L’INCHIESTA
– Aliona è una simpatica bambina di 7 anni di Riccione. Frequenta la seconda elementare; è andata alla materna nella vicina Misano. I genitori sono albanesi; il babbo di fede musulmana, la mamma cristiana. Lavorano entrambi con molto impegno e dedizione; lei in un albergo, il babbo in un’azienda a San Giovanni in Marignano. Compreso il sabato. Non sapendo a chi lasciare la bambina il sabato mattina, al tempo della scuola materna, hanno chiesto agli amici italiani. A turno, hanno ospitato la piccina. Si sono sempre contraddistinti per un’educazione pulita e riservata. Sempre entrati in casa in punta di piedi, con il pudore di disturbare. E’ uno dei tanti volti dell’immigrazione alla quale è soggetta la provincia di Rimini.
Al 1° gennaio del 2006, la popolazione residente era di oltre 17.500 unità, pari al 6 per cento del totale (circa 290.000 abitanti). Nel ’93, la percentuale era dell’1,3.
Ma se gli stranieri rappresentano il 6 per cento dei residenti, la percentuale della loro imprese sono oltre il 10 per cento del totale provinciale. Un dato che dimostra dinamismo e voglia di rimboccarsi le maniche.
Un vescovo di Milano, da molti secoli una delle città più intraprendenti al mondo, era solito dire che qualunque forestiero era ben accetto purché sapesse commerciare e creare ricchezza; siamo nel 1500. E forse per Rimini vale più una breve massima di saggezza di radice popolare: “L’ambiente stimola gli uomini”.
Gli imprenditori stranieri attivi al 31 dicembre 2005 nella provincia di Rimini sono 3.442 (erano 3.091 alla fine del 2004), più 351 imprese, in percentuale più 10. Sono presenti nei vari settori economici: 102 primario, 1.169 industria (327 manifatturiere e 841 costruzioni), 2.161 servizi (1.031 commercio ingrosso e dettaglio), 354 alberghi e ristoranti, 152 trasporti, 21 intermediazione, 416 immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, 10 istruzione, 158 altri servizi.
Gli imprenditori stranieri della provincia di Rimini provengono: 1.872 dall’Europa di cui 681 paesi comunitari (177 Francia, 165 Germania, 91 Belgio, 68 Gran Bretagna), 1.030 paesi europei extracomunitari (352 Svizzera, 346 Repubblica San Marino), 373 Albania, 120 Romania, 161 Russia e altri paesi dell’ex Unione Sovietica, 355 dall’Asia (220 Cina), 532 Africa (di cui 221 Senegal), 311 America (111 Argentina), 23 Oceania.
E’ vero che se mettiamo insieme le origini europee degli imprenditori (tra Unione europea, San Marino e Svizzera) si totalizzano circa 2.000 imprese, con le restanti che se li dividono gli altri paesi del mondo, tuttavia il dato indica un’apertura forte ed un dinamismo territoriale fuori dal comune. Insomma, è un territorio che invita a giocarsi le proprie carte. Ed è molto probabile che negli anni a venire alcune di queste piccole realtà diventeranno grandi, fino a rappresentare dei veri e propri fiori all’occhiello e finire sulle copertine dei giornali.
Dall’altra parte, gli stranieri vogliono dire bilinguismo, nuovi contatti; potrebbero essere gli addentellati giusti per tentare di aprire nuovi mercati anche per le imprese indigene.
Ma chi crea imprese? “Sono soprattutto gli albanesi a metter su imprese, specialmente di edilizia: muratori, imbianchini? – spiega Luciano Marzi, responsabile dell’ufficio Immigrati della Caritas diocesana -. E’ una realtà in forte crescita. E’ significativo perché introduce nuovi fenomeni, come quello degli immigrati che danno lavoro ad altri immigrati, magari loro parenti appositamente fatti arrivare dai paesi d’origine, o magari ad italiani. Ma per la maggior parte degli immigrati il lavoro dipendente rappresenta ancora la maggior prospettiva. Mentre mi risulta siano residuali, anche se presenti, i casi di imprese di immigrati esistenti solo come facciata, per far avere alla persona il diritto di soggiorno, ma che poi, nei fatti, non operano”.
