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Home Località Cattolica

Lettera a un cresimando

Redazione di Redazione
19 Ottobre 2022
in Cattolica
Tempo di lettura : 5 minuti necessari
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lettera a un cresimando

lettera a un cresimando

Caro Riccardo,
affido a queste righe alcune riflessioni, nella speranza che possano restare ed essere lette, adesso e più avanti negli anni, quando sarai un uomo diverso, più maturo e consapevole della vita. La Chiesa Cattolica ha questa curiosa abitudine di far coincidere un momento così importante come la Cresima con una età che non potrà mai comprenderla veramente. Con il Sacramento della Cresima la Chiesa riproduce esattamente l’esperienza di Gesù con gli Apostoli, quando temevano di disperdersi: è il dono dello Spirito Santo; Gesù impone su di loro le mani e li fortifica, dandogli la forza di testimoniare con fiducia ciò che hanno visto. Se il Battesimo è il Sacramento della nascita alla vita cristiana, la Cresima è l’inizio del cammino che porta l’uomo ad essere “adulto nella fede”, testimone di una modalità nuova di vita.
Come “padrino” dovrei essere colui che ti accompagna in questo cammino di fede, che tuttavia solo tu puoi fare. Per assolvere questo compito importante, vorrei dirti alcune cose sulla fede.
Intanto cos’è un Sacramento? E’ un gesto, un rito, che acquista senso solo se è vissuto intensamente da chi lo riceve, scoprendo il simbolo che esso racchiude, ciò che vuole significare. Gesù ci ha fatto capire che il Sacramento, se non è vissuto come “segno” di qualcos’altro, è inutile. Il “segno”, nel linguaggio religioso, richiama sempre un’altra realtà. La Cresima è dunque un Sacramento solo se vissuto davvero come il momento in cui Gesù ti dona lo Spirito Santo, affinchè tu possa, nella vita, essere suo testimone con fiducia e pur consapevole dei limiti del tuo agire.
Ma perché i tuoi genitori, ed io stesso, siamo così attenti e “pretendiamo” che tu viva la fede in Gesù? Perché questa imposizione?, oggi magari tanto contraria al tuo desiderio? E’ chiaro che la fede non si impone, tuttavia, a torto o a ragione, pensiamo che essa abbia a che fare con la gioia della vita. Qualcuno ha scritto che la felicità è un momento breve, un fuoco precipitoso ed irruento che dura un istante. Ecco, la fede aiuta a trasformare la felicità in gioia duratura; se la felicità è del tutto gratuita, perché ti arriva inaspettata così come se ne va, la gioia può essere conquistata e posseduta saldamente.
La gioia dipende non tanto dalle cose che si possiedono quanto piuttosto dal modo in cui entriamo in rapporto con esse, scoprendole nella loro bellezza, utilità e santità, godendone con umiltà e senza sprechi; la gioia è soprattutto una disposizione dell’anima, una conquista interiore. La fede ci aiuta a comprendere che essa non è in proporzione a quello di cui si dispone ma al rapporto di grazia che si instaura con le cose e con gli eventi, belli e brutti, che la vita ci presenta, eventi che dobbiamo “investire” con la nostra stessa ricchezza. Fare un cammino spirituale significa cominciare ad avere questa consapevolezza, convincendoci sempre di più che tutto ci è dato, ma che al contempo ogni cosa ha una ricchezza ed un senso che devono essere scoperti, e quindi vissuti. Il cammino che ti auguro di intraprendere porta anche oltre: a comprendere che la gioia è in proporzione a ciò che sappiamo donare, a quella comunione di affetti che sappiamo suscitare intorno a noi e che ci fa essere vivi. L’insegnamento di Gesù Cristo è tutto qui: vivere intensamente la ricchezza che hai dentro, mettendoti nella giusta relazione con la vita, per essere in grado di diffondere agli altri la gioia che te ne deriva. Questo è ciò che la Chiesa, tanto faticosamente e spesso tanto malamente, cerca di dirti: coltivare la fede nella propria vita, un gradino alla volta, in un cammino spesso difficile, significa vivere con gioia il mondo che ti circonda, le persone, gli eventi, le cose, pensando che ogni cosa è unica, bella, irripetibile, misteriosa e quindi, alla fine, santa, cioè “segnata” da Dio.
