Pur nella tua breve vita sei stato conosciuto, amato e stimato e l’enorme folla presente al tuo funerale, con la manifestazione d’affetto e di magnanimità elargitiva alla pubblica beneficienza nel tuo nome, (così alta come non lo era mai stata prima), ne è l’esempio più significativo.
Tu credevi nell’amicizia, nella bontà, nella virtù, nell’onestà, nella giustezza dei comportamenti nobili verso gli altri, perchè sapevi che così l’uomo deve agire per essere sereno e giusto di fronte a se stesso ed alla propria coscienza, ancor prima del giudizio degli altri e non certo per guadagnarsi una ricompensa in una vita ultraterrena a cui tu non credevi e che, non credo nemmeno io.
La vita di ciascuno uomo, come di tutti gli esseri viventi, è inesorabilmente regolata anche dall’ultimo evento, che è quello della morte. Ciò che ci fa disperare e rende inacettabile questo evento, è che si manifesti molto prima del suo naturale epilogo.
La tua morte, come quella dei giovani, è una tragedia, un avvenimento straziante, innaturale; dovremmo sempre morire prima noi anziani, ma il nostro corpo è un organismo complesso che può nascondere insidie impreviste.
Tu sapevi che io non sono credente nel senso religioso, come non lo eri tu e non credo, né posso credere a ciò che credono i credenti e cioè che esista un Dio onnipotente e onnisciente, che tutto sa e tutto può, anche sulla vita passata, presente e futura di tutti gli esseri viventi e quindi di tutti noi e che, muto, sapesse fin da molto prima di questa nostra incombente tragedia, che il tuo cuore, o amato e ignaro figliolo, stesse per spezzarsi.
Io non credo nell’esistenza di un Dio così cattivo.
Un Dio a cui si vorrebbe attribuire il potere su tutto, quindi anche sugli eventi sismici che stanno per scoppiare e che non disdegna di scegliere, ovvero non contrasta, una precisa ora del giorno e non mezz’ora dopo, quando i bambini saranno già tutti usciti da quella tragica scuola dalle arrendevoli e vulnerabili strutture portanti.
No! Non può esistere un Dio così.
Siamo noi uomini che, fin dalla notte dei tempi, ci siamo costruiti le Divinità a cui attingere nelle varie occasioni e di volta in volta gli attribuiamo ciò che ci fa comodo attribuire. Chiedo venia alla tua memoria Enrico e penso e spero che ci verrà concessa se, forse con disinvoltura, abbiamo percorso anche la strada consuetudinaria del rito liturgico di suffragio.
Noi, avendoti conosciuto a fondo, sappiamo per certo che di queste cose tu non ne avevi bisogno e non ne hai bisogno, né in vita né in morte.
Con tutto il rispetto per le persone che credono nella Divinità Superiore che dovrebbe affrancare l’anima degli estinti sollecitata dalle messe di suffragio, voglio per un attimo fermare l’attenzione sulla tua figura.
Eri una persona di animo nobile e buono, non avresti fatto male nemmeno ad una mosca, avevi un alto senso dei rapporti umani ed una onestà oltre ogni limite.
Il senso civico era per te uno degli elementi fondanti del tuo stile di vita ed io sono molto fiero di averti avuto come marito della nostra Lina e padre dei miei due nipoti più grandi. Nelle notti insonni mi tormenta l’impotenza nostra in quella ultima, tragica ora fatale ove, dallo sguardo di resa dei medici, dopo l’affannoso impegno, dovemmo purtroppo comprendere che tutto era perduto, tutto era finito e tu non eri già più.
Dovrei compiere un grande sforzo per accettare che, attorno al tuo ricordo, si profili il bisogno di suffragi, di implorazioni, di preghiere o cosa d’altro, per riconoscerti nella schiera degli eletti. Secoli e secoli di condizionamenti ci pesano come cappe di piombo sul pensiero razionale e ci possono anche inibire la percezione della sublime figura della tua persona, enormemente al di sopra della moltitudine dei tanti fideisti.
Il sublime rapporto educativo e di amore che ti legava ai tuoi figli era un fulgido esempio che avrebbe potuto far scuola alle migliori tradizioni comportamentali del genere umano. Mi strazia il cuore il fatto che i nostri adolescenti nipoti Alberto ed Eleonora abbiano perso un padre di così tanto valore come lo sei stato tu ed è molto arduo il nostro compito per cercare di colmarne il vuoto.
Ciò che a me gratifica di te e della tua immagine Enrico, non sono certo la possibilità di preghiere, né di suppliche e né di suffragi, ma il ricordo della tua statura morale, del tuo comportamento integerrimo, della tua vita specchiata, del tuo amore per gli altri, del tuo senso civico, della tua bontà d’animo, della tua affezione alla famiglia, il che dimostra quanto non siano necessari né i culti, né la fede e né i supporti religiosi, per plasmare un uomo e farlo assurgere tra i migliori, e tu Enrico, eri uno tra i migliori.
La tua pur breve vita, in quanto ben vissuta, libera da costrizioni e da infingimenti, sono certo che sarà interamente recuperata alla memoria di quanti ti conobbero, ti amarono e ti stimaro ed è infatti privilegio di una mente serena e tranquilla di essere ricordata nello spazio della sua intera esistenza ove il ricordo si estende oltre i confini della vita stessa a quanto di grande e di bello ha prodotto la storia di tutti gli uomini migliori, pur nell’ambito della loro modestia e semplicità di vita.
Il tuo ricordo, la memoria di te adulto e di quando eri ancora un ragazzino nemmeno diciottenne, quando si profilavano i tuoi ricambiati sentimenti per la nostra Lina, il tutto di te si conserva nella mente ed allora appare il tuo profilo, la tua grazia, la grande maturità della tua intelligenza, il tuo appetito di vita, il gusto e l’impegno della tua maturazione e così si dischiude l’ampio affresco di tutto ciò che sei stato, diletto figliolo.
Silvio Di Giovanni