Marzi spiega che “per ogni tipo di immigrato servono politiche diverse. Noi, ad esempio, ‘intercettiamo’ solo alcuni immigrati: quelli che arrivano qui senza alcuna rete di conoscenze. E che sono sempre di meno”. Infatti, “il 40 per cento dei nuovi immigrati rappresentano ricongiungimenti famigliari”. E anche coloro che invece arrivano da soli, “sempre di più hanno già contatti con persone che sono qui”. Un risultato è che “il dato emergente con cui ci troviamo a confrontarci recentemente come Caritas, dopo l’ondata dei rumeni, è una certa stasi”.
Non che, spiega Marzi, non ci sia da lavorare, anzi, “ma non vediamo ulteriori crescite di arrivi, o nuove realtà di partenza. Negli ultimi 18/24 mesi non vi sono state ondate di massa spiega -, per cui pensiamo che molti dei nuovi immigrati non abbiamo più bisogno dei nostri servizi di prima accoglienza perché hanno già una rete di conoscenze cui appoggiarsi”.
La necessità di politiche diverse per diversi tipi di immigrazioni, è ovviamente nota anche all’assessore provinciale ai Servizi sociali Fabrizio Piccioni. “Devo dire che il nostro lavoro principale riguarda gli immigrati in cerca di casa e di lavoro. Per questo, ad esempio, abbiamo attivato una collaborazione con l’Acer per trovar loro alloggi”. Per quelli invece già integrati e dediti al lavoro autonomo “stiamo iniziando a mettere in previsione servizi mirati ad una loro maggior partecipazione alla vita sociale. Ad esempio, per i figli delle persone arrivate qui coi flussi immigratori, vi è sono politiche legate alla miglior fruizione possibile della scuola, anche con un sostegno negli orari extrascolastici.
A scuola vi sono anche iniziative legate al recupero della lingua d’origine di questi ragazzi”. A livello più generale, “per quegli immigrati che hanno ad esempio accesso ad Internet, e immagino che questi 3.300 imprenditori rientrino in questa schiera, abbiamo attivato un sito con tutte le informazioni che possono servire. E stiamo pensando a corsi per dipendenti comunali, funzionali alla creazione di Sportelli comunali per l’immigrazione”.
Un’interpretazione sulla quale conviene anche l’opposizione. Il consigliere regionale di Forza Italia, Marco Lombardi, osserva che “parliamo di immigrati-imprenditori, quindi di persone integrate, che rappresentano un punto di forza per il nostro sistema, non certo un pericolo. Una potenzialità da valorizzare. Ma a queste politiche ne devono essere affiancate altre per contrastare, invece, l’immigrazione clandestina, quella sì pericolosa. E su quest’ultimo aspetto sono preoccupato dalle tendenze del governo in carica”.
L’integrazione però, non si ferma al campo sociale ed economico. Piccioni infatti ribadisce che “se una persona vive, lavora, produce, paga le tasse su un territorio, secondo noi deve anche poter partecipare alla vita politica di quel territorio. E’ ormai fallito il tentativo del Consiglio degli immigrati, ma vorremmo vagliare altri strumenti. Senza trascurare il fatto che secondo noi queste persone devono poter esprimere anche il voto amministrativo”.
Quindi il capitolo della religione. Da tempo i musulmani riminesi chiedono la possibilità di realizzare un luogo di culto. Pare ormai assai difficile da realizzare l’idea che era stata lanciata da Alessandro Cavuoti, presidente del Centro islamico di Rimini, poi ribattezzata “piazza di Abramo”, e cioè la realizzazione di una moschea, una sinagoga e una chiesa cattolica vicine, come simbolo di integrazione e tolleranza. Ipotesi che aveva riscosso simpatia da parte della comunità ebraica di Ferrara, assai meno dalla Curia riminese.
Un’idea giudicata affascinante ma pericolosa da Lombardi. “Credo che il concetto che va rimarcato è quello della reciprocità: non credo che in Arabia si possa pensare di costruire anche una sinagoga e una chiesa, accanto ad una moschea. E soprattutto non vorrei che queste iniziative diventino il grimaldello per far sdoganare, culturalmente, pratiche come la poligamia, che nascostamente c’è già, o l’infibulazione femminile”.
