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Il costo della politica e le tasche degli italiani

Redazione di Redazione
14 Giugno 2007
in L'opinione
Tempo di lettura : 3 minuti necessari
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– Chi mi conosce sa quanto io sia lontano dal gretto qualunquismo di chi definisce la politica “una cosa sporca”. Omnia mundi… Nulla è sporco di per sé. La sporcizia la mettono gli uomini in quello che fanno. La politica non fa eccezione.
E nella politica italiana di oggi di “sporcizia” ce n’è troppa, perché non si senta il dovere di reagire. Sta infatti salendo nel Paese una marea di indignazione che ricorda i tempi di Tangentopoli (1992-1993), quando Craxi definì Chiesa “un mariuolo”.
Ma non mi riferisco, ora, al sistema delle tangenti, che pure va avanti, dopo i tanti attacchi non contro i ladri che svaligiavano la nostra casa, ma contro i magistrati che li perseguivano. Mi riferisco ai privilegi di cui gode l’Italia ufficiale, dal presidente di circoscrizione ai deputi e ai ministri. Quando paragono alle pensioni più basse lo stipendio di un presidente di circoscrizione siciliano, che prende 4.000 euro al mese, non posso non fremere di sdegno.
E capisco come e perché stai andando a ruba il libro “La casta” pubblicato presso Rizzoli da due insigni giornalisti del “Corriere della sera”, Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo. Anche da quel libro gli italiani apprendono che il popolo degli eletti è costituito da 179.485 persone; che molte di queste in Parlamento (dove sono decisamente troppe!) come nelle Regioni e nei Comuni (dove pure sono in sovrannumero) si circondano di cosiddetti “consulenti” superpagati; che il Quirinale costa quattro volte di più della Corona britannica; che i parlamentari europei dell’Italia sono di gran lunga i meglio retribuiti dell’Unione europea; che ci sono aziende create per dare un premio di consolazione ai “trombati” e agli scarti della politica; che si moltiplica il numero delle Province pur nel generale convincimento che le Province non servono a nulla; che attorno ai politici più influenti ruotano decine e decine di divette raccomandate e brave soltanto a saltare da un letto all’altro, mentre al coraggioso Michele Santoro vengono messi tutti i bastoni tra le ruote possibili ed immaginabili affinché non metta il dito sulle tante piaghe d’Italia, ecc, ecc.
Insomma, è uno schifo; il quadro è desolante, ed offende i milioni di italiani che, se sono giovani restano precari, e se sono vecchi hanno pensioni di fame. Tutti fanno sacrifici, fuorché gli appartenenti alla casta di cui parlano Stella e Rizzo. Una volta ci si dedicava alla politica per passione, per la legittima aspirazione al raggiungimento di cariche gratificanti, per attaccamento al proprio partito. Oggi la politica è tanto generosamente retribuita da attirare una massa di mediocri e di faccendieri che se ne infischiano del bene della cosa pubblica, e sono pronti a passare da un partito all’altro, quando ciò convenga al loro portafoglio, senza il minimo pudore (e i partiti li prendono, tanto le ideologie non ci sono più!).
Di fronte a questa squallida realtà, i partiti italiani perdono il loro tempo a discutere di schieramenti, di alleanze, di organigrammi. Stravincerebbe le elezioni, invece, quel qualsiasi partito che mettesse al primo posto nel proprio programma: la drastica riduzione del numero dei deputati, dei senatori, dei consiglieri regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali; la cospicua diminuzione delle indennità e degli stipendi dei 179.485 membri della casta; l’ineleggibilità di coloro che sono stati condannati dalla magistratura con sentenza passata in giudicato.
Se nessun partito lo farà, prima o poi la costosa democrazia italiana cadrà sotto i colpi di un nuovo duce promettitore di un repulisti capace di fare piazza pulita di tutta la lordura. Poi, magari, non farà nulla, ma intanto si prenderà tutto il potere. E’ già successo ottant’anni fa. Quel promettitore era nato dalle nostre parti, in provincia di Forlì…

Alessandro Roveri,
già professore di Storia contemporanea all’Università di Ferrara

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