– Giuseppe Lo Magro con molta serietà non sa prendersi sul serio. Ha un fare very british (molto inglese). Inizia così la presentazione del suo libro: “Italia: paese di santi, inventori, navigatori e… poeti. Essendomi precluse opere infiniti motivi le prime tre possibilità per sottolineare la mia italianità, non rimane che tentare la quarta”. La quarta si intitola “Tatarcord”, poesie in dialetto (con traduzione), illustrate dal sottile tocco di “Izzull” (al secolo Luciano Liuzzi).
Il cognome “Lo Magro” potrebbe ingannare. Il babbo, Salvatore, era siciliano; la madre invece, Dolores, era un’Angelini. Ed egli, Lo Magro, è nato nel cuore di viale Ceccarini, nella villettina che ospitava Oscar (oggi Verni).
Già professore, attuale campione di nuoto master, presidente della Famija Arciunesa, Lo Magro ha una caterva di passioni, sempre coltivate approfondendo e la sua tipica scanzonatura: la buona cucina (sa anche armeggiare ai fornelli), lo sport, la cultura di Riccione. Scrive commedie dialettali che puntualmente vengono rappresentate nel periodo invernale dalla sua compagnia. Le sue pagine sono momenti di ossigenazione; hanno il pregio di lasciarti appiccicato addosso un po’ del sale della riflessione. Sempre con la leggerezza. Al compleanno di Riccione, lo scorso, ha presentato questo libro: un sincero viaggetto nello spirito della comunità. Con tutti i suoi cambiamenti; da quando le porte erano sempre aperte e nonostante le ristrettezze una mela e un tocco di pane duro con sorrisi c’era sempre. Oggi invece i cestini di pane e mele sono tanti, ma non sorride più nessuno. Nessuno.