Ciò che Lombardi teme e denuncia allo stesso tempo è “la debolezza della nostra cultura, che sta perdendo i suoi valori, le sue tradizioni, e che perciò non è in grado di controbattere a chi sostiene che tutto va bene, tutto è consentito, in virtù di un concetto di multiculturalità strumentale e falso. Lo stesso per cui qualcuno vorrebbe togliere i crocefissi dalle scuole per non offendere persone di altre religioni. Io credo che chi si sposta dal suo ad altri paesi debba essere consapevole che vi troverà una cultura diversa, e non sentirsi offeso per i simboli di quella cultura. Credo che questo sia il vero multiculturalismo”.
Se la cava invece con un pizzico di diplomazia, sul capitolo religioso, l’assessore Piccioni: “A livello personale, e anche politico, penso che ognuno debba poter avere una propria ‘casa’ in cui professare la propria religione”. Quanto poi alla possibile costruzione di una moschea a Rimini spiega che “come Provincia, non abbiamo una competenza territoriale su questo aspetto. Ce l’hanno i Comuni”. E il Comune di Rimini sta, proprio in questo periodo, realizzando il proprio Piano Strutturale: se son rose?
Popolazione straniera, raddoppiata in 5 anni
A Rimini risiedono oltre 9.000 immigrati. Oltre 2.000 a Riccione
Lombardi, Forza Italia: “L’Immigrato integrato è un punto di forza. Vanno combattutti gli arrivi clandestini”
di Francesco Toti
CURIOSITA’
In 13 anni, la popolazione straniera è dall’1,3 è balzata al 6 per cento
– La popolazione straniera residente al 1° gennaio 2006, con un incremento del 13,4% rispetto all’anno precedente, è arrivata a quota 17.526 unità, nel 1993 tale valore era di poco più di 7.000.
La pressione migratoria (residenti stranieri su popolazione residente) è del 6%, con punte più elevate nei comuni di Torriana, Montegridolfo, Montescudo, Bellaria-Igea Marina.
I comuni in cui risiedono: Rimini (8.959), Riccione (1.990), Bellaria Igea Marina (1.268), Cattolica (827), Santarcangelo (733) e Misano Adriatico (712).
Provengono da 111 nazioni: Albania (27,2%), Ucraina (6,3), Senegal (6,2), Marocco (6,1), Cina (6), Romania (5,9), Macedonia (4,3), Tunisia (4), Repubblica di San Marino (3,6) e Russia (2,2).
IL FATTO
Scuola, progetto di inserimento a Cattolica
– La scuola primaria di Cattolica accoglie, ogni anno, un forte afflusso di bambini stranieri non alfabetizzati, per cui si rende necessario un intervento programmato, continuativo e mirato per risolvere il “problema”.
In collegamento con il Centro Pedagogico di Rimini e con la collaborazione dell’Associazione Arcobaleno sono attivate, per il secondo anno consecutivo, le attività di mediazione ed extrascuola.
L’extrascuola si realizza in orario non scolastico e, precisamente, il mercoledì pomeriggio (pomeriggio libero dal tempo pieno) dalle 16 alle 18; il gruppo stabile di alunni stranieri si ritrova con gli educatori dell’Associazione Arcobaleno di Riccione per eseguire i compiti assegnati dai rispettivi insegnanti e per attività socializzanti e di comunicazione orale.
I mediatori, su richiesta degli insegnanti, prestano la loro opera in classe; in assemblea con i genitori; durante gli incontri individuali; inoltre sono presenti nei momenti di extrascuola, ogni quindici giorni, per testimoniare la loro cultura di origine, animando gli incontri degli alunni stranieri con la classe di appartenenza insieme ai propri insegnanti, al fine di una vera integrazione culturale.
L’opera di alfabetizzazione è svolta nella giornata del venerdì, in orario scolastico, quando il gruppo stabile degli alunni stranieri si ritrova con l’insegnante Daniela Franchini per migliorare la conoscenza della lingua italiana.
I docenti di classe si fanno carico della situazione quotidianamente attraverso strategie e scelte didattiche per l’apprendimento dell’italiano con giochi verbali e non, schede di lavoro, situazioni di tutoring, clima sociale positivo, supporto informatico, laboratori artistici, attività di musica, di motoria e di manipolazione, utilizzo della pedagogia del narrare, strategie di animazione?
