Si chiamava Giammarco. Scomparso causa un incidente avvenuto il 23 luglio dell’anno scorso. Era uno studente del Volta
– Sopra Riccione c’è un angelo. Io non so com’è fatto questo angelo perché non me lo ricordo. Io so che siede sulla collina più alta del paese e guarda le strade. Quelle strade che si attorcigliano e diventano un groviglio di luci e suoni che pare infinito. Quelle strade che corrono fino al mare e oltre le nubi scure dietro ai monti. Quelle stesse strade che io percorro, che noi tutti percorriamo, chiedendoci dove andiamo. Dove andiamo? Una domanda comune. Abbiamo quindici, sedici, diciassette anni. E’ lecito chiedersi dove andare, cosa fare. L’unica certezza è con cosa lo fai. Lo fai con qualcosa di veloce. E’ bello sentire la forza, la velocità sotto i tuoi piedi. Io credevo di aver imparato a controllare la velocità, l’avevo domata e la usavo come preferivo. Illuso. Solo ora lo so. La forza non puoi controllarla. Perché doveva volerci tutto ciò per farmelo capire? Tu che ci guardi dall’alto se esisti – perché dovevi insegnarcelo in questo modo che con la forza e con la vita non si scherza? Lui, quella sera, non? stava ponendosi? la domanda. Sapeva dove stava andando. Credo che stesse seguendo il suo cuore; un cuoricino piccolo, ma vivo, frenetico, pieno di speranze. Non gli importava dove andare. L’importa era andare. Un posto, un mondo nuovo, cose nuove, esperienze, sensazioni. Tutto ciò che uno come lui poteva desiderare. Io mi chiedo perché è andata così. Lo schianto. L’orrore. La disperazione. La forma del viso stampata sulla carrozzeria del camion. C’è una poesia di Pascoli che termina così: “oh, d’un pianto di stelle lo inondi, quest’atomo opaco del Male!”. Io credo che quella notte il firmamento si sia veramente fermato a piangere. Le stelle sono scese come un torrente giù dalle nostre colline, fino alle strade e hanno inondato questo nostro vecchio paese. E allora a noi tutti ci è sembrato di vederlo mentre ci sorrideva ancora. Anche noi abbiamo pianto lacrime amare. Senza parole siamo rimasti. Perché, ci domandiamo tuttora. Perché questa dimostrazione? Adesso l’angelo sta lassù, a gambe incrociate, col sorriso dorato dipinto nel blu del cielo, e vigila su Riccione. E quando un ragazzo sale in moto, l’angelo vola delicatamente fin lì e sussurra “Attento!”. Poi torna a vegliare. Ecco, questo è il nostro angelo. Quella notte il cielo ha pianto per lui. Lui non vuole rivedere la pioggia di stelle che inonda la città. Anche ieri, salendo sul mio motorino, ho puntato lo sguardo sulle colline. Ho visto la sua sagoma scura, dipinta nel pallido cerchio lunare e ho visto il suo sorriso dorato. Fino a che rimarrai nei nostri cuori, sarai sempre lì, a vegliare sulla collina più alta. A vegliare su di noi. A vegliare, perché il cielo non pianga di nuovo sopra Riccione.
di Lorenzo Muccioli – Frequenta la IV al Liceo Volta di Riccione