San Clemente allora superava di poco le 1.500 anime e già a Cattolica c’era chi non ne conosceva l’esistenza. Pur non avendo debiti, sembrava essere comunque il più povero comune della Valle del Conca, l’ultima del Riminese. Attorno vivevano una importante ascesa, o una meritata affermazione le manifestazioni culturali che onoravano comuni, come Saludecio e Mondaino. Incredibile: i piccoli comuni arroccati sulla povera collina davano la paga alla spocchiosa Morciano, in fatto di cultura! E noi sanclementesi, poveri tra i poveri, sia economicamente che culturalmente, cosa potevamo inventarci? Della nostra storia rimanevano solo poche confuse tracce, nessuna vestigia da difendere, nessuna tradizione consolidata e il vino, non ancora di moda, era già degnamente festeggiato dalla nostra Pro Loco.
L’idea era quella di onorare Giustiniano Villa e la poesia dialettale, ma come attirare la gente ad una straordinaria festa della nostra “lingua”? Beh! Prenderla metaforicamente per la gola fu l’idea e così fu! Il Palio gastronomico delle frazioni e il Premio di poesia dialettale. La festa, con successi alterni, ha tenuto compagnia a migliaia di persone. La ricerca delle tradizioni culinarie locali, ha consentito di farne una di quelle in cui “si mangiava meglio in tutta la Romagna”. Non sono parole mie, ma di chi di Romagna e cucina se ne intende moltissimo: Piero Meldini. Della Poesia poi c’è tanto da dire. Per quanto piccolo, poco pubblicizzato, se volete ripetitivo, il nostro Premio è sopravvissuto senza sovvenzioni. Il piccolo San Clemente, con l’aiuto essenziale di tutte le amministrazioni succedutesi, ha fatto sempre da solo. Sui chiari motivi del declino della nostra festa si è discusso. Adesso è ora di ripartire, di ricreare un nucleo stabile di persone che ci lavorino; di dotare l’amministrazione, che paga ogni anno, di una “banca dati” da utilizzare per tutte le manifestazioni che si svolgono sul suo territorio; di eliminare i personalismi e motivare chi potrebbe essere interessato a partecipare ad entrare senza paura in un circolo che non è affatto chiuso. Per chi è romagnolo e per chi la Romagna l’ha scelta per la vita o un tratto di essa è un occasione che non andrebbe persa. Un occasione inoltre per vivere e fare vivere un paese che non può e non deve diventare il dormitorio di tutto il circondario. E’ un occasione, dai, non perderla.
Claudio Casadei