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Donne islamiche, la difficile conquista della parità

Redazione di Redazione
9 Ottobre 2006
in L'opinione
Tempo di lettura : 3 minuti necessari
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– Si chiama Souad Sbai, e non ha paura di parlare. Marocchina, da 25 anni in Italia, sposata con un italiano, dirige la rivista ‘Al Maghrabiya’, è presidente della Confederazione delle comunità marocchine italiane e membro della?Consulta islamica?voluta dal ministro Giuliano Amato.?Di recente ha scritto una lettera ad Amato per denunciare le violenze subite dalle donne islamiche in Italia.
Signora Sbai, perché?ha?scritto?al ministro che le donne musulmane ‘vivono nel terrore’ nel nostro Paese?
“Perché si vuole impedire loro di diventare italiane. Sono vittime di maltrattamenti continui. I documenti delle ragazze e delle bambine vengono sottratti dai mariti o dai padri al loro arrivo in Italia. Così viene loro impedito di emergere da una condizione di clandestinità. I maschi esercitano sulle loro vite un controllo totale. Senza documenti non possono denunciare la situazione di violenza nella quale sono costrette a vivere. Poi vengono rispedite in patria”.
?Rispedite in patria?
“In quanto donne minori musulmane devono subire la malvagità del rimpatrio forzato appena raggiunta l’età da matrimonio. Sono obbligate dai genitori, contro la loro volontà, a tornare al Paese d’origine, dove divengono vittime di matrimoni combinati”.
?Non si parla molto di questo problema in Italia.
“Le donne islamiche hanno molta paura, com’è ovvio che sia. Le donne italiane, specie quelle impegnate in politica, hanno poco coraggio. Nella classe politica italiana quante voci femminili si sono levate a condannare lo sgozzamento di Hina, la ragazza pakistana del Bresciano uccisa dal padre perché non voleva che uscisse con un italiano? Nessuno ne parla, nessuno prende posizione. Ho scritto ad Amato perché la prossima volta la Consulta islamica, voluta dallo stesso ministro dell’Interno, prenda posizione con forza e affronti con urgenza il problema”.
?Il problema è sempre quello, di integrarsi, ottenere la cittadinanza, ‘occidentalizzarsi’.
“Il processo dovrebbe avvenire non solo attraverso il mero ottenimento della cittadinanza, ma grazie alla condivisione di valori di libertà e democrazia propri della cultura occidentale. E la motivazione è appunto di impedire che diventino occidentali. Queste bambine non hanno nessuna patria che le difenda: immigrate in Italia e straniere nel Paese d’origine. La battaglia in Marocco noi l’abbiamo fatta dall’Italia, dove il diritto di famiglia è finalmente cambiato. E’ assurdo che in Italia in alcune famiglie ci sia una legge parallela a quella dello Stato, una giustizia parallela basata sulla sharia. Diciamo no alla poligamia, come diciamo no alla pena di morte. Quando un tribunale di Bologna dà ragione a un marito che sposa due donne… solo perché è straniero, c’è qualcosa che non funziona. Si può fare il ricongiungimento familiare a una donna, mica a più d’una. E lo Stato, se il marito muore, a quante vedove dovrà pagare la pensione?”.
?Il caso di Hina è stato uno tra i più efferati, e per fortuna rappresenta un’eccezione, nella sua brutalità.
“Non direi. Io personalmente ho seguito la vicenda di Bouchra Ben Ramadan Marocchina, figlia di una famiglia laica e liberale, nel 1989 è venuta in Italia con suo marito Hakim. Nel nostro paese ha vissuto per anni in schiavitù, segregata in casa, minacciata e maltrattata in nome di un Islam gretto e sciovinista. Nel 1997 le sono stati sottratti i figli, nascosti per sette anni in un villaggio marocchino. Ci sono voluti sette anni per raggiungerli, liberarli e tornare in Italia”.
?Nella lettera lei esorta il ministro ad affrontare il problema dell’Islam radicale, presente anche nel nostro Paese, e dei suoi atteggiamenti discriminatori e oscurantisti nei confronti delle donne.
“Noi donne musulmane non vogliamo che garage o macellerie trasformati in centri islamici non adeguati alimentino, come hanno fatto per anni e tuttora stanno facendo, l’odio contro le donne, o che determinati predicatori?terrorizzino le nostre comunità islamiche rallentando il processo di integrazione degli immigrati”.
?In Gran Bretagna un Islam perfettamente integrato non è servito ad evitare stragi.
“Bisogna emarginare gli estremismi, fare terra bruciata intorno a loro. Bisogna bloccare le predicazioni di certi imam, specialmente oggi che il fanatismo sta prendendo piede e le frange meno laiche delle comunità musulmane hanno il sostegno dall’esterno. Hanno soldi, mezzi. Bisogna evitare che certi personaggi mettano in atto un vero e proprio lavaggio del cervello ai danni di chi non ha gli strumenti culturali per difendersi”.

(fonte www.peacereporter 22 agosto 2006)

di Luca Galassi

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