Si avvalgono del supporto di due Progetti “forti”: “Diritti e? rovesci” coordinato dall’insegnante Nadia Vagnini, in collaborazione con il territorio per la scoperta dell’altro quale valore e risorsa e “Progetto Dialogo” coordinato dall’insegnante Amedeo Olivieri per una fattiva e positiva collaborazione scuola-famiglia.
E’ notizia di oggi che anche la Regione ha accettato e finanziato il progetto “Spifferi”, presentato dall’insegnante vicaria Carla Chiodi Iacucci che permetterà di consolidare le attività suddette, unitamente ad un aggiornamento per tutti i docenti di Cattolica e l’apertura di corsi serali dedicati agli adulti stranieri.
Carla Chiodi Iacucci
L’INTERVISTA
Fayaz: “Ragioni per un centro culturale islamico”
Sarebbe un formidabile punto di integrazione e di scambio culturale. L’islam ha cinque grandi profeti: Noè, Abramo, Mosè, Gesù e Maometto
– Il signor Hossein Fayaz è il simbolo dell’integrazione. Ha una sessantina d’anni, in Italia dagli anni ’60, ha sposato una signora italiana dalla quale ha avuto una figlia e da decenni abita a Morciano. Colto, educato, bella mente, musulmano praticante, partecipa attivamente alla vita sociale della comunità. Ha scritto alcuni libri che raccontano la grande cultura musulmana. Afferma: “E’ giusto fare un Centro culturale islamico nella provincia di Rimini, comprensivo anche di una moschea. E, sottolineo, anche la moschea. La ragione è questa. Nostro malgrado nei paesi musulmani manca la democrazia, la libertà e la religione è gestita dallo Stato ed è difficile separare lo Stato dalla religione; dal Marocco al Pakistan sono la stessa cosa. E quindi la prima cosa che ci tocca in Italia, in Europa, è spiegare ai nostri correligiosi che la religione rientra nella sfera intima, personale, di coscienza. E che prima vengono i diritti umani e poi quelli religiosi, che fanno parte dei diritti umani”.
“Nel Centro – prosegue nella sua riflessione Fayaz – si può avere una formazione culturale moderna, attuale, laica. Al momento ci sono tutte le porte chiuse sull’eventualità di un Centro, ma sono già una realtà in Germania, in Francia. E i Centri possono servire a laicizzare i musulmani nel senso buono, ad essere meno dogmatici, di aprirsi al ragionamento, alla cultura rinascimentale e illuminista”.
A chi gli chiede quali divisioni vede tra cristiani e musulmani, afferma: “Personalmente non vedo divisioni. C’è un contrasto tra interessi economici diversi; c’è lo sfruttamento delle materie prime, ma non vedo un contrasto tra popoli. In Iran il sentire comune non è contrapporsi all’Europa, anzi ci si sente molto vicini. E’ ovvio che gli interessi e le posizioni dei governi che esprimono una certa politica possano essere motivo di rottura. Tuttavia non c’è un sentimento anti-occidentale.
Nel Centro islamico gli immigrati possono studiare la storia, la costituzione italiana, l’Europa unita, i diritti umani. Tutto questo aiuterà a formare un islam europeo lontano dall’estremismo, dal fanatismo. E tornare ai valori progressisti, di eguaglianza, di fratellanza, che esistevano nelle comunità musulmane ai tempi del Profeta; il tutto arricchito dall’esperienza di 15 secoli di storia, che è patrimonio musulmano, ma anche del mondo”.
“L’importante – chiude la sua riflessione Fayaz – è costruire un Centro di cultura islamico aperto alle 74 scuole religiose diverse che compongono l’universo della cultura musulmana. Solo così si può prosciugare la palude dove i gruppi estremisti vanno a trovare gli adepti. Si ha bisogno di una rivoluzione culturale che potrebbe essere trovata in questo Centro. La mia è soltanto un’indicazione; perché se non si parte non si arriva mai. Per certi versi abbiamo bisogno di una rivoluzione culturale. A Morciano si potrebbe trovare uno spazio nella vecchia scuola elementare; a livello provinciale in una colonia abbandonata. I finanziamenti potrebbero giungere dall’8 per mille. Il mio finora l’ho devoluto alla chiesa cattolica”.
L’islam ha cinque grandi profeti: Noè, Abramo, Mosè, Gesù e Maometto.