LA SANITA’
– Caso di mobbing e di malasanità-malaorganizzazione, o semplice dissidio tra operatori senza possibilità di conciliazione? E’ il dubbio che emerge quando si parla della vicenda del polo di senologia presso l’ospedale di Santarcangelo e del caso della dottoressa Giuliana Montanari.
I fatti. All’ospedale di Santarcangelo, nel reparto di Chirurgia generale, operava l’équipe chirurgica del primario Barbanti, specializzata sugli interventi della mammella. La dottoressa Montanari faceva parte di quell’équipe. Nel 2004 il dottor Barbanti, raggiunta l’età pensionabile, ha lasciato l’Ausl di Rimini. Durante il periodo di vacatio del primariato la dottoressa Montanari ha svolto buona parte degli interventi della mammella. L’Ausl di Rimini ha poi deciso di realizzare proprio a Santarcangelo il polo aziendale di chirurgia senologica, ed ha individuato nel dottor Massimo Montesi, per le sue doti organizzative e curricolari, il nuovo primario del reparto di Chirurgia generale (che comprende anche la chirurgia senologica). Il relativo progetto prevede anche il concentramento a Santarcangelo di tutti i chirurghi dell’Ausl che abbiano maturato esperienza nella chirurgia oncologica della mammella, vale a dire il dottor Antonio Manzo e il dottor Domenico Samorani, da affiancare all’équipe esistente che comprendeva anche la dottoressa Montanari. Ma è esattamente a questo punto che il meccanismo si inceppa.
La dottoressa Montanari si sente “svalutata” dal nuovo primario. Dal maggio 2006, poi, manca dal lavoro per continui periodi di malattia che, con brevi eccezioni, si susseguono fino al momento attuale. Subito dopo parte una raccolta di firme in suo favore da parte di sue pazienti. Ma la vicenda assume ben presto anche risvolti politici, nonostante sia la dottoressa Montanari, sia il dottor Montesi, appartengano alla stessa area. Il consigliere regionale di An Gioenzo Renzi rivolge due interrogazioni all’assessore per le Politiche alla salute dell’Emilia Romagna, Giovanni Bissoni in cui chiede, in sintesi, con quali criteri l’Ausl abbia scelto Montesi come primario, perché non sia stata (invece) valorizzata la Montanari, e se la sua assenza dal lavoro abbia provocato una “fuga” di pazienti verso altre strutture fuori Ausl. Renzi parla anche di demansionamento e mobbing, anche se in tal senso non risultano provvedimenti o cause aperte. E conduce questa battaglia senza l’appoggio del circolo e dei consiglieri comunali di An di Santarcangelo; il numero due del partito Claudio Di Lorenzo al congresso provinciale del partito ha attaccato, su questo, il presidente di An Renzi.
L’Ausl, che per lungo tempo ha preferito mantenere il silenzio sulla vicenda, è stata poi costretta ad intervenire pubblicamente e ha ribadito che la dottoressa Montanari non ha subito mobbing o demansionamenti, che potrà riprendere l’attività lavorativa quando riterrà, non appena le sue condizioni di salute glielo consentiranno, e che non vi è stata per fortuna nessuna fuga di pazienti, anzi il servizio per le donne affette da tumore al seno è stato potenziato con il rinnovo completo delle sale operatorie di Santarcangelo, con l’acquisizione del mammotome (apparecchio che facilita l’identificazione di neoplasie mammarie), con fisioterapia e chirurgia plastico-ricostruttiva in favore delle donne mastectomizzate, il tutto in stretta collaborazione con la Crisalide, associazione che raggruppa queste ultime.
Nonostante ciò la bagarre continua, e a questo punto è difficile capirne il motivo. Ciò che invece appare evidente è il rischio che in una situazione simile la Regione, che aveva deciso di attribuire a Santarcangelo un’importante e innovativa apparecchiatura per la radioterapia intraoperatoria potrebbe ripensarci e magari darla a qualche altra Ausl che attende alla finestra. Di chi sarebbe la responsabilità in questo caso?