Faccio una riflessione ulteriore, ma un po’ difficile.
Tu dirai, ma non si può vivere con gioia anche senza credere in Gesù? Molti lo pensano. Tuttavia dobbiamo fare i conti con i limiti dell’esperienza umana. I credenti pensano – secondo me giustamente – che non c’è esperienza umana che sia davvero appagante e risponda al bisogno più profondo ed interiore dell’uomo. I soldi, la carriera nel lavoro, una bella famiglia, non bastano. Al centro della propria vita, l’uomo scopre un’altra esigenza, un desiderio diverso. Il problema dei nostri tempi è l’incapacità di ascoltarsi, per cui questo desiderio interiore rimane spesso inascoltato, come un tarlo che affiora in superficie senza essere visto, e crea dapprima insoddisfazione, poi un vero e proprio malessere, ansia e depressione. Questo sentimento di insoddisfazione che ogni tanto avvertiamo (quando non siamo presi dalla vita frenetica che ci distrae da questo ascolto) è il primo passo che ci apre verso la nostra dimensione interiore. Per fare un cammino spirituale si parte da qui: ascoltare il proprio desiderio “vero” e maturare la consapevolezza che l’uomo ha in sé una dimensione ulteriore, che gli esperti di queste cose chiamano “trascendenza”, o “divino che c’è in noi”.
Perché dunque la fede è di aiuto? Perché aiuta a vivere questa dimensione di trascendenza, un luogo dove le regole “umane” vengono capovolte. La felicità effimera diventa davvero gioia duratura. Il dolore e la sofferenza incomprensibili acquistano un senso. L’attaccamento egoistico alle cose diviene distacco, liberazione. I sentimenti di dominio, possesso e orgoglio mutano in fraternità. Le logiche di convenienza e guadagno lasciano il passo al dono, inteso come relazione gratuita e disinteressata.
Non è facile, tutt’altro, ma è il percorso che ha insegnato Gesù. Ecco perché si dice che la fede è liberante. Ed ecco perché è sbagliato pensare alla fede come ad una vita di sacrifici. Altri prima di Gesù hanno testimoniato l’amore, giungendo a condurre una vita in tutto simile alla sua. Ed altre tradizioni spirituali, bellissime e antichissime, hanno intuito e testimoniato l’esistenza di questa dimensione trascendente nell’uomo. Tuttavia a Cristo è avvenuto un fatto che non era mai successo prima: è risorto. Per noi cristiani è fondamentale credere nella Resurrezione, perché rappresenta la vera dimostrazione del valore e dell’efficacia della “legge dell’amore”: chi ascolta la propria dimensione interiore e capovolge le “regole umane” mettendo l’amore dove c’è l’odio, praticando il bene e la giustizia dove c’è il male e l’ingiustizia, mantenendo relazioni di dono e gratuità al posto delle logiche di dominio e possesso, chi fa tutto questo non muore in eterno, cioè entra talmente in sintonia con Dio Padre che continuerà a vivere in comunione con il Signore anche dopo la morte, in forme e modalità che non possiamo conoscere.
E’ anche importante avere il giusto approccio con la Chiesa, questa grande, stupenda comunità di gente che come te cerca di ascoltarsi, e quindi di mettersi in relazione con Gesù, trasformando la propria fede in gesti quotidiani, servizi caritatevoli, liturgie; una Chiesa fatta di uomini, che come tutti noi sbagliano spesso, cadono e si rialzano, convinti tuttavia di essere aiutati dallo Spirito Santo, che Dio Padre dona anche a te in questo giorno prezioso.
Vivi la Chiesa ed i suoi riti non per spirito di obbedienza, ma come occasione di liberazione, di apertura alla tua interiorità, di ricerca della fede.
La Chiesa è al tuo servizio per farti crescere interiormente, non è un padrone a cui devi adorazione.
Vivi una fede liberata dal peso degli obblighi e dei doveri, da ciò che la Chiesa e gli altri si aspettano da te.
Vivi una fede liberante; che ti liberi dalle tue paure, dal timore di non essere un buon cristiano, dall’angoscia di essere giudicato negativamente dalla Chiesa o da Dio, dall’incertezza del futuro e della morte.
Uno scrittore, Vito Mancuso, ha scritto che “la fede ha senso e merita di essere insegnata ai nostri figli solo se li rende più liberi, più veri, più uomini”.

Astorre Mancini

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