimilmente vani di rappresentanza) decorati a mosaico o con lastre marmoree; nonché una necropoli costituita da sepolture di infanti annessa alla villa.
La campagna di scavo 2005, che ha visto la partecipazione degli studenti delle Università di Bologna e Parma e da specializzandi e dottorandi dell’Università di Bologna, diretti dal prof. Pierluigi dall’Aglio e dal dottor Cristian Tassinari, mirava a completare la conoscenza delle strutture proprio della villa tardoantica, portando lo scavo ad allargarsi verso sud, nella zona presunta dell’ingresso e del supposto impianto termale privato del palazzo stesso. Le indagini hanno anche questa volta dato risultati indubbiamente interessanti. Sono stati infatti messi in luce ambienti con precise caratteristiche, che riconducono alla presenza di spazi per l’alloggiamento di vasche. Si è rilevato inoltre un vano (verosimilmente un corridoio) la cui pavimentazione (purtroppo in gran parte asportata) era costituita da mosaico a grandi tessere nere e bianche, con semplici disegni geometrici a rettangoli. Un altro ambiente, certo dalla ricca decorazione, presentava una pavimentazione in “opus sectile”, cioè una piana pavimentale con alloggiamenti triangolari ed esagonali per lastrine marmoree. Ovunque la presenza di tesserine di pasta vitrea, a testimonianza delle decorazioni che dovevano abbellire anche le pareti delle stanze.
Di particolare interesse risulta la scoperta di una “fistula” in piombo, ovvero una conduttura per l’approvvigionamento idrico del palazzo (o forse deputata allo scarico) ancora in situ, anche se in parte asportata durante le spoliazioni che hanno interessato gran parte dell’edificio.
In ultimo si segnala la chiusura dell’ambiente posto più a sud di tutto il complesso, il cui muro, con andamento semicircolare, disegnava un’abside: questo particolare (assieme alla presenza di una conduttura idrica) è significativo per l’ipotesi, sempre più credibile, che il palazzo tardoantico fosse fornito, proprio in questo settore, di un impianto termale (i vani absidati erano caratteristici di strutture adibite a questo uso).
Ancora si viaggia abbondantemente nel territorio delle ipotesi, sia per l’interpretazione, riguardo la funzione dei singoli vani, sia per la prosecuzione stessa degli scavi, che non è certa per il 2006.
È indubbio, però, che l’area archeologica di S. Cristoforo ad Aquilam, una volta completata l’opera di musealizzazione e consolidamento delle strutture, rappresenterà uno dei luoghi più suggestivi e culturalmente rilevanti nell’ambito, non solo del parco del Monte S. Bartolo, ma di tutta la riviera marchigiano-romagnola.
di Matteo Marini