IL LIBRO
– La sua vita di soldato, di uomo politico e di professionista legale è segnata dall’avventura di azione e di pensiero, sempre. E’ la vita dell’avvocato Cleto Cucci, Riminese, raccontata da lui stesso, nel libro Memorie della guerra civile e del dopoguerra.
Aveva diciassette anni quando si arruolò nella Guardia repubblicana della Repubblica sociale italiana, per opporsi all’idea che il popolo italiano passasse alla storia come “un popolo di rinnegati e di approfittatori dopo il vergognoso armistizio dell’8 settembre”.
L’intento era questo. Non v’è, nel libro, alcun accenno alla speranza di vittoria dell’Asse, alle “nuove armi di Hitler” e ad altre simili leggende. La decisione comportava soltanto un sconfitta onorevole. E il rischio della vita. Era il 19 Ottobre 1943.
Il libro profuma di pulito per via dello spirito innocente, entusiasta del ragazzo che era ed è tuttora a ottant’anni- il suo autore.
Cleto è ricordato dal suo comandante, oggi senatore Ajmone Finestra (nella Presentazione del volume) per “il suo volto ardito di adolescente in contrasto con lo smodato armamento di guerra”. Finestra definisce il sottotenente Cucci “soldato d’onore”, perché riconobbe anche “l’eroismo di alcuni avversari, quali i partigiani Giorgio Paglia e Guido Galimberti, vittime della guerra fratricida”.
Questo è uno degli aspetti più belli del libro, laddove si rievocano azioni militari, passate alla storia di quegli anni con il nome sinistro di “rastrellamenti”, ma in realtà furono sanguinose battaglie contro brigate partigiane dall’organico numeroso, bene armate e sovente ben comandate, favorite dalla natura dei luoghi, dalla mancanza di uniformi e dalla tecnica della guerriglia.
Gli episodi di guerra sono numerosi e a volte narrati con ironia, quasi per ricondurre la vicenda nell’ambito di una normalità militare scevra dalla retorica dell’eroismo.
E’ quasi incredibile il racconto dell’epilogo della guerra del Battaglione “Venezia Giulia” (al quale apparteneva Cleto), che il 27 aprile 1945 – dopo duri scontri- espugnò Arona, già pavesata da drappi e bandiere dei partigiani, gran numero dei quali si diedero prigionieri. Da Arona, il Battaglione marciò su Novara, ove fu negoziata una tregua. Il 29 aprile il Battaglione entrò in Novara, con le sue armi e le sue bandiere, fra ali di folla dapprima ostile e urlante, poi quasi affascinata, che infine tributò a quegli uomini “un applauso improvviso, incomprensibile? in questa marea di rosso?” .
“Anche i partigiani, annota Ajmone Finestra, capaci di generosità come di vendette, salutarono con corretta lealtà lo Stendardo”. Il 3 maggio, nella Caserma Cavalli, si celebrò la resa agli americani, con l’onore delle armi. Un maggiore americano disse, in italiano: “Voi siete i degni fratelli dei combattenti d’Africa”.
Così si concluse l’avventura militare del sottotenente Cleto Cucci, che finalmente tornò a casa, in quel Montefeltro dove fu accolto come un criminale e chiuso in una prigione, dalla quale sarebbe uscito il 4 dicembre 1945. Una volta libero, Cleto si laureò, esercitò con successo l’avvocatura e si diede alla politica militando nel Movimento sociale italiano, la qual cosa potrebbe definirsi la continuazione della “sua” guerra con altri mezzi.
Lasciamo al piacere dei lettori la narrazione della vita professionale di Cleto, sempre avvincente e spesso divertente.
(Cleto Cucci, Memorie della guerra civile e del dopoguerra, Il Cerchio, 2007, pp. 135, Euro 14)
di Romano Ricciotti