Ritengo più che legittima questa richiesta, perché non posso pretendere che tutti conoscano l’autore del pur celebre Elogio della follia, un’opera geniale che il nostro ex presidente del Consiglio Berlusconi, per esempio, cita sempre a sproposito, come se Erasmo avesse elogiato la follia in generale, mentre certe follie sono state oggetto del suo dileggio, e talvolta del suo scherno.
Per spiegarmi meglio, scelgo un aspetto fondamentale della personalità di Erasmo: il suo cattolicesimo, che assomiglia molto al sentire cristiano di Guido. L’argomento è assai ricco e complesso, per cui mi conviene limitarmi a trascrivere qui un brano tratto dal Manuale del soldato cristiano, scritto da Erasmo ai primi del Cinquecento. Solo una cosa chiedo al lettore: una lettura molto attenta, che non si lasci sfuggire nessun dettaglio. Il brano è il seguente (Paolo è, naturalmente, San Paolo, che Erasmo cita – spessissimo – senza mai premettere, ch’io sappia, il “San”) : E non venirmi a dire ora che la carità consiste nel frequentare le chiese, prostrarsi davanti alle statue dei santi, accendere candele, ripetere all’infinito delle preghiere. Dio non ha bisogno di alcuna di queste cose. Paolo chiama carità l’edificare il prossimo, il considerare tutti come membra dello stesso corpo, ritenere tutti una sola cosa in Cristo, gioire nel Signore per la felicità degli altri come fosse la tua, consolare le loro pene come fossero tue, correggere con dolcezza chi sbaglia, insegnare agli ignoranti, sollevare chi è caduto, confortare chi è scoraggiato, aiutare chi soffre, soccorrere l’indigente, insomma: rivolgere tutte le tue risorse, tutti i tuoi sforzi generosi, tutte le sollecitudini perché siano utili in Cristo a quanti più è possibile, affinché come Lui non è nato per se stesso, non è vissuto per se stesso, non è morto per se stesso, ma tutto si è donato per le nostre necessità, così anche noi siamo al servizio del bene dei nostri fratelli, non di noi stessi.
Aggiungo soltanto, a beneficio della cultura storica di chi mi legge, che nonostante la sua rottura con Lutero sulla questione del libero arbitrio, Erasmo finì nella prima classe del primo Indice dei libri proibiti, quello istituito da Paolo IV nel 1559, e ancora in quello detto Tridentino del 1564, scomparendo, come ha scritto l’amico mio Adriano Prosperi, “dalle letture degli italiani in un modo che non trova riscontro altrove”: “quello stesso Erasmo che oggi viene salutato come il “precursore” del concilio Vaticano II, fu considerato un pericoloso avversario – forse il più pericoloso – della cultura cattolica nell’età del Concilio.
di Alessandro Roveri Professore di Storia contemporanea all’Università di Ferrara